Almeno la Brambilla ha il merito di volerci provare

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Almeno la Brambilla ha il merito di volerci provare

23 Maggio 2007

Gaetano Quagliariello ha scritto, su Michela Vittoria Brambilla, cose molto sagge. Distanti sia dalla passione assieme post e neo berlusconiana, che ha travolto gli sponsor dell’arrampicata della Brambilla su su fino al vertice della piramide del centrodestra, sia dal finto scandalo inscenato dai suoi nemici, che contro donna Michela hanno messo in campo l’argomento, un po’ ridicolo in un partito/antipartito come Forza Italia, del primato dei leader prodotti dalla politica su quelli paracadutati dalla società civile.

E’ dura sostenere che è difendendo l’eccezionalità di Berlusconi dal suo stesso desiderio di mettere in campo un suo clone in minigonna e tacchi a spillo, che Forza Italia dimostra di essersi emancipata dal suo padre padrone.

A me sembra che ritorni ad agitarsi, con l’effervescente caso mediatico costruito attorno a sé dalla “Berluschina”, l’eterna discussione sull’incapacità del centro-destra di creare classe dirigente. In qualche modo, lo stesso successo della Brambilla, che non di sinistra lo è pressoché per definizione provenendo da una delle aree più industriose e – dunque  – più ricche del Paese, è una spia del bisogno di leader o succedanei, che i partiti della Cdl non sono stati finora in grado di mettere in campo.

Questo è forse un giudizio ingeneroso. C’è classe dirigente, nel centro-destra, almeno al Nord. Ma è in larga misura composta da persone che hanno investito troppo sulla fedeltà e troppo poco sulla propria autonomia personale, e ancor meno in quella cultura politica che, per inutile che sia alla prova del voto, consente di sviluppare una visione, un progetto, un’idea di futuro. Donna Michela da Calolziocorte non è esattamente Margaret Thatcher, però se non altro sembra aver chiari due punti che inviterei a non disprezzare. Primo, capisce benissimo qual è l’elettorato del centro-destra, ed ha imparato quali sono le corde da sfiorare per accenderne l’interesse e la curiosità. Detta così sembrerebbe la cosa più banale del mondo. Va pure ricordato, tuttavia, che i cinque anni di interludio governativo fra una campagna elettorale e l’altra ci hanno mostrato una Cdl spesso dimentica delle esigenze e dei bisogni avvertiti dai propri sostenitori, ed impegnata, per larghi settori, a fabbricare un vocabolario politico diverso da quello che ne aveva sancito la vittoria alle urne.

In secondo luogo, la Brambilla ha chiara una cosa che gli altri aspiranti successori di Berlusconi fingono (chissà poi perché) di ignorare. Che, cioè, per essere un capo devi dimostrare anzitutto di volerlo diventare. Ci vuole il coltello fra i denti, ci vuole la determinazione di emergere, ci vuole la voglia o il desiderio divorante di assumere una responsabilità così gravosa. E’ un’altra considerazione banale. Ma gli aspiranti eredi di Berlusconi finora hanno considerato la leadership della Cdl appunto questo: un’eredità. Si è sviluppata tutta una lingua parallela, nella quale si pesca ogni volta che si prova ad aprire un discorso sul dopo-Cavaliere: si chiede una verifica, si auspica un ricambio generazionale (sacrosanta ambizione, per carità), si fa pesare il dato dell’età, ci si chiede se il boccino possa finire o meno in mano a un partito minore, nella coalizione. Casini o Fini, mai che abbiano alzato la mano e chiesto non una “verifica”, ma di aprire la partita sulla leadership. Nessuno getta il guanto della sfida.

Donna Michela fa capire chi è e dove vuole andare ben meglio dei suoi concorrenti. Basta? No che non basta, e non solo perché anche Berlusconi probabilmente considera la leadership della Cdl un’eredità e cercherà di trasmetterla con lascito testamentario. Diciamo che non guasterebbe se la capa dei giovani commercianti e dei circoli della libertà non inanellasse amenità come “la liberalizzazione dell’immigrazione clandestina”, e magari alternasse le sue buone intuizioni con qualche idea politica un po’ più solidamente fondata. Ma dal momento che le idee solidamente fondate nella politica italiana, e nel centro-destra in particolare, sono patrimonio di minoranze sparute e quasi sempre ininfluenti, non vedo perché rimproverare alla Brambilla di assomigliare alla stessa coalizione che ambisce a guidare.