Antonio Di Pietro? Il Violante dei poveri
09 Febbraio 2010
Ciò che si legge di nuovo e di antico su Antonio Di Pietro e sulla sua “Italia dei valori” fa vedere che si tratta di un “Luciano Violante dei poveri”.
Costituisce una prova di questo fatto anche l’ assegno di 50 mila euro che il nuovo leader politico ottenne grazie a un viaggio negli Stati Uniti, nel 2000, con il suo ex amico avvocato De Dominaci, da parte di un tale ingegner Bianchini di Miami, in cambio della candidatura di questi nel nuovo movimento politico. L’assegno non è spendibile subito, è post datato, come quelli di coloro che non si fidano o non hanno una grande provvista in banca. E la data è dilazionata al 2001, per le elezioni politiche. Un viaggio negli Usa, a Miami, per ottenere 50 mila dollari con assegno postdatato, dà quasi la sensazione di un film con Cristian De Sica e Massimo Boldi.
Certo non indica che questo movimento politico suscitasse, negli Usa, un grande interesse. Un tocco di mondanità, per altro, c’è, data la presenza del leader dell’Italia dei valori al Ponte Vedra Beach Resort, un albergo di tripla A della Florida, sito in una località turistica rinomata per i suoi campi di golf.
E che dire dell’incontro del 15 dicembre del 1992 di Antonio Di Pietro, pubblico ministero del tribunale penale di Milano – che ha da poco messo sotto processo Bettino Craxi – con Bruno Contrada, all’epoca responsabile dei centri Sisde del Lazio, con il colonnello dei carabinieri Vitagliano, comandante della caserma ove si svolgeva la cena, e con il responsabile a Roma dell’agenzia privata di investigazioni Kroll, l’italo americano Rocco Mario Modiati (Rocco e Mario , prima del Cognome, indica che si tratta di un cittadino degli Usa, ove i due nomi sono di uso corrente)? Non è chiaro come questa festicciola possa configurarsi come una riunione di vertice dei servizi segreti italiani o italo americani. E’ evidente che le fotografia sono prese di proposito, come foto ricordo. E non risulta che gli incontri fra capi o vice capi dei “servizi” siano oggetto di foto ricordo, tanto più quando con essi vi è un “responsabile” estero di una agenzia investigativa statunitense che opera a Wall Street e che si dice sia a contatto con la CIA.
Con tutto il rispetto per Bruno Contrada, uno sfortunato funzionario di polizia che fu arrestato qualche giorno dopo, non si trattava certo di una figura di vertice del Sisde. L’agenzia Kroll è una delle maggiori del mondo, ma Rocco Mario Modiati non era Foster Dulles e neppure qualcosa di simile. Ciò che si può, però, osservare è che di solito un magistrato con compiti di alta responsabilità nella giustizia penale, che è consapevole della nostra missione, non va a fare una festicciola con cena e foto ricordo, in una caserma dei carabinieri, con investigatori privati e con funzionari dei servizi segreti, si pure di serie B o C. Secondo l’etica tradizionale della magistratura il pubblico ministero di un Tribunale, importante o secondario che sia, se va a cena in una caserma dei carabinieri lo fa in forma ufficiale, e pertanto chi lo ospita è in divisa. E non sono ammessi “amici” che svolgono attività contigue, pubbliche o private.
Del resto un magistrato tradizionale, fiero della tradizione di magistrati della sua famiglia come afferma di essere Luigi De Magistris, retore del crepuscolo giustizialista, non si candida alle elezioni europee il giorno dopo avere lasciato la toga di pubblico ministero, perché in questo modo dà l’impressione di avere strumentalizzato il suo ruolo nei processi che hanno fatto molto scalpore.
Ma ognuno ha il suo stile e quello di De Magistris è piaciuto assai ad Antonio Di Pietro, che ora se lo deve sorbire come primo attore. Però, l’Italia dei valori, dopo la breve stagione di giustizialismo intransigente alla Robespierre, culminata nell’elezione del brillante De Magistris, ora sponsorizza la candidatura a presidente della Campania del sindaco di Salerno Vicenzo De Luca, rinviato a giudizio per una serie di reati fra cui truffa, falso e concussione, abuso di ufficio.
Di uno di questi (che va avanti dal 2006) cito la vicenda da “Il Corriere della Sera” dell’epoca: "I nuovi provvedimenti giudiziari nascono da un troncone dell’ inchiesta sulla riqualificazione dell’ area Ideal Standard, nella zona industriale di Salerno, che … portò la Procura ad accusare De Luca e De Biase. Il filone che porta ora il nome di Lettieri ad aggiungersi a quelli del sindaco De Luca e dell’ ex sindaco Di Biase riguarda la Mcm – Manifatture cotoniere meridionali – che è di proprietà di Lettieri, presidente dell’Unione industriali di Napoli. La variante urbanistica del 28 marzo 2003 prevedeva che l’ azienda venisse spostata dall’ area di Fratte, dove sorgeva da sempre, alla nuova zona industriale di Salerno, chiamata Asi. A Fratte il piano di interventi prevede la realizzazione di un ipermercato, una galleria commerciale di 45 mila metri quadrati, un centro direzionale, bar e ristoranti, appartamenti, parcheggi. E ancora: tre parchi tematici e una piazza. Il tutto con un investimento di 110 milioni di euro e la prospettiva di creare 1.500 posti di lavoro. E da realizzare ovviamente nel rispetto delle linee indicate dal Piano regolatore. La questione, però, fu già al centro di uno scontro politico, con l’ ex assessore all’ Urbanistica Fausto Martino in disaccordo con il resto della giunta comunale sull’ innalzamento del fabbisogno di standard destinato a verde pubblico e a parcheggio, e sul potenziamento delle infrastrutture dell’ intera area nord della città. Ora arriva l’indagine del pm Nuzzi che rileva nell’intera operazione una decina di falsi e una truffa ai danni dello Stato. E che con De Luca, De Biase e Lettieri ha messo sotto inchiesta numerosi amministratori e funzionari comunali e dirigenti della stessa Mcm e della Salerno Invest, la società che con le Manifatture cotoniere e con il Comune avrebbe dovuto realizzare la riqualificazione dell’ area di Fratte".
