Anche la Germania ignora l’Europa

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Anche la Germania ignora l’Europa

Anche la Germania ignora l’Europa

30 Maggio 2008

Ribadire il primato della politica sull’economia. Pare questo l’obiettivo del governo tedesco di Große Koalition, alle prese in questi giorni con la modifica della cosiddetta “Volkswagen Gesetz”, legge varata nel 1960 dopo la privatizzazione della nota casa automobilistica con il fine conclamato di proteggerla da eventuali “offerte pubbliche di acquisto” indesiderate. 

La normativa, così come originariamente concepita, poneva con una sorta di golden share un tetto massimo al diritto di voto pari al 20% della quota azionaria, costringendo così tutti gli azionisti detentori di una percentuale maggiore ad esprimere comunque non più del 20% dei voti in sede di assemblea. A questo sofisticato meccanismo di compressione della democrazia societaria, il testo affiancava altresì l’obbligatorietà della presenza pubblica nel consiglio di sorveglianza, in modo tale da bloccare decisioni strategiche “mal ponderate”, quali ad esempio delocalizzazioni improvvise o esuberi sgraditi. 

Senonché, nell’ottobre del 2007, la Corte di Giustizia europea, in una sua sentenza, ha finalmente decretato l’incompatibilità di una simile disciplina con i principi della libera circolazione dei capitali e del libero stabilimento sanciti dai Trattati UE, chiedendo al Parlamento tedesco di procedere al più presto ad un riesame della legislazione in maniera conforme al diritto comunitario. Eppure, dopo mesi di trattative, mentre la norma che limitava il diritto di voto degli azionisti è stata prontamente eliminata, il progetto di legge al vaglio del Bundestag conserva ancora l’istituto della minoranza di blocco, che ha consentito per più di trent’anni al Land della Bassa Sassonia, forte del 20,2% dell’intera quota azionaria e della presenza di due consiglieri di sorveglianza provenienti dalle file del parlamentino regionale, di esercitare un vero e proprio potere di veto sui piani industriali della casa automobilistica di Wolfsburg. 

Se questa intenzione dovesse essere formalizzata, la Commissione Europea dovrebbe per forza di cose avviare una procedura contro la Germania per il mancato rispetto di una sentenza della Corte”, ha dichiarato il portavoce del Commissario al Mercato interno, Oliver Drewes, giudicando insufficienti i cambiamenti finora apportati. Ma da Berlino il Ministro della Giustizia Brigitte Zypries (SPD) fa sapere che la legge verrà senz’altro modificata, ma solo quel tanto che le basti a non confliggere con le regole comunitarie, e comunque senza che ne venga intaccato lo spirito originario. 

Nel frattempo, mentre il sindacato Ig Metall esulta e plaude all’iniziativa del Gabinetto di Angela Merkel, il gruppo Porsche, maggior azionista di Volkswagen e da tempo in lizza per una scalata societaria che dovrebbe portare le due imprese sotto l’insegna di un’unica holding, ha fatto ricorso presso il tribunale di Braunschweig contro il rifiuto di VW di modificare lo statuto che di fatto la protegge dalle fusioni ostili al potere politico. Porsche, che, come recentemente annunciato, spera di poter crescere nei prossimi mesi dal 31% al 50% del capitale azionario della controllata, considera tali limitazioni contrarie al diritto comunitario e in particolare accusa la Bassa Sassonia, retta da un governo di cristiano-democratici e liberali, di aver più volte impedito l’applicazione del giudicato della Corte di Lussemburgo per quel che riguarda l’aumento dal 20% al 25% della minoranza di blocco. La lotta tra Stato e privati per il controllo di una delle imprese più conosciute del paese è destinata a continuare.