Bagnasco: “La Chiesa è amica anche se dice come la pensa”

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Bagnasco: “La Chiesa è amica anche se dice come la pensa”

21 Settembre 2009

"La Chiesa è in questo Paese una presenza costantemente leale e costruttiva che non può essere coartata né intimidita solo perché compie il proprio dovere […] Peraltro, anche quando annuncia verità scomode la Chiesa resta con chiunque amica. Essa infatti non ha avversari, ma davanti a sé ha solo persone a cui parla in verità, dunque mai con parole che possano essere scambiate o accomunate a quelle legittimamente in nome della politica o del costume". La chiude così la polemica sul caso Boffo e sulle critiche espresse dal giornale  dei vescovi contro Berlusconi, il presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco, che oggi ha tenuto il suo discorso d’apertura del consiglio permanente della Cei. Pace sembrerebbe fatta tra la Chiesa cattolica e il centrodestra, anche se poi i temi in agenda sono troppi e troppo cari al Vaticano per non continuare a dire la propria ogni volta che è necessario. Ru486, immigrazione, fine vita, ora di religione e questione antropologica sono solo alcuni dei temi che Bagnasco ha voluto ricordare di fronte al "parlamentino episcopale" che si riunisce da oggi a giovedì a Roma. E al fondo delle considerazioni del Presidente della Cei due richiami: alla responsabilità dei sacerdoti ma anche di chi fa politica e a quei principi etici che devono continuamente ispirare le ragioni della politica e della finanza.

Caso Boffo. Nel rivendicare il diritto di affermare anche "verità scomode", il porporato ha precisato che la Chiesa "non ha avversari" e "resta con chiunque amica", né i vescovi pretendono di fare "i padroni". Il porporato ha definito la vicenda di Boffo "un passaggio amaro che, in quanto ingiustamente diretto ad una persona impegnata a dar voce pubblica alla nostra comunità, ha finito per colpire un po’ tutti noi". Bagnasco ha quindi affermato che "la telefonata che il Santo Padre ha avuto la bontà di farmi, per raccogliere notizie e valutazioni sulla situazione contingente, e le parole di grande benevolenza che egli ha riservato al nostro impegno ci hanno non poco confortato".

Appello alla sobrietà. Per Bagnasco, l’attacco a Boffo è "il segno di un allarmante degrado di quel buon vivere civile che tanto desideriamo e a cui tutti dobbiamo tendere". Da qui è giunto un appello alla sobrietà della classe politica: "Chiunque accetta di assumere un mandato politico sia consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda all’art. 54 della Costituzione". "Come Vescovi di questo amato Paese – ha aggiunto il cardinale – sottolineiamo anche noi con il Papa l’importanza dei valori etici e morali nella politica ad ogni livello". Dall’altra – ha continuato il card. Bagnasco in un altro punto della sua relazione – "bisognerà rilevare che la socialità, e dunque l’etica, non potranno più essere, nella mentalità dei credenti, lasciate in seconda fila rispetto alla politica o all’economia quali optional marginali, ma devono essere coestese all’intera attività umana, anche a quella più arditamente complessa". Quindi, l’arcivescovo di Genova ha invitato a "singoli, gruppi e istituzioni" a far tesoro dell’esperienza con una capacità di autocritica "in grado di superare un clima di tensione diffusa e di contrapposizione permanente che fa solo male alla società". "È urgente e necessario – ha detto ancora Bagnasco – per tutti e per ciascuno guadagnare in serenità. Questo oggi il Paese domanda con più insistenza".

Bagnasco ha poi descritto la situazione italiana come attraversata da "un malessere tanto tenace quanto misterioso, che non la fa essere talora una nazione serena e del tutto pacificata al proprio interno, perchè attraversata da contrapposizioni radicali e da risentimenti". "Questa stessa Italia nostra patria, ha aggiunto il porporato, chiede a tutti e a ciascuno un supplemento di amore, un amore fiducioso anche nel coinvolgimento degli altri, un amore capace – nel discernimento sapiente – di inglobare pure le ragioni diverse dalle proprie, rinunciando innanzitutto alla polemica pur di raggiungere un consenso sulla verità più generale".

