Calcio, soldi e via dall’Europa. La zona d’ombra di Cristiano Ronaldo

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Calcio, soldi e via dall’Europa. La zona d’ombra di Cristiano Ronaldo

Calcio, soldi e via dall’Europa. La zona d’ombra di Cristiano Ronaldo

04 Gennaio 2023

Un miliardo di euro da qui al 2030. Non c’è bisogno di “seguire i soldi” per far venire alla luce cosa abbia spinto Cristiano Ronaldo a indossare la maglia della squadra saudita dell’Al Nassr.

Il campione portoghese, già da tempo considerato tra i più grandi di sempre, prende armi, bagagli e business e si sposta in Medio oriente. A Riad, per la precisione, sede del club allenato da un altro europeo, il francese Rudi García già ex Roma.

Il campionato saudita non è esattamente il più glamour e competitivo del mondo. La famiglia reale ha però messo sul piatto del fuoriclasse portoghese l’offerta della vita. Due anni e mezzo di contratto e 200 milioni a stagione per vestire i colori dell’Al Nassr. L’altro mezzo miliardo è legato al ruolo di testimonial della candidatura saudita  per l’organizzazione del Mondiale 2030. 

Già, il 2030, vero e proprio anno delle scommesse per il regime saudita che, da tempo, si prepara a quell’appuntamento con il destino. Nelle intenzioni del principe ereditario Mohammed bin Salman, i grandi eventi globali possono aiutare Riad ad allontanare da sé l’alone di regime sanguinario e liberticida. 

Nel 2016 era stato lanciato Vision 2030, un gigantesco piano di riforme infrastrutturali per modernizzare il paese e renderlo più attraente per investitori e turisti. Successivamente l’Arabia Saudita ha deciso di sfidare Roma per ospitare l’edizione 2030 dell’Esposizione universale. Infine si è tolta anche lo sfizio di proporsi come sede per i Mondiali di calcio. Del resto se ce l’ha fatta il Qatar. 

Cristiano Ronaldo non è l’unico testimonial superstar importato dall’Occidente: già il suo arcirivale, Lionel Messi, fresco campione del mondo, era stato ricoperto d’oro per promuovere il portale turistico governativo VisitSaudi.com. 

Sportwashing, Ronaldo & co: gli ambiziosi progetti sauditi

Associandosi allo sport, l’establishment saudita persegue il tentativo, già avviato da tempo da Qatar ed Emirati, di lavare la propria immagine autoritaria e repressiva e godere di un po’ di luce riflessa dalla magia degli avvenimenti sportivi. Un  palese alleggerimento del proprio status, per innescare la percezione globale di un paese che si apre e si modernizza. 

Se il dibattito si sposta su stadi, infrastrutture, investimenti e Cristiano Ronaldo, chiudere un occhio sulla violazione delle libertà fondamentali diventa un esercizio più facile.

Il flusso di denaro investito in questo ambito è praticamente no stop. Secondo Grant Liberty, una ong con base a Londra che si occupa di diritti umani, negli ultimi anni, l’Arabia Saudita ha investito nei progetti sportivi internazionali 1,5 miliardi di dollari, tra offerte già accettate e valutazioni respinte. In questi anni, del resto, le scommesse vinte non sono mancate, con la complicità di una classe dirigente occidentale, tra sport e politica, che ha prestato il fianco alla prassi del miglior offerente. Gli sport più ricchi, come motori, golf, tennis, calcio, boxe, persino la Supercoppa italiana, hanno trovato a Riad e a Gedda un mercato entusiasta e generoso. 

Solo per la Formula 1, Mohammed Bin Salman ha speso circa 900 milioni di dollari per assicurarsi i diritti di hosting per 10 anni. A ottobre 2021, Mbs era sbarcato nella potente Premier League inglese, il campionato di calcio più importante del mondo. Attraverso il Fondo per gli investimenti pubblici del governo, di cui Mbs è presidente, i sauditi hanno acquisito la squadra di calcio del Newcastle United per 409 milioni di dollari. Team che attualmente sta anche ben figurando in campionato, dopo annate mediocri. A novembre 2021, inoltre, il Comitato Olimpico saudita ha annunciato che avrebbe speso 694 milioni di dollari per creare circa 90 federazioni sportive, per plasmare le nuove generazioni di atleti, sul modello di quanto avviato dalla Cina 15 anni fa. 

L’Onu: “Esecuzioni su base quotidiana”

In Arabia Saudita, però, alle donne continuano a essere negati i più elementari diritti di libertà, i prigionieri politici non si contano più, torture ed esecuzioni capitali proseguono a ritmo incessante nel silenzio e nell’oscurità. L’omicidio di Jamal Khashoggi resta sostanzialmente impunito e lo Yemen è ancora sotto bombardamenti. L’Onu parla di esecuzioni su base quotidiana e processi fortemente iniqui.

Ronaldo o meno, lo sport saprà andare, nuovamente, oltre tutto questo per “seguire i soldi”? Il 2023 sarà uno spartiacque per capire se la Fifa deciderà ancora una volta di ignorare i crimini, la repressione e la violenza, o se esiste un sistema di valori in grado di tracciare una linea oltre la quale non si può andare.