Biden rassicura gli alleati: sull’Europa dell’Est c’è la garanzia della NATO

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Biden rassicura gli alleati: sull’Europa dell’Est c’è la garanzia della NATO

31 Ottobre 2009

“Non dimenticateci”. Era questo il senso della lettera aperta inviata a luglio al presidente Barack Obama, firmata da tutti i leader storici dell’Est europeo, da Lech Walesa a Vaclav Havel, da Mart Laar ad Alexandr Vondra. Il vicepresidente statunitense Joseph Biden sarà riuscito a rassicurarli dopo la sua visita agli alleati nell’ex Patto di Varsavia?

“Venti anni dopo la caduta della cortina di ferro, constatiamo che l’Europa centrale e orientale non è più nel cuore della politica estera americana”, scrivevano i latori della lettera. Ciò è dato dal fatto che “si dà per scontato il nostro filo-atlantismo”. Ma è un atteggiamento prematuro. Gli ex presidenti dell’Est ritengono che la generazione libertaria che combatté il comunismo negli anni ‘70 e ‘80 stia ormai finendo e che il futuro possa essere peggiore per i nuovi membri dell’Ue: “L’attuale crisi economica globale ha fornito più opportunità a forze nazionaliste, estremiste, populiste e anti-semite in tutto il continente europeo e anche in alcuni dei nostri Paesi”. La finestra di opportunità, dunque, è molto piccola e va sfruttato questo momento per rinsaldare il rapporto fra le due sponde dell’Atlantico. Persa questa occasione, Europa e America, sotto il peso delle nuove forze emergenti, potrebbero allontanarsi molto di più di quanto non lo siano oggi.

L’appello rivolto all’amministrazione statunitense dagli uomini che liberarono la metà orientale d’Europa dal totalitarismo, ha avuto una prima risposta pratica, di segno negativo, il 17 settembre, quando Barack Obama ha deciso di modificare il progetto di sistema anti-missile che avrebbe dovuto essere installato in Polonia e Repubblica Ceca. Niente più basi a terra, per ora, ma una difesa più leggera, incentrata sui missili navali SM-3. La decisione è arrivata dopo due anni di braccio di ferro con Mosca, che vedeva quel radar e quei dieci missili intercettori in territorio polacco e ceco (due membri a pieno titolo della NATO) come un guanto di sfida lanciato al Cremlino.

L’Europa orientale si è sentita ancor più abbandonata nel giorno stesso (17 settembre) in cui, nel 1939, i carri armati sovietici varcavano i confini della Polonia, dando inizio alla sua invasione da Est e mettendo in pratica il “patto scellerato” con i nazisti. Per un europeo occidentale è difficile comprendere la loro delusione, ma nei Paesi usciti da appena vent’anni dalla dittatura comunista la memoria è ancora viva, la sofferenza subita in passato, a partire dalla II Guerra Mondiale, è una ferita ancora aperta. L’America non è un vecchio amico dato per scontato, ma un alleato prezioso, faticosamente guadagnato dopo una lunga resistenza, da cui dipende la salvezza.

Nell’ottica dei governi dei nuovi membri della Nato, Mosca non è un “ex” pericolo. La Russia è oggi “una potenza revisionista che vuol perseguire obiettivi da 19mo secolo con i mezzi del 21mo”, per usare i termini della lettera aperta a Obama. L’europarlamentare lettone Sandra Kalniete lo ha sottolineato nel corso dell’ultima riunione annuale di Forum 2000 (la tavola rotonda di Vaclav Havel): “Consideriamo la notizia del ritiro del programma antimissile come un segnale che gli europei dell’Est e i polacchi non siano più nella lista delle priorità dell’agenda statunitense, per lo meno non così come lo erano ai tempi di Bush e di Clinton”. Ora queste nazioni appena liberate dovranno affrontare da sole l’espansionismo di una Russia che ha semplicemente cambiato metodo.

“Mosca cerca di interferire usando nuovi mezzi, impiegando le sue risorse energetiche e altre armi di pressione politica. Cerca di render marginali i Paesi dell’Est europeo e gli Stati baltici della NATO e dell’Unione Europea”. Quel che si teme, al di là della vecchia cortina di ferro, è un appeasement generale degli Stati Uniti, la predisposizione (tipica delle grandi potenze) a scendere a compromessi con i nemici, scavalcando la volontà dei popoli che ne rimangono vittime.

E’ in questa atmosfera che, nell’ultima settimana di ottobre, si è svolta la visita del vicepresidente Joseph Biden a Varsavia, Praga e Bucarest. Biden, contrariamente a Obama, è un veterano che ha vissuto in prima linea tutta la rivoluzione del 1989. Dopo il dissolvimento dell’Urss, nel 1991, fu ancora in prima linea a premere per la democratizzazione di tutta l’area ex sovietica, contestando il realismo di George Bush sr., che invece puntava tutto sulla stabilità. Biden è dunque la persona giusta per rassicurare l’Est. E i suoi discorsi non hanno potuto fare a meno di scaldare i cuori dei suoi ospiti.

“Il vice presidente è esperto abbastanza da lanciare un messaggio credibile. Questa è la cosa più importante. Deve essere credibile e lo è stato, perché è la persona ad esserlo”, commentava Eugeniusz Smolar, del Centro Relazioni Internazionali di Varsavia, all’indomani della visita di Stato. Biden ha fatto presente agli alleati che “noi abbiamo premuto il pulsante ‘reset’ (con la Russia, ndr), ma non abbiamo affatto premuto il tasto ‘canc’, non abbiamo cancellato la memoria. Non permetteremo mai alla Russia di ritagliarsi una sua sfera di influenza nell’area ex sovietica”.

Biden ha affermato di guardare a Mosca “con realismo, con occhi ben aperti” e di attendersi una sua prossima evoluzione: “(la Russia, ndr) sta decidendo sulla sua nuova identità, sul suo nuovo ruolo (…) Nel prossimo decennio sceglierà se i suoi interessi coincidono con una sua maggiore integrazione con il resto del mondo, o con quello che alcuni, in Russia, vedono come un percorso alternativo. Dobbiamo mantenere aperto il dialogo. Ma ci sono alcuni temi su cui non siamo disposti a scendere a compromessi”. Fra cui, appunto, la sicurezza di tutti i membri della NATO.

Jean Asselborn, ministro degli Esteri del Lussemburgo, dopo la guerra russo-georgiana del 2008, aveva commentato che “se la Georgia fosse stata un membro della NATO, oggi assisteremmo alla fine dell’articolo 5 (mutua difesa, ndr) così come finora l’abbiamo conosciuto”. Biden ha cercato di dare una risposta a questi timori, affermando che: “Non ci sono nuovi o vecchi membri della NATO. Ci sono solo membri”. Basteranno le parole per allontanare il pericolo?