L’ex sindaco di Salerno ha strappato gli applausi dell’assemblea dell’Italia dei valori e l’appoggio pieno di Antonio di Pietro a candidato alla presidenza della Regione Campania con l’argomento che egli si è dimesso da sindaco e che, a differenza di altri, non si sottrae ai processi e si dimetterà ove sia condannato. Ma quando Antonio di Pietro, nel 1992-94, mandava gli avvisi di garanzia a valanga a parlamentari e quando venne sciolto il parlamento, nel 1994, l’argomento fu che si trattava di un “parlamento di inquisiti”. E che esso era, a causa di ciò, “illegittimo”. E andava quindi dichiarato decaduto, mediante lo scioglimento anticipato. E per le candidature alle successive elezioni si sostenne che coloro che avevano ricevuto un avviso di garanzia non potevano essere inclusi nelle liste per la “seconda repubblica”.
La tesi in questione è stata un cavallo di battaglia di Antonio Di Pietro e dell’Italia dei valori. Ora questa tesi non vale per Vincenzo De Luca, dottore in filosofia, candidato dal PD e dall’Italia dei valori alla presidenza della Campania, la regione in cui si trova la città di Salerno, la cui operazione urbanistica, con variante di piano regolatore, avrebbe dato luogo a una serie di arricchimenti illeciti e di sprechi. Vincenzo De Luca, oltre a quello di cui sopra, ha anche un altro processo con accuse analoghe per vicende urbanistiche. Ovviamente può darsi che tutto ciò non sia vero o non sia reato. Ma sta di fatto che la competenza urbanistica comunale rientra in quella urbanistica regionale e va in essa inquadrata. Dunque c’è un delicato conflitto di interessi in questa candidatura.
Si potrebbe immaginare che il De Luca si candidi a presiedere l’amministrazione di un’altra Regione (non di quella campana), che si candidi a qualche altra carica pubblica, che non abbia a che fare con l’urbanistica della Campania. Ad Antonio Di Pietro questo aspetto della questione è sfuggito. E anche la moglie di de Luca Maria Rosa Zampetti è stata rinviata a giudizio per due reati minori. Si tratta del fatto che ha vinto il posto di sociologa alla Asl di Nocera inferiore sulla base di un curricola che sarebbe stato da lei falsificato per avere i requisiti previsti per tale posto. In più, tre membri della commissione non avrebbero motivato in modo corretto le pubblicazioni presentate dalla candidata, facendole immeritatamente avere il secondo posto nella graduatoria, con cui ha conquistato l’impiego agognato. Una modesta storia familistica di raccomandazioni, con cui la moglie di De Luca otteneva un posto fisso per un lavoro di sociologa in una unità sanitaria locale di una città di provincia.
Del resto nell’Italia dei valori, ci sono intere famiglie dedite alla politica, a cominciare da quella di Di Pietro. Il figlio Cristiano, consigliere provinciale di Campobasso, è ora candidato per la Regione Molise in un collegio sicuro mentre il cognato (marito della sorella della moglie) Gabriele Cimadoro è deputato del medesimo partito. La seconda moglie di Di Pietro, Susanna Mazzoleni, è uno dei tre membri dell’associazione Italia dei Valori insieme al marito e a Silvana Mura, cofondatrice del partito con Elio Veltri. Che però unitamente ad Achille Ochetto è ora in causa contro Di Pietro, per una questione di finanziamenti elettorali dovuti ma non dati da Di Pietro alla lista elettorale “Società civile” di Veltri ed Ochetto.
D’altra parte la prima moglie di Antonio di Pietro, Isabella Ferrara, madre di Cristiano è tesoriere dell’Italia dei valori per la Lombardia. Mentre il suo compagno Armando Guaiana è membro del coordinamento regionale del partito. Alessandro Milani, coordinatore dell’Italia dei valori di Varese è candidato alle regionali in Lombardia, sua moglie Vilma Borsotti è membro del Consiglio provinciale di Varese mentre la portinaia di Milani è il tesoriere provinciale di Varese.
Dal Molise, alla Lombardia, ecco il Lazio. Ove Viviana Fuoco, segretaria dell’assessore regionale laziale dell’Italia dei valori, Vincenzo Maluccio, è consigliere comunale di Aquafondata e coordinatrice provinciale di Frosinone, il marito è coordinatore di Acquafondata e la figlia responsabile giovani del Lazio.
Il valore della famiglia fa parte dell’Italia dei valori. Fra questi valori, invece, manca il senso dell’umorismo. Infatti non consta che sia stata accolta con osservazioni sarcastiche la singolare frase pronunziata al congresso del partito di Di Pietro, da Niki Vendola, che ha criticato il governo attuale perché a suo parere opera come “un bancomat”. Pareva che il bancomat fosse, invece, l’emblema del PD di Bologna, in cui l’assessore regionale al bilancio, poi sindaco Flavio del Bono, ne aveva dato uno – intestato a un collaboratore – alla propria compagna pro tempore Cinzia Gracchi con il plafond di mille euro al mese.
Del Bono si è dimesso da sindaco per un bancomat. Invece Di Pietro candida Vincenzo De Luca a presidente della Regione. C’è qualche cosa che preoccupa il Violante dei poveri, tanto da indurlo alla “svolta di Salerno” o è solo una storia di provincia?