Art. 41: se la Costituzione è un tappo per la crescita bisogna cambiarla

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Art. 41: se la Costituzione è un tappo per la crescita bisogna cambiarla

08 Febbraio 2011

Secondo una tesi che Emma Marcegaglia ha ripetuto la modifica dell’articolo 41 della Costituzione è solo un “manifesto utile”. Così essa, con prudenza, si stacca un poco, ma non troppo, dalla tesi per cui si tratta di una riforma inutile, che Luigi Bersani espresse quando l’argomento fu messo all’ordine del giorno, dalla proposta del Ministro Tremonti di modificarlo, fatta lo scorso anno. Essa, a quanto risulta, all’epoca consisteva nella abrogazione del terzo comma, per affermare che tutto ciò che non è espressamente vietato è libero.    

L’articolo 41 è stato steso in modo ambiguo, per un compromesso fra i padri costituenti. Il primo comma sostiene che “l’iniziativa economica privata è libera”. Ma nel secondo comma, nebulosamente afferma che essa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. L’utilità sociale può essere interpretata in molti modi. A sua volta, il terzo comma, sulla base del secondo stabilisce che “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Questo terzo comma distorce il primo perché stabilisce che l’iniziativa economica privata va indirizzata ai fini sociali, mediante programmi e controlli. Ma il dirigismo che emana da questa norma, nella sua tortuosa ambiguità e contraddittorietà, ha subìto una forte limitazione con la firma del Trattato di Roma, riguardante il Mercato comune, che afferma il principio della non distorsione della concorrenza, almeno con riguardo a tutto ciò che concerne gli scambi fra gli stati membri e il diritto di impresa e investimento in tutto il territorio dei paesi membri, da parte dei soggetti di tutti gli stati.

L’Atto Unico approvato con il vertice di Milano del 1984 e poi il Trattato di Maastricht hanno rafforzato i criteri di libera iniziativa e di mercato di concorrenza. Le norme europee in rapporto all’articolo 41 della nostra Costituzione hanno accentuato la rilevanza del primo comma e ridotto la portata del secondo e del terzo. Si tratta, dunque, non di modificare l’articolo 41, ma di chiarirlo nel nuovo quadro europeo. Nel nuovo testo sarà scritto che tutto ciò che non è espressamente vietato è libero e che gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli enti locali si ispirano al principio del controllo ex post. Dato questo mutamento, il termine manifesto è inadeguato e riduttivo.

Le norme costituzionali si prestano a interpretazioni diverse, e hanno diversi esiti tramite le leggi di attuazione costituzionale e la legislazione ordinaria, operano, pertanto, nel medio e lungo termine. Ma non sono “manifesti” come crede chi disprezza il diritto, salvo bene inteso quello del codice penale, interpretato faziosamente. Ma rimaniamo, per un momento, alla tesi del manifesto, cioè del documento politico programmatico . Può essere visto con la ‘m’ minuscola o con la ‘M’ maiuscola. Emma Marcegaglia non so che cosa abbia in testa. Comunque, se l’articolo 41 consistesse dei soli due primi commi più il principio che tutto ciò che non è vietato è libero, senza il principio dei controlli ex post, sarebbe comunque un manifesto con la M maiuscola. Infatti, come spiegherò fra un attimo, attualmente in Italia, a livello costituzionale vale il principio opposto. Ma proprio per questo, non si tratterebbe solo di un Manifesto. 

