Anche Bersani si schianta sul Pra

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Anche Bersani si schianta sul Pra

12 Giugno 2007

Certo abbiamo corso un bel rischio. Ma adesso che è finita possiamo tirare un sospiro di sollievo. Un paio di mesi fa, chiacchierando con amici, forse complice un bicchiere di vino di troppo, ci eravamo lasciati sfuggire una promessa impegnativa, forse un po’ troppo impegnativa: ”Bersani propone di abolire il PRA (il Pubblico registro automobilistico). Vedrete che non ce la farà. Ne sono talmente sicuro, che se ci riuscisse sono pronto a dargli, almeno per una volta, il mio voto”.

Dal giorno successivo abbiamo iniziato a seguire con distacco l’esame parlamentare del d.d.l. c.d. ”liberalizzazioni” (inzeppato di finte liberalizzazioni e di vere statalizzazioni: si pensi fra l’altro alla modifica apportata dalla Camera che reintroduce il monopolio pubblico sulla gestione dell’acqua!). Ma al termine dell’esame in Commissione (luogo, come l’inferno, lastricato di buon intenzioni e popolato da diavoli e peccatori), conclusasi senza alcun intervento sul “criminoso” disegno di Bersani, abbiamo cominciato a preoccuparci: vuoi vedere che la situazione politica è talmente sfilacciata e decomposta che alla fine Bersani ci riesce ed abolisce il PRA? Vuoi vedere che ci tocca votare non dico per i DS, ma addirittura per il Partito Democratico?

Niente paura, l’Aula della Camera ci ha immediatamente tranquillizzato. Ci ha riportato sulla terra e ci ha restituito le nostre granitiche certezze. Nella giornata di oggi, la Camera ha infatti votato – all’unanimità – lo stralcio dell’articolo del d.d.l. Bersani che sopprimeva il P.R.A. In Italia possono cambiare governi e maggioranze, possono essere approvate riforme elettorali e costituzionali, può partire il federalismo ed al limite anche la devolution cara ad Umberto Bossi (anche se non abbiamo mai avuto ben chiaro in cosi si differenzi dal federalismo). Ma no! abolire il PRA proprio non si può.

Del resto sono oltre quaranta anni che periodicamente qualcuno ci pensa, timidamente ci prova, ma poi alla fine …. come diceva Totò … desiste. I primi tentativi si fanno risalire addirittura ad Oscar Luigi Scalfaro quando negli anni sessanta, oltre a sgridare al ristorante le signore troppo scollacciate, divenne Ministro dei Trasporti. Più di recente si ricorda il tentativo del “Modernizzatore Massimo”, Franco Bassanini, finito anch’esso nel nulla. Si narra che un timido pensiero l’abbia fatto anche Mario Baccini, ultimo Ministro della funzione pubblica del Governo Berlusconi.

Che la questione PRA sia diventata nel corso degli anni simbolo dell’impossibilità in Italia di una politica di riforme e di semplificazione burocratica, lo dimostra il fatto che il solito Pannella nel 1995 aveva addirittura promosso un referendum popolare per abolire il PRA. Pensate: ricorrere al popolo sovrano per eliminare un obsoleto adempimento amministrativo! Ma naturalmente, a disinnescare la mina ci ha pensato la Corte costituzionale che dichiarato inammissibile il referendum per eterogeneità della materia (!).

Eppure si tratta di un situazione di mala burocrazia talmente palmare ed evidente che rimane ancora misterioso come l’ACI sia riuscita a preservare la sua “gallina dalle uova d’oro”, contro tutte le ondate di riforme che si sono succedute in oltre quarant’anni di storia repubblicana.

Il PRA nasce nel ventennio come strumento di pubblicità legale della proprietà dei veicoli a motore. In quel periodo la funzione del registro è di natura essenzialmente civilistica. All’epoca gli autoveicoli sono assai costosi, il sistema bancario e finanziario ancora arcaico e spesso l’acquisto avviene a rate con iscrizione della relativa ipoteca. Come per gli immobili occorreva uno strumento che desse certezza legale alle vicende legate alla circolazione giuridica di tali beni.  Da allora molto tempo è passato, e oggi che si possano iscrivere ipoteche sulle autovetture acquistate a rate lo ricorda solo qualche anziano cultore della materia. Oggi, nella totalità degli acquisti rateali di macchine, altri sono gli strumenti a tutela del credito concesso da banche e società finanziarie. La stessa categoria giuridica del bene mobile registrato (derivante appunto dal sistema particolare di pubblicità legale) ha sempre meno giustificazione (è infatti del tutto sconosciuta in tutti i restanti paesi europei).

Ma il problema è ancora più complesso. A partire dagli anni sessanta si assiste al boom della motorizzazione di massa, e di fronte alle crescenti esigenze di conformità tecnica e di informazione sui veicoli circolanti, viene istituito  l’archivio nazionale degli autoveicoli presso le sedi provinciali della Motorizzazione civile. Si tratta di un sistema completo di pubblicità che contiene sia i dati sulle vicende proprietarie dei veicoli sia le notizie relative ai profili tecnici del mezzo (omologazione, specifiche tecniche, dati sulle emissioni inquinanti). L’Archivio nazionale dei veicoli non è solo un doppione del PRA (mancano unicamente i dati relativi alle iscrizioni ipotecarie, ormai del tutto scomparse). E’ un registro più completo, e più economico (l’iscrizione al PRA è carissima, va – a seconda della potenza fiscale del mezzo – dai 350 ad oltre 1000 euro). E fino a pochi anni fa vi erano anche abissali ritardi nelle iscrizioni al PRA (ritardi, almeno quelli superati, dopo l’informatizzazione completa del PRA realizzata in tutto fretta per arginare l’offensiva abolizionista).

Ma, nonostante tutto ciò, nulla. Non si riesce ad abolire il PRA. Contro questa ipotesi, che risponde se non altro al buon senso, vengono sollevate le più svariate obiezioni. La lotta alla mafia e alla criminalità che (non si comprende bene per quale motivo) verrebbe agevolata dalla sua abolizione. La tutela dei lavoratori, anche se in realtà tutto il personale (circa 6000 unità) manterrebbe il trattamento economico in godimento e verrebbe ricollocato in altre amministrazioni. La verità e che il PRA è diventato nel corso degli anni un formidabile grumo di potere e che la sua capacità di lobbing e inversamente proporzionale alla sua efficienza ed alla sua razionalità amministrativa.

In fondo ne eravamo sicuri alla fine avrebbe prevalso la conservazione burocratica. Se ne potrà riparlare solo quando anche nel nostro sistema politico – istituzionale la tutela del mercato e del consumatore sarà veramente (e non solo nella vana retorica dei volenterosi) una priorità della politica. Anzi, si può ben ritenere che, per sapere con certezza quando sarà finalmente completata la lenta e faticosa transizione dalla prima alla seconda repubblica, basterà farsi una domanda: il PRA è stato abolito o è ancora lì?