Alle provinciali hanno perso D’Alema e Franceschini e ha vinto Rutelli
23 Giugno 2009
Dario Franceschini ha ormai preso l’abbrivio: a ogni sconfitta dichiara di avere vinto e così pensa di non dover pagare pegno. Ma se finalmente si facesse coraggio e riprendesse contatto con la realtà, leggerebbe nel risultato dei ballottaggi di domenica scorsa qualcosa di molto più importante – e molto più negativo – della secca sconfitta numerica (il Pd perde 22 province, mentre il Pdl ne conquista 25).
Nelle urne, è infatti successo qualcosa di molto più grave di quanto denunciato dal perfido titolo del Corriere della Sera: “Lombardia: il Pd svanito”. Qualcosa di più grave della sconfitta di Milano, Cremona, Bergamo, Lodi, Lecco e poi Venezia, Lecce, Prato, tutte passate al centrodestra (Prato dopo 63 anni!).
E’ successo cioé che ovunque il Pd ha tenuto e mantenuto le sue precedenti giunte, questo – tranne che a Bologna e Firenze – è stato possibile solo e unicamente a causa della scelta tattica – tattica, non strategica – dell’Udc, che quasi ovunque si è schierata col Pd al secondo turno. Quel 4-10% di voti controllati dal partito di Casini è stato fondamentale a Bari, come a Brindisi, a Torino, Alessandria, Rimini, Taranto, Foggia Padova e altrove.
In Piemonte, è stato determinante per il passaggio – qui l’unica sconfitta vera del Pd l- dei comuni di Alba, Brà e Fossano, Saluzzo e Savigliano dal Pdl a Pd. Qui, di nuovo, la scelta di Vietti di fare un giro di valzer con il Pd ha premiato. Ma il vero punto politico è che questa strategia di alleanze, è quanto di più lontano si possa immaginare dalla piattaforma politica di Franceschini, così come di D’Alema (che ha tessuto le alleanze con Casini a Bari e Brindisi in una logica puramente difensivistica e locale).
Il progetto di “ricostruzione” delle alleanze del Pd che Franceschini e D’Alema si propongono di fare è infatti esattamente speculare e alternativo a quello di Rutelli, l’unico che chiaramente e lucidamente da mesi propone una virata centrista e una prospettiva di cammino comune con Casini. Franceschini e D’Alema, invece, hanno sempre accennato ad ancora confuse prospettive di “recupero” della articolazione di coalizione tutta tesa al recupero del voto della sinistra ieri radicale e oggi astensionista, e le loro parole d’ordine, i loro atteggiamenti, le proposte di incrementare le tasse, di premere l’acceleratore sull’antiberlusconismo più becero, le loro stesse posizioni di politica internazionale (D’Alema), sono quanto di più incompatibile con la prospettiva dell’Udc.
Qui è il senso vero di una sconfitta, che gia ad un’occhiata superficiale appare disastrosa sul piano dei numeri, ma che ad uno sguardo più attento appare addirittura destabilizzante nei confronti delle stesse strategie di quasi tutto il gruppo dirigente del Pd (salvo Rutelli, ultraminoritario).