La sua modifica sarebbe dal punto di vista della interpretazione generale del diritto una svolta storica che si inserisce nell’indirizzo più generale per cui le politiche economiche, quelle fiscali, quelle sociali, quelle del lavoro , quelle dell’istruzione e della ricerca vanno impostate in modo da valorizzare le scelte libere, l’efficienza e il merito. Ciò dovrebbe portare anche a modificare l’articolo 97 che riguarda la pubblica amministrazione, costituzionalizzando i principi che il Ministro Brunetta ha introdotto. I nostri giuristi, come ho già più volte scritto, hanno bisogno di questo nuovo testo, per modificare la loro impostazione, che tiene pochissimo conto delle regole generali del Trattato di Maastricht e sono focalizzate sul dirigismo (per altro nebuloso) del terzo comma di questo articolo. Perciò non  si tratterebbe solo  di un manifesto con la M maiuscola e di qualcosa di più, in quanto servirebbe oltreché come faro della politica, anche come elemento di interpretazione delle norme vigenti e come barriera eventuale alle nuove con esso contrastanti, mediante impugnazioni di incostituzionalità per la loro inammissibilità di fronte al nuovo comma 3.

Le impugnazioni alla Corte costituzionale delle violazioni delle regole del Trattato europeo non sono possibili, quelle sulla base del nuovo articolo 41 lo sarebbero. Ciò posto e chiarito occorrere aggiungere che il governo pensa ora anche alla conseguenza dell’articolo 41, nella nuova versione, con riguardo al nuovo 118 della Costituzione riguardante la riforma federalista, nella versione vigente, di natura dirigista, che è quella del testo Prodi, in quanto il testo Bossi fu abrogato con referendum voluto dalla sinistra per rimettere in vita il dirigismo insano di questa normativa che sta bloccano le opere pubbliche, le infrastrutture di trasporto, gli investimenti energetici e il piano caso e l’intero programma per il Mezzogiorno di Italia. Infatti il nuovo  articolo 117 attualmente vigente dopo avere fatto un enorme elenco di campi di funzioni legislative concorrenti fra lo Stato e le Regioni senza indicare i limiti ai poteri di intervento in tali materie, aggiunge che tutto ciò che non è attribuito espressamente allo Stato o alla legislazione concorrente spetta comunque alle Regioni che, quindi, possono limitare le libertà individuali e imprenditoriali in tutti i modi .

“Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.Il corsivo indica quale mostro si sia, in questo modo, creato e perché ci sia un profluvio di leggi regionali e di conseguenti atti amministrativi regionali, provinciali e comunali che bloccano ogni tentativo statale di liberalizzazione.

L’articolo 118 stabilisce, nel suo ultimo comma, come norma di chiusura, che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Secondo i costituzionalisti che lavorano alla riforma dell’articolo 41, in conseguenza di questo, sarebbe necessario modificare anche questo comma del 118 sostituendo la parola “favoriscono” con il termine “garantiscono” e aggiungendo il principio dell’auto certificazione. Ciò porrebbe un limite alla mostruosa norma per cui le Regioni hanno competenza per legiferare in ogni ambito non espressamente previsto dalla Costituzione. Così il principio per cui ciò che non è espressamente vietato è libero, di cui al nuovo articolo 41 verrebbe affermato in modo chiaro anche per gli interventi delle leggi e degli atti amministrativi regionali. Il governo, contestualmente a questa modifica, rilancia le grandi opere, il piano casa, gli interventi per il Mezzogiorno, sulla base di principi di deregolamentazione e liberalizzazione.

Certamente sorgeranno nuovi ostacoli, perché il dirigismo è endemico alla cultura economica italiana, arriva anche alla Confindustria che, sino ad ora, non è riuscita a farsi promotrice della liberalizzazione del mercato del lavoro e non si è resa conto che la sua linea sta scoraggiando gli investimenti esteri e sospingendo la Fiat spa verso lo spostamento della sede centrale in un’area ove vi sia un regime giuridico che corrisponde al nuovo articolo 41.

Nel nostro paese ci sono solo due libertà garantite, quella di scarcerazione dei facinorosi che picchiano i poliziotti e quella dei mezzi pubblici di sciopero. La modifica dell’articolo 41 assieme al 118 è un preliminare costituzionale di più vaste modifiche. Ma è anche un Manifesto necessario per invitare le multinazionali estere a investire in Italia e le imprese italiane a non cercare all’estero quella libertà da interferenze che vanno cercando e che non trovano in Italia.