Il presidente dei vescovi italiani ha poi ribadito l’esortazione ai giovani cattolici di dedicarsi alla "politica vera e propria nelle sue diverse articolazioni". È – ha spiegato Bagnasco – un campo di missione irrinunciabile e specifico". Si tratta del motivo per il quale la Chiesa non cessa di raccomandare ai giovani e all’intero laicato la strada non solo del volontariato civile, ma anche della politica". Il criterio fondamentale per una onesta valutazione dell’agire politico è dunque la capacità di individuare le obiettive esigenze delle persone e delle comunità, di analizzarle e di corrispondervi con la gradualità e nei tempi compatibili. "È, in altre parole, il criterio della reale efficacia di ogni azione politica rispetto ai problemi concreti del Paese", ha continuato il rappresentante della Cei.

Strage a Kabul. Il Cardinale Angelo Bagnasco, che è anche l’ex Ordinario militare del nostro Paese, non ha mancato di ricordare nel corso della prolusione con la quale questo pomeriggio ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente, i sei militari italiani caduti in Afghanistan sottolineando come il lutto per questi giovani, provenienti quasi tutti dal Sud, abbia unito il Paese.

"Vogliamo da subito esprimere il nostro profondissimo cordoglio – ha detto il cardinale – per i sei soldati italiani caduti in Afghanistan, vittime di un attentatore suicida. Altri quattro soldati sono risultati gravemente feriti. Oltre a questi, com’è noto, sono morti una decina di civili afgani e una cinquantina sono rimasti a loro volta feriti". "Non è esagerato parlare di strage – ha osservato l’arcivescovo di Genova – tanto più assurda se si pensa ai compiti assolti dalla forza internazionale che opera in quel Paese e allo stile da tutti apprezzato con cui si muove in particolare il contingente italiano. Non è un caso che questo lutto, com’era successo per la strage di Nassiriya, abbia toccato il cuore dei nostri connazionali, commossi dalla testimonianza di altruismo e di dedizione di questi giovani quasi tutti figli delle generose terre del nostro Sud". "E per questo il nostro popolo – ha aggiunto – si è stretto alle famiglie dei colpiti con una partecipazione corale al loro immane dolore. Anche noi ci uniamo ai sentimenti prontamente espressi dal Santo Padre, e preghiamo il Signore perché conceda il premio eterno a questi fratelli defunti, la pronta guarigione ai colpiti, forza e consolazione ai parenti".

Biotestamento. Il lavoro compiuto al Senato sulla legge sul biotestamento "è prezioso perché dice la volontà di assicurare l’indispensabile nutrimento vitale a chiunque, quale che sia la condizione di consapevolezza soggettiva", ha affermato il presidente dei vescovi italiani card. Angelo Bagnasco e la Cei auspica che la Camera non si lasci "fuorviare da pronunciamenti discutibili".

Accennando al tema del "fine vita", il cardinale ha parlato di "un pronunciamento quanto meno ambiguo" giunto negli ultimi giorni, cioè il giudizio espresso la scorsa settimana dal Tar del Lazio sulla direttiva Sacconi. Il Tribunale, pur essendosi pronunciato contro una legge che limiti la volontà del malato, cosciente o incosciente, non ha però accolto il ricorso del Movimento difesa dei Cittadini in questo senso, ma lo ha respinto per difetto di giurisdizione. Dunque, la direttiva di Sacconi che stabilisce l’impossibilità di sospendere idratazione e alimentazione in strutture ospedaliere non ha perso la sua efficacia. "Attendiamo una legge – ha affermato Bagnasco – che possa scongiurare nel nostro Paese altre situazioni tragiche come quella di Eluana". "Nel rispetto delle prerogative del Parlamento – ha aggiunto – ci limitiamo ad auspicare che un provvedimento, il migliore possibile, possa essere quanto prima varato a protezione e garanzia di una categoria di soggetti tra i più deboli della nostra società, senza lasciarsi fuorviare da pronunciamenti discutibili".

