Anziché mentire il governatore dovrebbe assumersi le responsabilità

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Anziché mentire il governatore dovrebbe assumersi le responsabilità

01 Marzo 2011

Nichi Vendola prova a smarcarsi dalla nuova ondata di indagini che sta travolgendo l’ex assessore alla sanità pugliese, Alberto Tedesco, cercando di nascondere responsabilità ed ogni coinvolgimento. Il volto candido della politica italiana crede forse di poter sfruttare le sue abilità retoriche per confondere l’elettorato e risultare estraneo a tutti i passaggi oscuri avvenuti all’interno della sua giunta, ma le intercettazioni raccontano una realtà diversa, visto che lo vedono protagonista non soltanto passivo di quel gioco di potere che ha caratterizzato questi ultimi anni di politica pugliese, specialmente nel settore della Sanità.

Facciamo un passo indietro e ripercorriamo i fatti. Nel 2008, quando le prime indagini del Pm Desirée Digeronimo destabilizzarono il suo governo, Nichi Vendola fu costretto ad un frettoloso rimpasto: furono silurati Tedesco (Sanità) e Frisullo (Vice Presidente) e fu detto che il Presidente era del tutto ignaro, vittima sacrificale sull’altare delle lottizzazioni. Oggi i nuovi elementi emersi dai faldoni d’inchiesta dimostrano il contrario, ma Nichi Vendola – nonostante le perplessità del gip Giuseppe De Benedictis  – non risulta indagato: eppure, il suo invito a modificare una legge per far sì che un suo prescelto potesse diventare direttore generale di una Asl pugliese sembrerebbe proprio l’esempio lampante di un gioco di potere dal quale non si capisce proprio come il governatore possa uscirne privo di responsabilità, che anche se non fossero penali sono senz’altro politiche.

La linea che Vendola predica quotidianamente, quella del ritorno alla moralità tanto persa, perde essa stessa di valore quando si leggono le intercettazioni ma, soprattutto, le dichiarazioni che il presidente rilascia per allontanarsi dal brutto scenario disegnato dagli inquirenti pugliesi. Per provare la sua innocenza, Vendola ha sostenuto che Tedesco, all’epoca della nomina ad assessore alla Sanità pugliese, gli fosse stato imposto dal Partito Democratico e che lui avesse accettato l’indicazione del partito di maggioranza relativa in Consiglio regionale. A parte la scorrettezza insita nel gesto di addossare agli altri le colpe, c’ha pensato Rocco Palese – avversario numero uno di Vendola nell’ultima campagna elettorale e attualmente capogruppo del Pdl in Consiglio regionale – a smascherare le bugie del presidente della Regione, tirando fuori i documenti attestanti sue vecchie dichiarazioni rilasciate durante l’interminabile Consiglio regionale del 16 ottobre 2007, quello in cui si discusse proprio del conflitto di interessi di Tedesco. Tra queste c’è anche quella in cui dichiara con convinzione, usando queste testuali parole: “Alberto Tedesco non mi è stato imposto dai Ds e dalla Margherita ma l’ho scelto liberamente, così come ho scelto liberamente ciascuno degli assessori della mia giunta, anche in totale indifferenza nei confronti dei diktat che mi giungevano da alcuni partiti.”

Insomma, il maldestro tentativo di Vendola di dimostrare la sua estraneità ai fatti risulta a dir poco goffo e se, come scrive sulla sua seguitissima pagina Facebook, “la questione morale c’è quando i luoghi della politica non sono trasparenti” è inevitabile chiedersi quale sia il suo pensiero a proposito di ciò che sta emergendo e se valga davvero il principio per cui, senza ipotesi di reato, in casi del genere non debba esserci riscontro politico.

Oltretutto, volendo allargare lo sguardo a tutto il centrosinistra, se si guarda come opera il Pd in Puglia la situazione non è in generale più confortante. Ripercorrendo la storia politica pugliese si possono rivedere le tappe del percorso che ha portato i Pm ad indagare esponenti di primissimo calibro come il Senatore Tedesco e l’ex capogruppo del Pd in consiglio regionale Antonio De Caro (figlioccio politico del presidente regionale del Pd, nonché sindaco di Bari, Michele Emiliano). Le intercettazioni hanno scoperchiato la pentola nella quale bolle il Pd pugliese sin dai suoi albori: sottogoverno regionale, giochi di potere, lotta tra correnti diverse per l’affermazione della propria forza individuale. Un sistema che appare malsano e che solo dopo i tre canonici gradi di giudizio avrà il giusto riscontro penale, ma che già oggi mostra tutte le sue gravi e innegabili responsabilità politiche.