Alle presidenziali argentine non ci sarà storia: vincerà, di nuovo, la Kirchner

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Alle presidenziali argentine non ci sarà storia: vincerà, di nuovo, la Kirchner

21 Ottobre 2011

Con buona probabilità, la Casa Rosada non cambierà inquilino per i prossimi quattro anni. Questo è ciò che emerge dai primi sondaggi sui possibili risultati elettorali alle presidenziali che si terranno in Argentina questa domenica. Il 23 ottobre, infatti, gli argentini saranno chiamati a designare chi rivestirà la più alta carica dello Stato per il prossimo quadriennio. Sembra non ci siano dubbi: sarà ancora Cristina Fernández de Kirchner a vincere le presidenziali di domani.

La campagna elettorale 2011-2015 è stato il banco di prova per le forze politiche del paese, un test di efficienza che ha evidenziato l’incapacità dell’opposizione di proporre un programma di governo alternativo valido, di compattarsi in unico attore, ma soprattutto di dare voce a quella classe media i cui interessi appaiono poco rappresentati. Una campagna che ha vissuto nell’ultimo anno grandi colpi di scena: la morte di Nestor Kirchner, la decisione di Cristina di ricandidarsi e l’assenza del grande antagonista Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires e leader dell’alleanza di destra, Propuesta Republicana.

A poche ore dall’apertura dei seggi, i sondaggi parlano chiaro: Cristina va adelante! Il Centro di Studi di Opinione Pubblica (Centro de Estudios de Opinión Pública, CEOP secondo l’acronimo spagnolo) ha divulgato i risultati della ricerca condotta nelle ultime settimane, evidenziando un netto stacco tra la candidata di Frente por la Victoria e i suoi sfidanti. La Presidenta avrebbe il 52% delle preferenze mentre Hermes Juan Binner, esponente del Partito Socialista, solo il 13%. Segue con poco meno del 10%, il Deputato nazionale Ricardo Alfonsín, leader di Unión Cívica Radical e figlio di Raúl, presidente del paese tra il 1983 ed il 1989 nel primo governo democratico dopo gli anni della giunta militare. Un vantaggio netto – più di 40 punti percentuali – che assicurerebbe alla presidente uscente un secondo mandato.

Già le primarie tenutesi il 14 agosto erano state la conferma del successo del kirchnerismo, un programma politico che ha saputo scompaginare le frange partitiche dell’opposizione e conquistare il 50,7% delle preferenze. Così facendo, Cristina e il suo partito, Frente para la Victoria, il Fronte per la vittoria, hanno di fatto portato a casa una vittoria anticipata. ‘Nomen omen’, ‘un nome un destino ‘ dicevano gli antichi. E forse questo detto latino ha ispirato la scelta della denominazione del partito politico che dal 2003 sostiene la leadership nazionale dei Kirchner, Néstor Carlos prima, Cristina oggi. Il kirchnerismo è divenuto da quasi un decennio l’ago della bilancia della politica argentina. Tanti i successi in questa quasi decade di governo, a dispetto dell’elevata disoccupazione e alto tasso d’inflazione.

Il kirchnerismo vive di un ontologico dualismo. Un “peronismo di sinistra” che ha fatto della battaglia per la difesa dei diritti umani (soprattutto quelli violati durante la dittatura militare), del rifiuto del neoliberismo e della promozione dello sviluppo industriale, i cavalli di battaglia della propria politica interna. Tacciato da frange dell’opposizione di essere fascista e comunista allo stesso tempo, per i metodi spesso autoritari del governo. Avanguardista nelle politiche "progressiste" in materia di natalità e sessualità, che hanno suscitato profondo scontento nella Chiesa Cattolica. Grande sostenitore dell’integrazione economica regionale, come Mercosur e UNASUD, e da sempre vicino al movimento neobolivariano di Chávez, Correa, Morales e Castro, simpatia che ha incrinato il legame tra Washington e Buenos Aires, la relación carnal.

Dal 2003 come primera dama al fianco del marito Néstor Carlos Kirchner, poi dal 2007 come Presidenta, Cristina è riuscita a risollevare il suo popolo dalla pesante crisi finanziaria che nel 2001 aveva letteralmente messo in ginocchio l’economia del paese. Il suo traguardo più importante è certamente l’aver pareggiato i conti con il Fondo Monetario Internazionale, chiudendo il debito contratto dopo la crisi del 2001, stabilizzando l’economia e attirando nuovamente capitali ed investimenti esteri.

La chiave del suo successo poggia su due elementi: da un canto, l’incapacità dell’opposizione di costruire una reale alternativa politica e, dall’altro, il largo consenso alla Presidenta di che un’ampia fascia della popolazione. Socialmente, la Kirchner ha conquistato il favore di gran parte della classe media, soprattutto della fascia trena – quaranta. Il suo risultato più importante è stato a detta degli esperti l’aver saputo cavalcare l’onda lunga della ripresa economica, posizionando l’Argentina nel club di quelli che contano: un ruolo di primo piano nel G-20 insieme al Brasile e all’interno del Mercosur; una crescita economica che, insieme a Brasilia, ha permesso all’Argentina di non annegare nella crisi che attanaglia Europa ed USA.

Non a caso l’entourage della vedova di Nestor Kirchner ha scelto come slogan di questa campagna elettorale ‘La fuerza de Cristina’. Nella sua corsa alla Casa Rosada, Cristina è stata anche favorita dall’assenza nelle presidenziali di Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires, che intendeva candidarsi alle presidenziali per rappresentare la destra imprenditoriale. Il jefe de gobierno della città di Buenos Aires ha però deciso all’ultimo di non presentare la propria candidatura: forse temendo una sconfitta certa, il leader in pectore del centro-destra, ha deciso di riservare le sue chances per il 2015, anno in cui la Kirchner – se rieletta il 23 ottobre – per dettato costituzionale, non potrà più ripresentarsi.

Nondimeno, la (quasi certa) rielezione di Cristina Kirchner cavalca l’onda emotiva dettata dalla morte prematura del marito di lei, Néstor Carlos, stroncato da un infarto il 27 ottobre 2010 all’età di sessant’anni. In molti, infatti, ritenevano che vi sarebbe stato un passaggio di testimone tra i due coniugi: lei avrebbe ceduto la propria poltrona al marito, così da infondere un senso di cambiamento ed alternanza tra la popolazione, ancora schiava dei fantasmi caudillani del passato.

La grande assente di questa tornata elettorale presidenziale sembra essere l’imprevedibilità, elemento inscindibile nelle competizioni politiche in qualsiasi sistema democratico. Come evidenziato dallo storico Luis Alberto Romero in un’intervista al quotidiano La Nación, “è curioso andare a votare conoscendo già il risultato; le primarie hanno perso la loro natura di votazioni interne, convertendosi in un pronostico. Ciò fa sì che la peculiarità di un’elezione, che è l’imprevedibilità, sia assente e già parliamo delle prossime elezioni”. Data per certa la vittoria della presidente uscente, Cristina Fernández de Kirchner, resta solo da sapere con quanti punti di scarto seminerà i suoi avversari politici”. Lunedì il verdetto.