Aborto. Il cardinale Angelo Bagnasco è tornato poi a criticare l’introduzione della pillola Ru486 e ha appoggiato la proposta di un dibattito parlamentare sul farmaco. "Sulla pillola Ru486, su cui è stata assunta una decisione controversa, sottovalutando probabilmente, e a giudizio di molti, le notizie circa i casi avversi, noi abbiamo detto – ha rilevato il presidente dei vescovi italiani – già in più occasioni quello che era doveroso dire. Ossia che è una decisione solo apparentemente rispettosa della libertà, in quanto annulla i diritti di una delle parti in causa, la più indifesa, cioè della vita appena affiorata ma già reale".

"E anche nei confronti della donna – ha precisato Bagnasco – il principio di precauzione poteva e doveva suggerire altre cautele. Lo stesso vincolo ad un ricorso al farmaco solamente tramite ricovero ospedaliero, al di là delle obiezioni che esso incontra e a misure sempre meno rigorose che la prassi in simili casi finisce per incoraggiare, nei fatti non determina quell’allerta adeguato che la natura del farmaco imporrebbe. Su tutto ci pare che emerga il rischio di una ulteriore banalizzazione del valore della vita, con l’incremento di una mentalità secondo cui l’aborto stesso finisce per essere considerato un anticoncezionale". "Che è esattamente ciò – ha proseguito – che la controversa legge 194 nella sua prima parte esclude. Si è ora in attesa delle delibere tecniche che dovrebbero essere emesse a breve, e soprattutto si è in attesa di quel dibattito parlamentare che potrà consentire di arrivare ad una maggiore verità sul farmaco stesso, e su ciò che ha già obiettivamente causato anche in varie altre nazioni".

Rapporto Chiesa-Stato italiano. Contro il Concordato di tanto in tanto si riversano le critiche velleitarie di parte dell’opinione pubblica, la Chiesa in Italia vuole invece collaborare per la costruzione del bene comune e in questa prospettiva rimane aperta al confronto con tutte le posizioni culturali per trovare, laddove possibile, convergenze e sintonie. È quanto ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco durante il suo intervento d’apertura dei lavori del Consiglio episcopale permanente.

"È sullo stesso strumento concordatario che di tanto in tanto – ha detto il Presidente dei vescovi italiani – si riversano riserve e velleitarismi anche da settori insospettabili dell’opinione pubblica. Trascorsi ormai venticinque anni dalla felice riforma che ha riguardato il Concordato in vigore nel nostro Paese, risulta ulteriormente confermata l’importanza e l’attualità di quel grande accordo di libertà che accomuna Stato e Chiesa non solo nel riconoscimento della reciproca autonomia, ma anche nell’impegno condiviso di collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese". "Ci rafforziamo dunque – ha aggiunto – in questa convinzione: se restiamo costantemente aperti al confronto con tutte le posizioni culturali, la nostra Chiesa potrà uscirne migliorata, senza tuttavia trovarsi per ciò stesso condizionata negli orientamenti e nelle scelte da operare".

"La nostra comunità ecclesiale – ha spiegato ancora Bagnasco – ha davanti a sé infatti una stagione fervida di incontri e impegni annunciati nel segno della sinergia intellettuale rispetto a sensibilità diverse dalla propria, e ciò non per un eclettismo fine a se stesso, ma perchè approfondendo continuamente la nostra identità, e mai rinunciando ad essa, non possiamo non avvertire il vincolo che ci lega all’autentica ricerca condotta da tante persone nei vari campi dell’attività umana". "In altri termini – ha osservato il Presidente della Cei – la Chiesa pellegrina in Italia non indietreggia, e mai rinuncerà – secondo la sua tradizione – ad un atteggiamento di apertura virtuosa collaudato negli anni, e spera che altri si affaccino o continuino ad affacciarsi nell’agorà pubblica con onestà e passione, amore disinteressato per le sorti comuni, autentica curiosità intellettuale, in vista – se ci saranno – di alcune convergenti sintonie".

Immigrazione. Il presidente della Cei ha quindi toccato il tema dell’immigrazione in Italia: "Le esigenze di legalità e sicurezza dei cittadini – ha detto il cardinale Bagnasco – non possono essere disgiunte dalla garanzia dei diritti umani riconosciuti nell’ordinamento nazionale e internazionale agli immigrati, né possono portare a trascurare stati di necessità e doveri da sempre radicati nel cuore della nostra gente".

