Aprire al matrimonio gay nasconde alcune preoccupazioni e molte insidie

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Aprire al matrimonio gay nasconde alcune preoccupazioni e molte insidie

19 Aprile 2010

La decisione della Consulta e il suo “no” ai matrimoni tra coppie omosessuali, rigettando le ordinanze del Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento, ha riaperto il dibattito tra le forze politiche ed ha scatenato le immediate reazioni del mondo omossessuale, in testa Franco Grillini e Aurelio Mancuso. La Consulta ribadisce che “ai tempi in cui è stata scritta la Costituzione il Matrimonio  è stato codificato come legame tra uomo e donna”, cioè ne fa una questione di cambiamenti  di ordine storico-sociale su cui spetta al Parlamento sovrano di pronunciarsi. Il professore Michele Costantino ordinario di Istituzioni di diritto privato nell’Università degli Studi da Bari, non nasconde alcune preoccupazioni.

Professore, Lei crede che questa pronuncia possa portare all’apertura di un dibattito politico teso a promuovere nuovamente un progetto di legge che colmi quello che le associazioni omosessuali da tempo definiscono come un vuoto legislativo nel nostro ordinamento?

«Il modo in cui, in passato ed oggi, è stata data la notizia nella comunicazione di massa è stato giocato sull’obiettivo di illudere l’individuo e di confonderlo con messaggi contraddittori: “la libertà individuale di autodeterminazione è tua!”; “tu da che parte stai ?”.
La prima illusione è falsa, perché ognuno di noi si trova in situazioni di tempo e di spazio dove ci sono gli “altri”. Non ha senso supporre la Libertà individuale di fare ciò che si vuole: l’appartenenza a una comunità, dove ci sono regole, valori condivisi, abitudini, costumi, linguaggi, è elemento costitutivo non aggiuntivo dell’essere umano.

La seconda è abbietta, perché sollecita a seguire i sondaggi o a compiacere un padrone invece che a considerare i problemi sociali reali, che esistono e generano malesseri comunque. Tutto il diritto, e specialmente il diritto di famiglia – come il diritto del lavoro, le normative di sicurezza, le discipline dei diritti indisponibili – riposa su esigenze di natura pubblicistica. Ha la funzione di prevenire o almeno attenuare il conflitti sociali, dettando regole. Essere opinionisti non è una professione.

Perciò risponderò alla sua domanda non per esprimere un giudizio, ma per tentare di individuare le questioni da chiarire secondo ragione. La prima considerazione riguarda i motivi di rimessione alla Corte costituzionale. Sono questi:  il diritto di sposarsi è un diritto dell’individuo e consiste nel diritto di scegliere il partner; b) nella popolazione ci sono orientamenti sessuali diversi; c) altri Stati hanno consacrato le unioni tra individui dello stesso sesso. Sono tre e sono tutti e tre assurdi (absurdum = separato dalla realtà).

Il primo è assurdo perché il diritto di sposarsi non è un diritto dell’individuo ma della coppia. Però, non tutte la coppie hanno il diritto di sposarsi, anche se c’è tanto affetto e tanto amore. Non hanno questo diritto le coppie di bambini troppo piccoli e non hanno questo diritto le coppie di padre e figlia, madre e figlio, zio e nipote, fratello e sorella. Le coppie di bambini troppo piccoli non hanno il diritto di sposarsi perché gli individui che le compongono non hanno quella autonomia, quella capacità, quella libertà che sono richieste per progettare una famiglia, cioè un’alleanza (o formazione sociale, comunità intermedia, gruppo, associazione) di rango costituzionale. Le coppie formate da padre-figlia, madre-figlio, fratello-sorella, zio-nipote, non hanno il diritto di sposarsi perché gli individui che le compongono sono troppo uguali e si trovano in condizioni di dipendenza affettiva; perciò si ritiene che non siano in grado esprimere la capacità, l’autonomia, la libertà richieste per formare quella coppia a cui si riferisce la Costituzione negli articoli 29, 30 e 31.

Il primo motivo è perciò assurdo: inneggia alla libertà individuale ma nega la realtà. Il diritto di sposarsi non è dell’individuo, ma della coppia. Non si sceglie un partner, si sceglie una sedia, un telefonino, un televisore. Così si distrae l’individuo nella massa dal vero problema. Nella Costituzione ci sono diritti degli individui, quali la circolazione, la comunicazione del proprio pensiero e la corrispondenza, la professione della fede religiosa; ci sono diritti di gruppi, quali concorrere a determinare la politica nazionale, tutelare gli interessi dei lavoratori; e ci sono diritti della coppia. Chissà a quali individui, a quali gruppi e a quali coppie si riferisce la Costituzione! I messaggi lanciati nella comunicazione di massa servono a distrarre da tali questioni».

Le associazioni omosessuali sostengono che negare il matrimonio a due persone dello stesso sesso sia una palese violazione del principio di uguaglianza statuito dall’art. 3 Cost., ma nel caso di specie la Corte Costituzionale non ha ravvisato alcuna violazione. Condivide tale presa di posizione?

