Basta entrare in una casa G23 per avere un’idea diversa di “famiglia”
09 Gennaio 2011
Non so se avete di frequente dei tuffi al cuore: provate ad entrare in una casa G23. Provate ad entrare dieci minuti e capirete come il mondo che conosciamo non esiste più, che dove pensavamo fosse il polo nord c’è il solleone e viceversa, perché improvvisamente capiamo che quello che ci sembrava importante è una cretinata e quello che sembrava “scarto” è il centro del mondo.
La casa G23 è una cosiddetta “casa-famiglia”, ma non è la solita dimora fatta dal comune per persone in attesa di sistemazione. E’ una famiglia. Stop. Ci sono due coniugi e i figli che sono usciti dalle loro viscere. I loro figli naturali. Solo che insieme a loro, confusi con loro, ci sono 3-4-5 altre persone che loro chiamano con disarmante candore loro figli. E sono davvero convinti che lo sono. Sono 3-4-5 persone con malattie gravissime, con ritardo mentale e perdita di autonomia, con psicosi, con handicap perenni e devastanti talora. Gente che sbava, che si urina addosso. E sono loro figli. Sono una famiglia allargata, e loro non sono degli “assistenti sociali”. Ripeto: sono una famiglia; e ci obbligano a ripensare a cosa è la nostra idea di famiglia, e di vita, ristretta su una folle idea di perfezione, che entra in crisi per un mal di testa, per una bocciatura.
E ce ne sono tante di case-famiglia G23, che vivono anche di aiuti pubblici, che usufruiscono della raccolta della Colletta Alimentare. E che sono, come altre realtà, il vero sale del mondo. Solo che non le conosce nessuno. Perché in TV non fa “chic” mostrare come normali delle persone malandate, e genera “troppi sensi di colpa” mostrare l’eroismo quotidiano non del calciatore che dà quattro soldi per fare carità con tanto di foto sui giornali, ma quello della gente comune. Come Franca e la sua famiglia. Venni ospitato da loro una sera dopo una conferenza a Rimini, e la prima cosa che mi domandavo era se fossero normali, come potessero vivere con tanta disabilità e differenza in casa, soprattutto senza “violentare moralmente” i loro “figli naturali”.
Già, perché magari questa dei membri della G23 può essere una scelta di quattro esaltati, ma i loro figli “normali”… perché ne devono pagare le conseguenze? Cenammo insieme e questa domanda mi rigirava per la testa. Adulti, figli naturali e figli extra. “Condannare dei ragazzi a vivere con tanto dolore, pensavo, significa condannarli all’ emarginazione”. Ma suonarono alla porta di questa grossa casa rurale, semplice, poco adornata, ma calda e pulita. Entrò un ragazzo con un pacchetto infiocchettato. Era un estraneo, uno non della “famiglia”. “Che faccia farà?” mi domandavo… e lui entrò, i genitori della casa lo salutarono, lui si mise a tavola, fece quattro chiacchiere, bevve, diede il pacchetto alla ragazzina figlia naturale dei due: era la sera di S. Valentino e lui, come se niente fosse era venuto a prendere la sua “morosa”. E uscirono, salutati da tutti (quelli che potevano salutare), come se niente fosse. Tutto si era svolto come se niente fosse… proprio perché era “normale”!
Proprio perché non c’è niente di “strano” a stare con gli “strani”, con i malati, i dropped-out, cioè con quelli che per tutto il mondo occidentale sono invisibili, e anzi devono non nascere o scomparire in ghetti. E tutto il mondo si capovolse: l’Argentina passò al posto della Russia, la Cina al posto della Nigeria. Perché è così: è l’egoismo ad essere strano, la paura di cui siamo invasati, tanto che il semplice vedere un disabile ci spaventa. E in TV l’egoismo sembra normale, mentre non lo è perché è il peggio dell’uomo anche se passa in prima pagina; e anche se all’eroismo si riserva uno spazietto nei programmi dell’accesso, perché sembrano “troppo anormali”: ma sono loro ad essere fuori-norma o chi passa la vita a riempirsi labbra e mammelle di silicone, e riempie il 90% dei palinsesti?
A proposito, G23 è l’abbreviazione di Giovanni XXIII, un papa cui don Oreste Benzi, un prete santo, dedicò l’associazione che si occupa dei fantasmi di questo mondo: disabili, prostitute schiave, poveri, bambini non nati. Sono geniali e grandi. Come altre associazioni, come altri gruppi (Famiglie per l’accoglienza, Centri di Aiuto alla Vita, Associazione Cilla e tanti altri). Da queste presenze rinascerà l’Europa, ne siamo sicuri; non dai trattati che impongono l’aborto o dalle conferenze dei banchieri. Sono tanti, sono diffusi, salvano milioni di vite e sono schiaffeggiati, censurati, derisi, svillaneggiati. Ma sono la risposta reale alle sfide della bioetica, altro che chiacchiere.