Premesso che quello dell’immigrazione è un "fenomeno sociale di natura epocale" da inquadrare in una "lungimirante politica di cooperazione internazionale", Bagnasco ha ricordato le recenti "disposizioni in materia di sicurezza pubblica" varate in Italia, "sulle quali in verità – ha detto – non sono mancate da parte cattolica riserve variamente espresse". "L’esclusione dal circuito della legalità può dar luogo infatti – ha spiegato – a non previste situazioni di ulteriore auto-emarginazione delle persone, indotte per la paura a nascondersi e a ritirarsi definitivamente dalla fruizione di servizi essenziali che le strutture pubbliche fino a ieri garantivano a tutti". "In altre parole – ha aggiunto – i problemi che si tenta di risolvere per una certa via fatalmente ritornano, riproponendo l’esigenza di dispositivi meglio calibrati, come opportunamente è stato fatto per le badanti". Bagnasco ha definito illuminante l’insegnamento dell’enciclica papale ‘Caritas in veritate’ quando dice: "Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione".

"A più riprese l’Italia – ha quindi sottolineato il porporato – ha cercato negli ultimi lustri delle risposte alle questioni provenienti dai flussi migratori, e ultimamente ciò è accaduto con il varo delle disposizioni in materia di sicurezza pubblica, sulle quali in verità non sono mancate da parte cattolica riserve variamente espresse. Ora, tenuto saldo il criterio esposto nella Caritas in veritate, secondo cui ‘la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende minimamente di intromettersi nella politica degli Stati’, bisogna osservare che vi è la necessità di soluzioni in grado di contemperare esigenze diverse ma, a guardare bene, non antitetiche. Il rispetto della legalità e della sicurezza dei cittadini non può essere disgiunto dalla garanzia dei diritti umani riconosciuti nell’ordinamento nazionale e internazionale, né può portare a trascurare stati di necessità e doveri da sempre radicati nel cuore della nostra gente". "L’esclusione dal circuito della legalità – ha poi spiegato – può dar luogo infatti a non previste situazioni di ulteriore auto-emarginazione delle persone, indotte per la paura a nascondersi e a ritirarsi definitivamente dalla fruizione di servizi essenziali che le strutture pubbliche fino a ieri garantivano a tutti".

Scuola. La vera discriminazione era quella che si affermava con la sentenza del Tar del Lazio di questa estate che impediva all’insegnamento di religione di produrre crediti nel percorso formativo degli studenti, quindi bene ha fatto il ministro della Pubblica Istruzione a fare ricorso al Consiglio di Stato. Così, ha parlato il cardinale Angelo Bagnasco aprendo questo pomeriggio i lavori del Consiglio episcopale permanente e toccando il tema dell’istruzione. "Questa estate – ha ricordato l’arcivescovo di Genova – il Tar del Lazio accoglieva il ricorso presentato da un variegato cartello di associazioni laiciste ed esponenti di altre confessioni religiose non cattoliche, con il quale si chiedeva che l’insegnamento di religione non produca crediti aggiuntivi nella valutazione scolastica di quel 91 per cento degli studenti che liberamente scelgono di avvalersi di tale insegnamento. Le motivazioni di questa iniziativa appaiono speciose, perchè in nome di una supposta non discriminazione, di fatto si finisce – e come – per discriminare la stragrande maggioranza degli studenti". "Opportunamente – ha aggiunto il Presidente della Cei – il Ministero della Pubblica Istruzione ha già avanzato ricorso al Consiglio di Stato, ribadendo con altro suo atto la validità della presenza dell’insegnamento di religione nel curriculum scolastico".

"Occorre dire – ha detto ancora il cardinale – che la sentenza ha suscitato immediatamente una vivace reazione che ha visto tra i protagonisti la nostra Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università e gli stessi insegnanti di religione". "Soprattutto da loro – si legge nella relazione di Bagnasco – è venuta un’importante segnalazione: questa reiterata offensiva, su un punto apparentemente limitato della normativa in atto già passata al vaglio di altre sentenze, può fuorviare dal nocciolo della vera questione, depotenziando l’aspetto motivazionale legato all’interesse per la conoscenza del fenomeno religioso. Occorre osservare che la posizione italiana sull’argomento è in sintonia con i più avanzati sistemi scolastici nazionali".

