Anche l’Europa chiede sacrifici all’Italia per affrontare le sfide che l’attendono

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Anche l’Europa chiede sacrifici all’Italia per affrontare le sfide che l’attendono

06 Agosto 2008

Un Programma del Consiglio dell’Unione europea lungo 18 mesi quello delle Presidenze francese, ceca e svedese. Questa la prassi con cui il Consiglio Ue intende vincolare i governi degli Stati membri su dossiers scottanti. Già il Programma di Presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea, “Un’Europa che agisce per rispondere alle sfide di oggi” del 10 luglio 2008 indicava  quattro priorità: le sfide climatiche ed energetiche, la questione migratoria, i problemi agricoli e di sicurezza alimentare, i settori della difesa e della sicurezza.

Ora ci si potrà fare un’idea più ampia con il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2008 ed, altresì, con le considerazioni del Consiglio europeo del 19-20 giugno, rispetto all’esito negativo del referendum irlandese sul Trattato di Lisbona. Con queste ultime, in verità, si è deciso di rimandare al 15 ottobre 2008 la decisione sulle modalità per la sua entrata in vigore, conseguire risultati concreti per i cittadini nei vari settori di competenza dell’Unione sarà impresa ardua per il nostro Governo, anche nell’ipotesi di dover procedere alle elezioni del giugno 2009 e al rinnovo della Commissione europea in autunno nel quadro dei Trattati vigenti. Giungere ad una rapida soluzione del nodo istituzionale sorto in seguito all’esito negativo del referendum irlandese sul Trattato di Lisbona, forse non potrà essere affrontato, come sembra, attraverso una “più ampia azione diplomatica”.

Sia la Polonia che la Repubblica ceca, che assumeranno la Presidenza dell’Unione a partire dal 1° gennaio 2009, agguerriti come sono sulle politiche dell’UE in ogni settore sapranno, purtroppo per noi, alzare il prezzo per ogni eventuale concessione. Allora il problema dovrà essere affrontato dal punto di vista sia politico che culturale. Politico può essere affrontare, appoggiando gli sforzi della Presidenza francese, la proposta di fare dell’Europa uno “spazio energetico unificato”, ispirato al principio di solidarietà fra i Paesi membri, in cui le esigenze energetiche e gli investimenti siano concordati, gli scambi di energia tra Stati siano facilitati grazie alle interconnessioni infrastrutturali e le crisi di approvvigionamento siano prevenute mediante una maggiore trasparenza sugli stock di petrolio e di gas.

Certo redigere piani di emergenza comuni nonché esaminare la fattibilità e l’incidenza di misure miranti a limitare gli effetti dell’impennata dei prezzi del petrolio e del gas non sarà cosa facile, neanche attraverso la promozione di risparmio energetico o la produzione di energia da fonti rinnovabili, ancorché il “pacchetto relativo al clima e alle energie rinnovabili”, presentato dalla Commissione europea nel gennaio 2008, lo preveda espressamente. Se i cambiamenti climatici dovranno essere ricondotti ad un piano internazionale, poco credibile è il raggiungimento dell’obbiettivo di limitare l’aumento della temperatura media mondiale a 2° centigradi entro il 2050, tenuto anche conto che dall’Unione europea dipende solo il 15 per cento delle emissioni mondiali di CO2. Instabilità e tagli rischiano di compromettere irrimediabilmente la capacità degli enti e dei gruppi di ricerca italiani di partecipare in maniera coordinata al VII Programma quadro per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione dell’Unione europea. Per questo il raccordo tra  i contenuti di tali politiche e i tre pilastri fondamentali della strategia di Lisbona – pilastro economico (per preparare la transizione verso un’economia competitiva e dinamica fondata sulla conoscenza), pilastro sociale (per consentire un modello di coesione sociale europeo che investa nelle risorse umane e nella lotta contro l’esclusione sociale e che comprenda politiche attive per la formazione continua e per l’occupazione), pilastro ambientale (per una crescita economica non disgiunta da uno sviluppo sostenibile e da un diverso uso delle risorse naturali) – sarà lo snodo attraverso il quale il governo si dovrà ben preparare ad affrontare le sfide che si prospettano difficilissime.

