Aspettando “Sunset Limited” di McCarthy per capire il senso della vita

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Aspettando “Sunset Limited” di McCarthy per capire il senso della vita

23 Gennaio 2011

Qualche anno fa grazie ad uno dei più riusciti lungometraggi dei fratelli Cohen, Non è un paese per vecchi, è stato rivelato al grande pubblico, anche italiano, il genio di Cormac McCarthy, autore del romanzo da cui è stato tratto il film. McCarthy, nato nel 1933, è probabilmente uno dei più grandi scrittori americani (e non solo) viventi. L’incisività dello stile, la vividezza delle immagini e la scelta dei temi estremi permettono di inserire le sue opere in quello che Harold Bloom ha definito il “canone occidentale”; qualcosa che resterà, qualcosa di altamente significativo per la nostra cultura.

Certa è anche la parentela artistica con illustri connazionali come William Faulkner e Flannery O’Connor, figli del Sud degli States come lui, cresciuto nel Tennessee e ora residente a El Paso nel Texas. Parentela evidente nel modo in cui fa uso della violenza come irruzione di realtà e carnalità e per il costante  sfondo metafisico. Quello delle questioni ultime che riguardano vita e morte, bene e male. Recentemente John Hillcoat ha trasformato in film un altro romanzo, La strada. Ma molti estimatori di McCarthy sono rimasti delusi dalla trasposizione, in effetti non pienamente riuscita. Forse non per colpa di regista e sceneggiatori: nonostante la sua scrittura sia molto cinematografica, era arduo rendere visibile il mondo agghiacciante descritto nel romanzo.

La storia, di per sé, era molto semplice: padre e figlio bambino in fuga verso una vaga speranza di sopravvivenza in un mondo devastato da non precisata catastrofe apocalittica. Braccati per giunta da feroci tribù di esseri umani regrediti allo stadio del cannibalismo a causa della totale scomparsa di cibo animale e vegetale. Un’indelebile lezione sul libero arbitrio, un libro così sconvolgente e commovente che pochi dichiarano di volerlo leggere una seconda volta. È comunque incoraggiante sapere che presto gli appassionati dell’autore di Meridiano di sangue e di Suttree potranno vedere un altro film tratto da una sua opera.

Stavolta si tratta di Sunset Limited, il breve “romanzo in forma drammatica” del 2006 (in Italia pubblicato due anni dopo da Einaudi), un altro dei suoi capolavori. Si tratta di un dialogo, di una rappresentazione drammatica con due personaggi, in una stanza e in un tempo ben definito (McCarthy in questo caso rispetta perfettamente le unità di tempo, luogo e azione raccomandate da Aristotele). Due uomini di mezz’età, uno nero e l’altro bianco. Seduti ad un tavolo con sopra una bibbia e un quotidiano.

Il Bianco è un professore universitario ormai sprofondato nel nichilismo filosofico ed esistenziale, il nero un proletario con passato da alcolista e una storia di carceri e violenze che ha però scoperto la fede in Gesù Cristo. Il Nero è stato redento e vuole redimere; infatti ha appena impedito il suicidio del professore che voleva farsi travolgere dal Sunset Limited, il treno superveloce che attraversa il Sud degli Usa da New York all’estremo Ovest, la terra appunto del tramonto (“sunset”). Così il Bianco, salvato suo malgrado e trasportato nel piccolo appartamento del Nero, ingaggia un duello sul senso della vita contro il suo salvatore. La questione è: ha senso vivere? E più in profondità: esiste Dio?

La salda fede del Nero e il baratro pessimistico del Bianco combattono per poco più di cento pagine. La posta in gioco è l’esistenza del professore, intenzionato a ritentare il suicidio. Ma forse anche quella del Nero, che vede messa a dura prova la sua missione salvatrice. Già questi pochi elementi bastano a McCarthy per incatenare il lettore al testo. Ha dimostrato di non aver bisogno di grandi spazi (come nei romanzi citati o nella trilogia western composta da Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura). Gli bastano un monolocale newyorchese e gli abissi dello spirito.

Dunque la buona notizia è che Sunset Limited è diventato un film per la tv. Il canale via cavo della Time Warner, l’Home Box Office (meglio conosciuto come HBO) lo trasmetterà a febbraio e dietro l’operazione ci sono nomi che meritano fiducia. Tommy Lee Jones (che ricordiamo in Jfk e Natural born killers di Oliver Stone e nei due Men in black) ha firmato la regia e interpretato il ruolo del Bianco. Il Nero è invece Samuel L. Jackson, universalmente noto come il gangster in Pulp fiction di Quentin Tarantino: quello che prima di ammazzare sputando fuoco dalla sua pistola recitava un versetto dal libro di Ezechiele.

Tommy Lee Jones, intervistato dal Los Angeles Times, ha dichiarato che la cosa che più lo ha colpito è l’affinità tecnica e tematica con i dialoghi Platonici. Jackson ha tirato in ballo la sua eredità spirituale africana, diversa nell’espressione ma uguale nella sostanza da quella celtica e sassone del compagno d’avventure. Il Nero prega ogni giorno, il Bianco non mette più piede in chiesa da molto tempo.   
I presupposti per qualcosa di rimarchevole ci sono tutti.