Quindi il richiamo a quanto ha detto in proposito lo stesso Vaticano: "Fa testo la Lettera diffusa nel maggio scorso dalla Congregazione vaticana per l’Educazione cattolica, e della quale l’opinione pubblica ha avuto notizia nelle settimane scorse. Vi si legge, tra l’altro: ‘La specificità di quest’insegnamento non fa venir meno la sua natura propria di disciplina scolastica, con la stessa esigenza di sistematicità e rigore delle altre discipline’. Non richiede cioè l’adesione di fede, ma assicura una riflessione argomentata sulle grandi domande di senso e sulla religione cattolica che offre i codici indispensabili per decodificare i segni della storia, dell’identità, dell’arte e della musica dell’Occidente, ma non solo. Per cui parlare in modo sbrigativo di catechismo di Stato finisce per far incespicare quell’indispensabile e prezioso dialogo interculturale, per altri versi e in altri contesti auspicato".

Crisi economica. L’attuale grave crisi economica ha impoverito il Paese che pure ha retto l’urto del collasso finanziario mondiale con grande dignità grazie in particolare ai sacrifici compiuti dalle fasce meno abbienti della popolazione. In questa prospettiva compito fondamentale della politica resta quello della giustizia. È quanto ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco. "Una parola vorremmo dire sul nostro Paese – ha affermato il cardinale – su questa Italia che con grande dignità ha saputo fino ad oggi affrontare una crisi economica che l’ha complessivamente impoverita, chiedendo sacrifici pesanti a tutti, e soprattutto ai meno abbienti". "In quest’ottica – ha quindi rilevato Bagnasco – non vi è dubbio che compito essenziale della politica è la giustizia, e quindi la promozione del bene comune, ossia del bene di quel ‘noi tutti’, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale".

Unità d’Italia. Il prossimo anniversario per i 150 anni dell’unità d’Italia deve servire a coltivare la cultura dell’incontro dello stare insieme, deve alimentare visioni grandi per "nutrire gli spiriti"; e su questa strada l’Italia potrà contare sulla Chiesa. Così cardinale Angelo Bagnasco ha dedicato il paragrafo conclusivo del suo discorso alle celebrazioni per l’anniversario dell’Unità d’Italia. "I Vescovi – ha detto il porporato – si schierano senza esitazione in vista delle prossime celebrazioni per i 150 anni dell’unità nazionale".

Nel suo discorso, il presidente della Cei ha quindi sottolineato come l’Italia abbia una "naturale vocazione unitaria" arricchita da città e territori che oggi vive una nuova dimensione da una parte dentro la costruzione europea e dall’altra aprendosi a processi di cittadinanza sempre più ampi.  "Storici ed esperti vari – ha aggiunto – hanno discusso negli ultimi mesi sul carattere dei festeggiamenti e sulle opere da lasciare a ricordo. Noi pensiamo che ci sia qualcosa di importante da far succedere nelle coscienze, il riflettere cioè sulla base secolare del nostro essere, alla radice, italiani, segnati da confini così caratteristici che è impossibile guardare sulla carta geografica l’Italia e non pensare ad una sua naturale vocazione unitaria". "Certo, la storia e il costume – ha aggiunto – ci hanno insegnato ad apprezzare le articolazioni, i diversi territori, le città, ma tutto questo ormai in un invincibile processo di coesione per valorizzare le appartenenze confluenti nell’unità della nazione, a sua volta inserita in processi di cittadinanza sempre più ampi".

"Servono visioni grandi – ha detto il cardinale – non per fare della retorica, ma per nutrire gli spiriti e seminare nuovo, vitale ottimismo. Ha ragione chi dice che l’anniversario deve alimentare la cultura dello stare insieme, di questo c’è oggi bisogno, abbassare le difese e gettarci maggiormente nell’incontro con gli altri. In questo, le nostre comunità cristiane distribuite a reticolo continueranno a fare la loro parte. L’Italia sa che può contare sempre sulla Chiesa, sulle sue risorse e sulla sua leale dedizione, sul suo spirito di sacrificio e la sua volontà di dono", ha concluso il presidente della Cei.