Berlusconi, la poesia e…Bondi
01 Giugno 2008
L’appartamento in cui abita è modesto, acquistato col mutuo, se vi volesse invitare quattro amici a cena non potrebbe farlo. Gira con una Opel Astra e la sera dopo mangiato guarda Striscia la notizia. La moglie è a Boston con il figlio Francesco; lei ha vinto una borsa di studio per insegnare all’università, lui l’ha incoraggiata perché si tratta di una grande opportunità professionale. Evita di salire sull’aereo e sin da piccolo soffre di vertigini. Da giovane era comunista. Di chi si tratta?
Quella che ha tutte le caratteristiche della biografia dell’italiano medio cambia radicalmente protagonista se arricchita di altri due elementi: l’appartamento è ad Arcore e il nostro ‘buon uomo’ scrive su “Vanity Fair”.
Sandro Bondi, neo-ministro dei Beni Culturali si racconta così nel centinaio di pagine di un libro di piacevole ed agile lettura, che ripercorre la sua storia politica dal primo incontro col Cavaliere fino alla nascita del PdL. Il titolo è tutto un programma, e il testo ne rispecchia fedelmente allo stesso tempo l’ironia e la profonda intimità: “Io, Berlusconi, le Donne, la Poesia”.
L’intervista a tutto campo è gestita da Claudio Sabelli Fioretti, che non rinuncia mai alla ben nota e temuta ironia, contenendo il suo interlocutore e punzecchiandolo sui suoi lati più scoperti, ma sempre con quel tono di distacco un po’ professorale che non deriva dal “siccome è ministro dobbiamo parlare di lui” ma da una genuina curiosità di saperne di più sul ‘più fedelissimo’ per eccellenza del Cavaliere.
Ma allora di cosa si parla in questo centinaio di pagine? Si comincia con un incontro ad Arcore agli inizi degli anni 90, dove lo scultore Pietro Cascella (scomparso pochissimi giorni fa) porta l’allora sindaco Pci di Fivizzano, appunto Sandro Bondi, a conoscere l’allora estraneo alla politica presidente del Milan, Silvio Berlusconi, per il quale sta realizzando un mausoleo. Il bravo e diligente sindaco porta in omaggio delle pubblicazioni sul suo Comune e, inevitabilmente, confessa la sua fede politica. Ma il futuro capo del governo replica: “Lei sembra una persona per bene. Come mai è comunista?”, e Bondi percepisce così un apprezzamento umano e personale che supera le divergenze politiche e che lo porterà con gli anni verso una genuina quanto anomala “venerazione” personale che l’intervista cerca di spiegarci. Insomma, cambia vita.
Ne esce fuori un ritratto che va oltre le imitazioni televisive e le malelingue dei salotti romani, che hanno tentato di trasformare Bondi in una macchietta, ma che non ci sono riusciti perché il personaggio ha la dote di un’auto-ironia coinvolgente che comunque finisce per renderlo simpatico. Ciò che questo libro intervista conferma.
Bondi, poi, è sincero: “crede in quello che dice”, e ciò talora finisce per trasformare il timido e pacato scrittore poeta in un personaggio televisivo, talora irascibile, capace come pochi di difendere a spada tratta il proprio leader dagli attacchi di tutti. Ma l’uomo è anche dotato di un’onestà intellettuale che lo rende consapevole di dover fare, talora, un lavoro “sporco che non corrisponde alla sua natura”. Se in tutti i tipi di organizzazione esiste quella figura indispensabile e vilipesa che si assume (o a cui viene affidato) il delicato ed ingrato compito di “lavare i piatti e portare fuori la spazzatura”, per anni, in Fi, questa figura è stata Bondi.
Indispensabile per la riuscita della festa, con gli anni Bondi è così diventato un personaggio fondamentale per capire le motivazioni profonde che stanno dietro il successo politico di Berlusconi.
Del suo mentore e faro Bondi traccia un ritratto molto più intimo di quello ormai quasi solenne che passa negli schermi televisivi e di quello sovente scanzonato dei discorsi tra folle plaudenti. Quello bondiano è anzitutto un Cavaliere a colloquio coi suoi uomini a Villa Certosa, dove spesso le discussioni personali predominano sugli impegni di lavoro; un leader politico che neanche “di fronte ai più feroci avversari” (e l’esempio è Di Pietro), “sarebbe capace di esprimere sentimenti negativi, non odia nessuno, no”. E questo forse perché Berlusconi non pensa al futuro o al passato ma al presente: “alla possibilità di cambiare qui e ora, come occasione d’amore”.
Ma nel libro non si parla solo del Cavaliere, si parla anche della maturazione politica ed anzitutto umana di una persona timida e rispettosa alla quale il successo politico non ha fatto rinnegare passato ed origini. Di fronte al costante incalzare di Sabelli Fioretti che riporta l’accusa di aver lasciato la sinistra come un mercenario voltagabbana, Bondi, con evidente e comprensibile orgoglio, replica invece di aver capito prima di molti altri i limiti e l’inevitabile anacronismo della sinistra italiana. Ciò che tuttavia non gli impedisce di ribadire così che anche nella storia del Pci ci sono buone cose da ricordare.
E poi c’è l’apprezzato poeta. Bondi non rinuncia a leggere alcune delle sue numerose poesie: le pubblica sul settimanale “Vanity Fair” e le dedica ad amici che ne vanno fieri. Gli resta il rimpianto di non riuscire a soddisfare la domanda perché coloro i quali gli chiedono dei versi in dedica aumentano ed il tempo a disposizione diminuisce. Alla fine del libro fa capolino anche lo storico: “quando mio figlio pubblicherà i miei appunti capirete…”.
Per ultimo, una confessione: fra la Brambilla e la Prestigiacomo butterebbe giù dalla torre la prima: “avrebbe dovuto seguire di più i miei consigli. Essere più prudente, più cauta, più umile…”.
Quello che ci rimane è una piacevole storia che i più non conoscono e che bollano con insulti, la storia di un poeta che ha accesso alla “stanza dei bottoni” del PdL e il cui lavoro dietro i riflettori è una delle tante ragioni del recente successo politico. E se come dice il Cavaliere in una battuta “a volte Bondi è sorprendente”, ad altri, più interessati alla storia politica e ai suoi personaggi piacerebbe essere presenti “quando suo figlio…”.