«L’ingiustizia più feroce consiste nel regolare in modo eguale situazioni diverse. Le regole eguali dettate per situazioni diverse sono più visibili, come manifestano la schiavitù, l’Olocausto e le crociate.
Il gran numero di “orientamenti sessuali” non cancella la differenza tra maschio e femmina, così come l’esistenza dei muli non cancella la differenza tra cavalli e ciucci.

L’assurdità del secondo motivo di rimessione alla Corte costituzionale nasconde anche l’ignoranza riguardo alla disciplina vigente dettata per le malformazioni e deviazioni sessuali tali da impedire la vita coniugale e la disciplina vigente nel caso di cambiamenti di sesso durante il matrimonio.

A parte questa considerazione desolante, l’esaltazione del moltiplicarsi di “orientamenti sessuali” e di pulsioni erotiche di altre origini, accompagnata dalla proclamazione che ogni voglia è un diritto, serve a distrarre l’attenzione dalla funzione della coppia cui gli artt.. 29, 30 e 31 della Costituzione assegnano il rango di formazione sociale, o comunità intermedia, o gruppo, o associazione superiore alle altre (come ai partiti e ai sindacati).

Eppure, una ragione c’è, ed è ovvia, banale, semplice. Le qualità e prerogative di rilevanza pubblicistica che la Costituzione attribuisce alla “famiglia” come società naturale dipendono dal fatto che questa è una società di individui diversi. Tutte le scienze dell’uomo (antropologia, sociologia, psicanalisi, etica, ed anche le religioni)  hanno studiato e studiano questo fenomeno.

L’alleanza tra diversi richiede capacità, autonomia, dedizione, condivisione, accoglienza, tolleranza, infinitamente maggiori rispetto all’alleanza di eguali.

I giuristi hanno rappresentato con parole difficili questa funzione della società (alleanza) composta da individui differenti: affectio, comunione di vita spirituale e materiale, jus in corpore, assistenza, rispetto reciproco.

La Costituzione italiana, che riconosce la “famiglia”, non si accontenta di registrare la mera esistenza di una coppia “naturale”. Proprio perché si tratta di un’alleanza di individui differenti pretende che sia fondata su un patto ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica. Per esempio, quando non ci si vergogna di dire tutto all’altro, allora c’è la coppia cui si riferisce la Costituzione italiana, perché tra individui differenti questa è una cosa grande. In una coppia di eguali è troppo facile dirsi tutto.

Perciò, il secondo motivo di rimessione alla Corte costituzionale non soltanto è assurdo, ma è anche un’insidia pericolosa al valore che da 3.500 anni i popoli del mediterraneo hanno assegnato alla “famiglia”. Chissà perché mai è stato riconosciuto lo stesso rango alle unioni di eguali! Climi diversi, linguaggi diversi, economie diverse, abitudini e costumi diversi, ordinamenti giuridici diversi: ci sono sempre state coppie di omosessuali. Le vicende di Sodoma sono di un tempo non certo remoto, ed anche quelle di Lesbo. Ma l’insidia della libertà individuale di autodeterminazione serve a distrarre l’individuo nella massa dal vero problema.

Perciò il secondo motivo è pericoloso. La democrazia non è una società di amici eguali, dentro e fuori il matrimonio. La democrazia è una società di amici che si riconoscono per le differenti qualità, e quindi si riconoscono per i doveri, i diritti e le responsabilità. Chi mira a cancellare il valore dell’alleanza tra diversi e pretende riconoscimenti per coppie che non hanno questa funzione, semplicemente aspira a una società di eguali. Potremmo tentare di trovare un nome a queste tendenza: totalitarismo libertario o opportunismo elettorale? Ma sarebbe una perdita di tempo». 

Che implicazioni ha la definizione di famiglia quale società naturale nell’ambito della regolamentazione delle unioni tra individui? In altre parole, può essere interpretata in maniera tale da ricomprendere anche le unioni tra persone dello stesso sesso?

«La rilevanza e funzione che la Costituzione italiana assegna alla “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” è fondata sull’alleanza tra individui differenti. Le “implicazioni” – che lei mi chiede – riguardano la disciplina. Non è immaginabile che la stessa rilevanza e funzione che la Costituzione assegna alla “famiglia” sia estesa dal Parlamento con una legge ordinaria alle unioni tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, è assai opportuno che queste ultime siano regolate dalla legge ordinaria. Liberissimi di avvalersene o di non avvalersene gli individui che formano queste altre coppie, così come sono liberissime di sposarsi o di non sposarsi le coppie che hanno diritto di farlo.

Una legge regolatrice di questi altri rapporti manifesterebbe al partner più debole che esiste una via per la sua tutela. Infatti, la disponibilità della “disciplina legale” di questi altri rapporti sarebbe assicurata dalla sua applicabilità anche alle situazioni di fatto, essendo questa la qualificazione corretta cui dovrebbe attenersi l’interprete nei conflitti che inesorabilmente possono generarsi.

