Anche a sinistra spopola il “Modello Zaia”. E ora Zinga trema

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Anche a sinistra spopola il “Modello Zaia”. E ora Zinga trema

Anche a sinistra spopola il “Modello Zaia”. E ora Zinga trema

21 Giugno 2020

Come vi abbiamo raccontato nei giorni scorsi, l’aria che si respira all’interno del Partito Democratico si va facendo frizzante ogni giorno che passa. Non è un mistero che in molti oramai non tollerino più lo stato di semi paralisi da cui è affetto il governo e le critiche per i continui rinvii a cui sono stati sottoposti i più importanti dossier dell’agenda politica ed economica arrivano da tutte le direzioni. Ma proprio perché al destino di Giuseppe Conte sembra essere legato quello da segretario del di Nicola Zingaretti, ecco le dichiarazioni di insoddisfazione vengono pronunciate sempre più spesso da esponenti di peso dello stesso PD e cominciano ad avere come bersaglio non solo il Premier, ma anche lo stesso Zingaretti. L’ultimo in ordine di tempo ad aver acceso la miccia è stato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, il quale ha dichiarato che bisogna imprimere velocità e concretezza all’azione di governo e che un ruolo fondamentale dovranno giocarlo gli amministratori locali del centrosinistra. Anche il sindaco di Milano Beppe Sala e il riconfermato governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini avevano rimarcato quanto dal cosiddetto “Stato centrale” si stessero tenendo in poca considerazione le capacità e l’importanza istituzionali dei vari amministratori sui territori, relegati spesso al ruolo di meri esecutori delle scelte governative.

La dichiarazione di Gori, pronunciata durante un evento a Bergamo, ha fatto subito drizzare le antenne a tanti maggiorenti Dem, i quali hanno interpretato queste parole come una sorta di autocandidatura del primo cittadino orobico a prossimo sfidante di Nicola Zingaretti in un eventuale congresso. Subito ministri come Franceschini e Guerini sono corsi in soccorso dell’attuale segretario, affermando che in questo momento l’idea di mettere in gioco la leadership del partito non avrebbe alcun senso viste da un lato le delicate trattative che il governo sta conducendo in sede europea e, dall’altro, l’incombente “election day” del 20 e 21 settembre che comprenderà il rinnovo di sette consigli regionali e numerose amministrazioni comunali.

Se queste manovre del tandem Franceschini – Guerini possono apparire come una blindatura di “Zinga”, la questione però è anche un’altra: è infatti evidente come numerosi amministratori locali abbiano guadagnato molta popolarità durante la gestione della pandemia e se l’esempio più evidente di questo fenomeno è certamente rappresentato dal governatore veneto Luca Zaia, anche nel campo del centrosinistra non sono mancati gli apprezzamenti a personaggi quali Vincenzo De Luca o gli stessi Sala e Bonaccini. E’ chiaro che se dovesse concretizzarsi l’ipotesi di un congresso in breve tempo – magari a seguito di una rovinosa caduta del governo – questi uomini slegati dalle logiche romane potrebbero costruire un ticket che potrebbe mettere in seria difficoltà Franceschini e Guerini che, al di là delle dichiarazioni di rito, hanno già da tempo messo nel mirino un cambio di vertice.

Dunque, anche in momenti così delicati, nel Partito Democratico la questione più importante sembra essere l’eterna lotta per la segreteria e il ballo per disarcionare Zingaretti è solo all’inizio.