“Bella addormentata” di Bellocchio è un film malato

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“Bella addormentata” di Bellocchio è un film malato

09 Settembre 2012

Non sappiamo se al nuovo film di Marco Bellocchio venga assegnato o meno il Leone d’oro al Festival di Venezia. Se “Bella addormentata” vincerà il primo premio, o un premio minore, sarà un evento da salutare favorevolmente. I riconoscimenti internazionali fanno solo del bene al cinema italiano, sempre più in affanno. Ciò che  possiamo dire è che se qualcuno vuole avere la piena percezione della crisi morale nella quale è sprofondata l’arte cinematografica (e più in generale la cultura) occidentale, “Bella addormentata” ne è un esempio piuttosto chiaro.

Il film di Bellocchio, come è noto, fa esplicito riferimento alla vicenda di Eluana Englaro. Una vicenda tormentata che divise anime, coscienze, partiti, istituzioni, atteggiamenti culturali, cittadini. Divise tutti. Bellocchio aveva due strade. La prima, quella del racconto oggettivo. La seconda, quella del racconto metaforico. Non sceglie né l’una né l’altra, mettendole entrambe insieme. Inoltre poteva scegliere di militare apertamente, oggettivamente, ideologicamente, dalla parte dei difensori della vita; o da quella opposta dei sostenitori dell’accompagnamento verso la morte. Anche in questo caso non sceglie. O meglio, sarebbe più onesto dire che fa finta di non scegliere, poiché il punto di vista del film di Bellocchio è di pieno e incondizionato sostegno verso la tesi di coloro che si batterono per la fine anticipata della vita di Eluana. O ci sbagliamo? Non crediamo di sbagliarci.

L’autorevole Commissione Nazionale di Valutazione Film della Conferenza Episcopale Italiana, organismo tanto inutile quanto dannoso, si lava le mani ritenendo il film di Bellocchio rispettoso, equilibrato, tagliato con «una veste narrativa calibrata e meditata, tiene talvolta in secondo piano l’attenzione autentica e sofferta per il problema del fine vita, per la sofferenza dell’essere umano e per chi a questa sofferenza si dedica». Bene! Ne prendiamo rispettosamente atto. Nulla da eccepire, quindi, su “Bella addormentata”. Aggiungiamo soltanto un modesto invito: cambiate mestiere.

L’etica che si annida dentro le viscere del film di Bellocchio, è un’etica anti-cristiana, anti-cattolica, anti-umanista. Ma dirlo, rilevarlo, sottolinearlo, farlo affiorare, è un atto politicamente scorretto. Meglio nascondersi dietro le parole vuote, limare il pensiero, rifugiarsi all’interno della nebulosa postmodernista, dimenticando che soltanto la verità (di dire ciò che si pensa, seguendo la dottrina) ci rende veramente, autenticamente liberi, anche se antipatici, scorretti, anti-moderni.

Bellocchio, ricordiamolo a scanso di equivoci, è libero di fare i film che vuole. E liberi sono gli spettatori di applaudirlo per quindici minuti. Liberi sono quanti hanno pagato (come chi scrive) e pagheranno il biglietto per andarlo a vedere al cinema. E liberi, alla stessa maniera, sono coloro che lo contrastano con le idee. Questo giornale, come è noto, si batté strenuamente affinché Eluana non morisse. Perdemmo la battaglia.

La difesa della vita, dalla nascita alla morte, è un valore che ha consentito alla civilizzazione occidentale (e cristiana) di sopravvivere e prosperare e garantire diritti, opportunità, miglioramenti. Poi, sull’Occidente, è scesa la secolarizzazione, il nichilismo quotidiano, la debolezza, il relativismo. Che ha contagiato tutti, compresa una fascia consistente di affratellati alla Chiesa cattolica. Che non riesce più a indicare la strada retta da quella sbagliata. Parlare di fotografia, scenografia, attori, sceneggiatura di un film come “Bella addormentata” è superfluo. Il corpo (la forma del film) può essere anche sano. Ma il cuore (l’essenza del film) è malato. Ricordare che Bellocchio è un autore, un maestro, un artista, non sposta di una virgola il problema. Anche il finale speranzoso (una povera tossicodipendente salvata dall’amorevole cura del dottore) è l’ennesima astuzia fuorviante. “Bella addormentata” è lo specchio cinematografico della sconfitta dell’umano nella nostra contemporaneità.