Altro discorso è imporre regole uguali a situazioni diverse, come ho già detto prima. Non è costituzionalmente legittimo, ad esempio, che il diritto di accedere al servizio pubblico di procreazione medicalmente assistita, attribuito agli individui uniti da un patto visibile ai terzi qual è il matrimonio, sia esteso ai conviventi di sesso diverso. I conviventi tengono nascosto il patto che li unisce. Perciò non sono e non possono essere una “famiglia”. A maggior ragione non sarebbe costituzionalmente legittimo attribuire questo diritto a maggiorenni conviventi  dello stesso sesso.

 All’individuo nella massa gli organi di comunicazione non dicono che più di trenta disposizioni di legge parificano i conviventi (di sesso diverso o di sesso uguale) ai coniugi per risolvere conflitti concreti. Ognuna di esse ha la sua funzione. Non dicono che, invece, per quanto attiene ai rapporti tra coniugi, la proclamazione della libertà individuale di autodeterminazione sta creando una litigiosità giudiziale mai vista nei anni passati.

Non dicono cosa c’è davvero dietro le leggi che incantano l’individuo nella massa, quale la legge sull’affido condiviso o la comunione legale dei beni acquistati durante il ménage e dei beni che sono frutto di risparmi e di sacrifici. Non dicono cosa succede al bambino, quando la mamma ha voglia di restare nell’anonimato, anche se coniugata; quando è frutto di “orientamenti sessuali” praticati allegramente durante il matrimonio; quando è frutto di un incesto consapevole; quando è frutto di operazioni commerciali per la procreazione. Il mondo delle regole convive con altri fattori presenti nella realtà. Ciò non significa che si debba rinunciare alla funzione del diritto per compiacere un padrone o un elettorato.

I problemi ci sono comunque e generano malesseri. Si tratta di considerare, secondo ragione, come è meglio e più giusto risolverli per la società civile, non per la libertà individuale di autodeterminazione».

Molti Paesi europei hanno regolamentato la materia; alcuni ordinamenti contemplano i matrimoni di coppie dello stesso sesso, altri le unioni civili. Si può affermare che in tale materia l’Italia sia un passo indietro rispetto agli altri ordinamenti europei? O gli ordinamenti di queste nazioni sono solo il frutto della negazione del diritto naturale che invece in Italia sembra avere delle radici più profonde?

«Altri stati hanno costumi, usi, valori e leggi diverse dal nostro. In alcuni si pratica la lapidazione dell’adultera, in altri la clitoridectomia, in altri la pena di morte, in altri l’affitto dell’utero. Chi fa questo, ritiene di essere nel giusto. Vogliamo capire perché?»

In conclusione, nel libro “Etica religione e stato liberale” l’allora Cardinale Joseph Ratzinger sosteneva che « in concreto è compito della politica sottomettere il potere al criterio del diritto e in tal modo ordinare l’uso sensato. Non è il diritto del più forte a dover valere, ma la forza del diritto. Il potere entro l’ordine e al servizio del diritto è il polo opposto alla violenza, intesa come il potere privo di diritto e ad esso contrario. Di conseguenza, per ogni società è importante superare il sospetto sul diritto e i suoi ordinamenti, poiché solo così si può bandire l’arbitrio e vivere la libertà in quanto bene condiviso. Il sospetto nei confronti del diritto, la rivolta contro di esso sorgeranno sempre quando il diritto stesso non apparirà più come espressione di una giustizia che sia al servizio di tutti, ma come il prodotto di un arbitrio, di una pretesa di essere nel diritto solo perché si detiene il potere su di esso». Alla luce di tanto, quale deve essere il ruolo del diritto nell’ambito di questo rapporto con la politica e il potere?

Rispondo con due domande, perché non so cosa il diritto “deve”. Mi occupo del diritto che c’è, non del diritto che ci sarà o che ci dovrebbe essere. La prima domanda è questa: quale “deve” essere la sorte di un bambino bianco che nasce durante il matrimonio di una coppia di negri, quale “deve” essere il destino di un  bambino negro che nasce durante il matrimonio di una coppia di bianchi? Provi lei a rispondere o a sollecitare una risposta. Tenga conto che incantarsi sui progressi della scienza non serve, perché in questi casi la prova del sangue è superflua (la “verità biologica” è semplicemente ignorata dal musical Mammamia, costruito con successo sulla verità sociale).

La seconda domanda è questa: l’immigrato esercita il suo sacrosanto diritto di ricongiungersi alla “sua” famiglia. In un caso ha due mogli, in un altro è un partner dello stesso sesso, magari soltanto convivente. Provi a chiedere in giro se qualcuno ritiene che questi due casi diano luogo alle stesse questioni “di diritto”. Se dice di sì, abbia paura di lui: in nome della libertà individuale di autodeterminazione è pronto a cancellare col “diritto” l’identità e la dignità di chi osserva il Corano e, con lo stesso pretesto, mira ad imporre agli altri di consacrare i suoi “orientamenti” e le sue voglie.