Alleanza tra pubblico e privato per ricostruire presto e bene

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Alleanza tra pubblico e privato per ricostruire presto e bene

14 Aprile 2009

Ora per il terremoto in Abruzzo la fase dell’emergenza è terminata, in tempi insolitamente rapidi, grazie a una organizzazione molto efficiente. C’è stata una elevata perdita di vite umane che non dipende da carenze nelle operazioni di soccorso della protezione civile, come ha cercato di far credere Santoro, ma da colpevoli incurie del passato circa la sicurezza antisismica degli edifici privati e pubblici. E’ infatti emerso che – secondo una indagine sullo stato di sicurezza degli immobili in Abruzzo, effettuata a cura della presidenza del consiglio nel 1999 e resa pubblica nel 2001 – a l’Aquila oltre metà degli edifici aveva un rischio sismico alto o molto alto. Ma l’assessorato regionale competente e le amministrazioni pubbliche locali, tutte gestite da personaggi del Pd molto autorevoli, non hanno tenuto conto di questi documenti e non hanno agito di conseguenza, quanto meno con avvertimenti adeguati e misure di cautela. Le affermazioni di Santoro sulla responsabilità di Berlusconi e del suo governo, dunque, sono proprio il contrario del vero. In ogni caso, ritengo che occorra voltare pagina, circa il modo con cui le Regioni e i poteri locali si comportano in fatto di sicurezza antisismica (e anti alluvione) degli edifici privati e pubblici. E’ necessario che lo stato adotti una regola, valida per tutte le Regioni e quindi tutti i comuni, consistente nell’obbligo, per tutti gli immobili, nelle aree soggette a rischio sismico, di dotarsi di un certificato che attesti il grado di rischio, da comunicare a chi in quegli immobili vive, in modo che ne siano messi a conoscenza e siano in grado di prendere le precauzioni ad hoc.

La pratica in corso all’Aquila per cui ogni edificio viene verificato e certificato, dal punto di vista della idoneità antisismica, insomma, va generalizzata. Ed ora, che la fase dell’emergenza è passata e iniziano la fase di assistenza post-emergenza e quella della ricostruzione, occorre voltare pagina rispetto a quanto avvenuto finora in questi campi. L’errore che si è spesso fatto in passato – e che è da evitare – è quello di una azione dirigistica, para collettivista, poco programmata. Ad essa occorre sostituire una programmazione basata il più possibile sul ricorso alle scelte e alle iniziative personali dei danneggiati e alle forze del mercato. In un articolo non è possibile illustrare per esteso il cambiamento di metodo che è necessario. Ma dico subito che l’errore peggiore, da evitare assolutamente è quello di concepire le tendopoli o le baraccopoli come soluzioni semi permanenti, quali borgate fantasma, accanto alla città e ai paesi, che frattanto vengono ricostruiti con intero e perciò lento ricorso alla sola mano pubblica.

Occorre, innanzitutto, che ci sia un efficiente Commissario governativo alle dipendenze della presidenza del consiglio, che coordini le attività di assistenza e ricostruzione e che faccia ampio appello al sistema delle sovvenzioni alle vittime del terremoto anziché all’intervento diretto. Il primo tema, che il Commissario dovrà affrontare, per minimizzare il ricorso alle baraccopoli, riguarda gli edifici inagibili, che non sono stati distrutti. Occorre che essi siano verificati al più presto, con una perizia che certifichi quali possono essere ripristinati e messi in sicurezza e quali no. Nel primo caso, occorre che i periti quantifichino il costo per metro quadro e metro cubo e il tempo approssimativo necessario per il ripristino. Il commissario, per gli edifici che non erano a norma, senza responsabilità dei proprietari di tipologia media o modesta, darà un contributo del 100 per cento. Il contributo sarà dello 80 per cento massimo per gli edifici di qualità superiore e scenderà per quelli che non erano a norma per colpa dei proprietari. L’indennizzo va escluso nel caso di dolo o colpa grave. Inoltre le ditte incriminate per costruzioni non adeguate non saranno ammesse ad eseguire i lavori.

La sovvenzione verrà data in base al grado di avanzamento dei lavori. Un collaudo dovrà accertare che essi sono stati fatti a regola d’arte, diversamente non sarà erogata l’ultima quota della sovvenzione pubblica ed eventualmente si dovranno restituire le rate precedenti. Per gli immobili danneggiati non più recuperabili e per quelli distrutti, l’indennizzo verrà dato in relazione a una ricostruzione nei luoghi precedenti o nella new town, a seconda delle possibilità concrete, e in relazione ai problemi di sicurezza e alle preferenze dell’ex proprietario. Se si tratta di abitazioni, il Commissario dovrà provvedere alle famiglie che rimangono senza l’alloggio, temporaneamente o in permanenza, distinguendo quelle che erano in affitto da quelle che erano in proprietà. Nell’ipotesi delle famiglie che avevano un alloggio in affitto che risulta transitoriamente inagibile o che non è più recuperabile, il Commissario dovrà offrire alla famiglia rimasta senza tetto una sovvenzione per la distruzione subita dell’arredamento e degli effetti personali e un primo aiuto per trovarsi una abitazione provvisoria o, a seconda dei casi, definitiva. Alla famiglia in questione egli potrà offrire la prospettiva di accedere, in futuro, a un alloggio di edilizia nella new town, che essa potrà avere in proprietà con rate di affitto e riscatto o puramente in affitto. Se la famiglia in questione a causa del terremoto, ha perso il reddito che aveva,il commissario, per il periodo transitorio,le darà un assegno mensile di sostentamento. Nel caso di immobili di proprietà di chi vi abitava i proprietari riceveranno una sovvenzione per il periodo transitorio, per l’alloggio di fortuna e, se hanno perso il lavoro, un assegno di sussistenza.

La programmazione di una new town è necessaria, perché se è vero che l’Aquila va conservata, non lo si può fare per l’intera città, ma solo per il suo centro storico e per le parti recenti meno danneggiate. La new town deve avere una programmazione urbanistica, ma non è affatto necessario che gli edifici siano costruiti tutti dalla mano pubblica, su terreni appositamente espropriati. Ciò che l’operatore pubblico deve obbligatoriamente fare, oltre a gruppi di dignitose abitazioni popolari, è di inserire nei luoghi strategici gli edifici pubblici e gli spazi per l’edilizia commerciale (in particolare di grande distribuzione). Occorre un quartiere di cultura e spettacolo in cui insediare l’Università, con la casa dello studente e il residence per i docenti che vengono da fuori. Il sisma, fra i tanti danni, ha fatto scoprire che le università periferiche come quella de l’Aquila non sono uno spreco inventato dai “baroni” per aumentare le sedi e le cattedre, ma sono un prezioso strumento di sviluppo economico e civile e di politica sociale. Spesso ci vanno gli studenti con i voti di scuola superiore più alti e i redditi più bassi, che diversamente dovrebbero rinunciare a proseguire negli studi.