Se si valuta positivamente l’anticipazione di alcune misure relative alla manovra di bilancio che, come previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria, sarà composta, oltre che dal decreto-legge n. 112, dai disegni di leggi finanziaria e di bilancio (nonché da un disegno di legge per il completamento degli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di risanamento dei conti pubblici entro il 2011, un disegno di legge delega per l’attuazione del federalismo fiscale, un disegno di legge diretto alla costituzione di un codice delle autonomie locali, finalizzato allo snellimento dei diversi livelli di governo esistenti ed alla conseguente riduzione dei costi, nonché a disciplinare l’ordinamento di Roma capitale) il provvedimento, mentre da un lato si prefigge l’obiettivo di creare le condizioni economiche finanziarie per lo sviluppo economico e l’incremento della competitività del sistema produttivo italiano, anche attraverso la diversificazione delle fonti di energia, dall’altro prevede la cancellazione della previsione delle disposizioni in materia di certificazione energetica degli edifici. Sul risparmio energetico e all’efficientamento delle costruzioni edilizie ci si dovrebbe mettere in linea con i migliori standard previsti dalla normativa comunitaria. Ora, pur anticipando gli effetti tipici della legge finanziaria, realizzandone la parte più significativa – il contenimento dei saldi ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmatici – con riferimento all’intero triennio 2009-2011, il provvedimento ha ricevuto critiche soprattutto per la forma “irrituale” e per la tempistica e le modalità estranee all’ordinamento vigente. Dimenticano però, i critici, che la legge finanziaria è una legge ordinaria recante, secondo una formula ricorrente, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" ed, insieme a quella di bilancio, è un importante documento giuridico previsto dall’ordinamento della Repubblica per regolare la vita economica del Paese.

Con un provvedimento di decretazione d’urgenza presentato a giugno la totalità della manovra correttiva riferita non soltanto all’esercizio finanziario entrante, ma all’intero triennio 2009-2011, si viene a configurare un intervento legislativo di portata perfino più ampia della legge finanziaria annuale, destinato a modificare in via di fatto lo strumentario di finanza pubblica in essere e ad agevolare non tanto la lettura, ma la stessa consistenza dei conti. Fissando i saldi-obiettivo triennali prima dell’approvazione con risoluzione del DPEF – documento avvilito dalle prassi parlamentari e purtroppo senza alcun valore, nemmeno descrittivo – il decreto in conversione rafforza la funzione procedurale primaria del DPEF, evitando lo stravolgimento dello stesso con le risoluzioni parlamentari che potrebbero, almeno teoricamente, votare saldi-obiettivo diversi da quelli fissati nel decreto recante la manovra, nel frattempo già in vigore.

Dimenticano anche, i critici, che oltre al DPEF, essenziale nella definizione della Legge finanziaria è il Trattato sull’Unione europea sottoscritto anche dall’Italia il 7 febbraio 1992. In particolare nella sua parte III definisce ‘Unione Economica e Monetaria (UEM). LUEM individua i principali obiettivi economici e monetari da perseguire per la progressiva realizzazione dell’Ue. Alcuni di questi riguardano anche la finanza pubblica. I più importanti sono certamente i criteri di convergenza noti come parametri di Maastricht: il 3% per il rapporto fra disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e prodotto interno lordo (PIL); il 60% del rapporto fra debito pubblico e PIL (può non essere soddisfatto, a condizione però che il valore si riduca in misura significativa e si avvicini alla soglia indicata con ritmo adeguato); il tasso medio di inflazione che non può superare di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che, durante l’anno precedente a quello in esame, hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi ed il tasso d’interesse nominale a lungo termine che non deve eccedere di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Insomma conoscere, oltre a criticare: ci si confronti costruttivamente su tali temi e non “proditoriamente”: sulla barca Italia rattoppata ci siamo tutti!