Baby gang, se vogliamo recuperare questi ragazzi dobbiamo imparare a punirli
16 Gennaio 2018
“Le violenze esercitate nelle nostre città da baby gang su altri minorenni si susseguono (ma chissà quante volte casi simili non sono nemmeno arrivati alla stampa) e mettono angoscia. Adesso tutti si accorgono del problema, ma da anni i cattolici parlano di emergenza educativa senza esito”. Così scrive in un post su Fb Eugenia Roccella, deputato di Idea-Popolo e Libertà.
“Le cose da fare sono molte – argomenta – perché la situazione va affrontata da più lati, dalla proliferazione di modelli violenti nelle fiction o nei videogiochi, fino all’eccessiva protezione e indulgenza familiare di cui ormai godono i nostri figli (troppo spesso unici), ma credo che la cosa più grave sia la mancanza di una distinzione netta, semplice, chiara, tra ciò che è bene e ciò che è male. Tanti ragazzi sono ormai incapaci di orientarsi, di maturare un giudizio etico, convinti che ogni desiderio sia un diritto e che il confine tra giusto e sbagliato sia relativo.
ll metro sociale per la maturità morale è, necessariamente, la punibilità della cattiva azione: se non sei punito, se la fai franca, sei indotto a pensare che il tuo comportamento sia legittimo. Ma nel mondo del politicamente corretto, dove se dici una parola sbagliata sei sommerso da una condanna sociale pesantissima (dalla gogna mediatica fino alla perdita del lavoro), la violenza non è sottoposta a una censura sociale assoluta, o perlomeno non tutti gli atti di violenza lo sono.
Se vogliamo salvare, recuperare questi ragazzi – conclude – dobbiamo imparare a punirli. Essere lassisti o indulgenti vuol dire rinunciare alla responsabilità educativa, rinunciare a farne, come diceva Sciascia, degli uomini umani”.