Annapolis, un inizio forte. Ma la strada è ancora lunga e in salita

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Annapolis, un inizio forte. Ma la strada è ancora lunga e in salita

Annapolis, un inizio forte. Ma la strada è ancora lunga e in salita

28 Novembre 2007

I leader di Stati Uniti, Israele e popolo palestinese
hanno rilanciato con una stretta di mano la trattativa di pace che nei migliori
auspici dovrebbe concludersi entro la fine del 2008 con la creazione di uno
stato palestinese.

 “E’ un
forte inizio” ha dichiarato Bush ai delegati delle quaranta quattro nazioni
presenti alla conferenza di Annapolis, inclusi quattordici paesi arabi tra cui
Siria e Arabia Saudita e superpotenze come Russia, Cina,  Francia e Gran Bretagna.  “Il compito che inizia qui ad Annapolis sarà
difficile” riconosce il Presidente americano, e mette le mani avanti: “E’
l’inizio del processo e non la fine, e non c’è dubbio che resta molto da
fare.” Ma rimane ottimista: “Le parti possono iniziare questo lavoro con
fiducia Il momento è giusto. Lo sforzo è giusto. E con un forte impegno, so
che possono avere successo.”

Il leader palestinese Abbas si è rivolto ai
cittadini israeliani: “Nostri vicini in questo piccolo pezzo di terra, non
stiamo elemosinando la pace l’uno dall’altro. La pace è un interesse comune
per entrambi. Pace e libertà sono un nostro diritto quanto pace e sicurezza
sono il diritto di entrambi. E’ il momento che questo ciclo di sangue, violenza
e occupazione finisca.” Sottolinea l’importanza del coinvolgimento degli altri
paesi arabi: “Bisogna profittare dell’eccezionale opportunità della presenza
araba, islamica ed internazionale e  del
grande sostegno di Annapolis da parte dall’opinione pubblica palestinese ed
israeliana per rilanciare il processo di negoziazione.”  (un sostegno non proprio condiviso da tutti
considerando le violente proteste di Gaza).

Olmert dice che questo è “un processo
inevitabile” nonostante le grandi difficoltà. Ribadisce che Israele “vuole la
pace, la fine del terrore e dell’odio” e che “è pronta a fare un compromesso
difficile” per raggiungerla. Chiama Abbas “il suo amico”, invitandolo a
raggiungerlo “in un processo tormentato che non ha alternative”. Guardando
dalle parti del principe Saud-al Faisal, ministro degli esteri saudita,
dichiara: “C’è molto che ci separa, ma ci sono molte cose che ci accomunano.
Come noi, sapete che il fanatismo religioso e l’estremismo nazionalista sono la
ricetta perfetta per l’instabilità e la violenza, per l’amarezza e infine per
la disintegrazione delle vere fondamenta di coesistenza basata sulla tolleranza
e l’accettazione reciproca”. Il principe applaude, ma dopo la conferenza dice
agli altri ministri che “è arrivato il momento per Israele di mettere la sua
fede nella pace dopo avere puntato sulla guerra per decenni senza successo” e
ha richiesto il suo ritiro dalla Cisgiordania.

Rivolgendosi ai giornalisti dell’Associated Press
nell’Ufficio Ovale, il Presidente Bush ha reso chiara la sua posizione e le sue
intenzioni per il processo di pace. In apertura, si è detto soddisfatto del
fatto che Israele e Palestina  siano
d’accordo sul negoziare per la visione di uno stato palestinese.

Ha sottolineato per primo il fatto che la causa
del continuo fallimento della pace in Medioriente è il terrorismo: “E’ importante
che la gente capisca che stiamo di fronte non solo a una molta storia, ma che
ci stiamo confrontando con terrorismo e estremismo e radicali…che uccidono gli
innocenti che cercano di arrivare a obiettivi politici.” Dalla parte di Israele
dichiara: “ho riconosciuto che il problema e’ il terrorismo, e che gli stati
non possono accettare terrorismo ai loro confini, in particolare democrazie, e
che un stato non puo’ essere formato a causa del terrorismo.” Sui partner per
il processo di pace specifica che “gli Stati Uniti trattano solo con leader che
dichiarano chiaramente il loro obiettivo di pace con i loro vicini e che
lottano contro il terrorismo”, riferendosi al Presidente Abbas e al Primo
ministro Fayad, e dando un frecciata sottointesa a Hamas.

Il secondo punto riguarda la sicurezza di Israele:
“Se guardate alla storia su questo problema, vedrete come la leadership di
Israele ha fatto un cambio significante quando è stata riconosciuta”. Ricorda
lo sforzo di Sharon nel ritirarsi da Gaza e lo slogan elettorale di Olmert che
diceva “votate per me e lavorerò per creare uno stato palestinese”.

Infine, ribadisce il suo impegno e quello di
“Condi” di convincere la comunità internazionale a partecipare al processo.

Se la sicurezza di Israele e un punto fondamentale
per Bush, non è sicuramente condiviso dalla Siria, che in una sessione privata
con Condoleezza Rice, ha dichiarato che Israele deve prima ritirarsi
completamente dai territori occupati del 1967 prima di ottenere la
normalizzazione dei rapporti con i paesi arabi.

Bush ha invitato entrambe le parti ad inaugurare i
negoziati già da oggi (mercoledì)
alla Casabianca, mentre una data è già stata stabilita per il loro prossimo
incontro nella regione: il 12 dicembre. I temi scottanti da affrontare nel corso
del processo saranno il ritiro degli insediamenti in Cisgiordania, i confini di
uno stato palestinese, lo stato di Gerusalemme e i rifugiati palestinesi.