Beni culturali in svendita, l’ultimo regalo del “ddl concorrenza”

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Beni culturali in svendita, l’ultimo regalo del “ddl concorrenza”

Beni culturali in svendita, l’ultimo regalo del “ddl concorrenza”

05 Agosto 2017

Beni culturali in svendita. Non è il claim di pubblicità da saldi di fine stagione ma l’effetto del Ddl per il mercato e la concorrenza approvato in via definitiva dal Senato lo scorso 2 agosto. Il provvedimento, passato attraverso l’ennesimo “voto di fiducia” posto dal Governo, ha abbassato i limiti di tutela delle opere d’arte italiane per agevolarne l’esportazione all’estero. Non si tratta di piccoli aggiustamenti normativi ma di uno scossone dalle pesanti ricadute per l’intero settore della cultura, compresi gli ambiti del diritto d’autore, della riproduzione, circolazione e commercio dei beni culturali.

Nel dettaglio, l’emendamento a firma del senatore Andrea Marcucci, PD, eleva da 50 a 70 anni l’età minima che una cosa mobile o immobile deve avere per essere dichiarata bene culturale. Ciò significa che potranno essere venduti all’estero in maniera immediata e diretta tutti i beni culturali realizzati fra il 1947 e il 1967, quindi, per fare un esempio, anche i pezzi d’arte moderna e di design di Fontana, Morandi, De Chirico, Guttuso, Melotti, Carrà. La riforma sancisce, inoltre, che possono essere esportate liberamente, senza alcuna valutazione della Soprintendenza, tutte le opere che valgono meno di 13.500 euro, soglia di valore per cui però basta un’autocertificazione.

Il fine pretestuoso del provvedimento è la semplificazione delle procedure relative “al controllo della circolazione internazionale delle cose antiche che interessano il mercato dell’antiquariato”, ma convince poco. La triste evidenza è che in un Paese ancora ingessato dalla burocrazia, prigioniero di lungaggini amministrative e facilitazioni spesso solo apparenti, si decida di snellire la vendita di ciò che dovrebbe avere invece più a cuore, ovvero l’arte, l’espressione del “genio” italiano, pezzi di Storia e identità italica.

Le reali motivazioni che hanno portato alla riforma emergono nell’appello al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firmato da otto intellettuali, giuristi ed esperti d’arte: Gaetano Azzariti, Paolo Berdini, Lorenza Carlassare, Alberto Lucarelli, Paolo Maddalena, Claudia Mannino, Tomaso Montanari e Salvatore Settis chiedono al Capo dello Stato di non firmare un “provvedimento legislativo tanto costituzionalmente illegittimo, quanto dannoso per gli interessi fondamentali della nostra Comunità nazionale”, “una norma introdotta al solo scopo di favorire i mercanti d’arte”.  

A chi svendiamo, dunque, i nostri beni? Il testo sembra essere il risultato di un lungo confronto (e mediazione) tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e un gruppo d’interesse, “Progetto Apollo”, che rappresenta case d’asta internazionali, associazioni di antiquari e galleristi di arte moderna e contemporanea, oltre a soggetti operanti nel settore della logistica dei beni culturali. C’è davvero un gran bisogno, in Italia, di mercati più liberi e vivaci, di procedure più veloci ed efficienti che agevolino la vita di cittadini e imprese, ma forse non per le opere d’arte. E a questo punto è difficile credere che il Ddl sulla Concorrenza non sia semplicemente il frutto di un pericoloso gioco al ribasso.