Calderoli confonde esportazione della democrazia con lotta al terrorismo
17 Maggio 2010
Un ministro non può far confusione nel commentare la morte di due soldati italiani, ma Calderoli l’ha fatta e lo scivolone è gravissimo.
Nel commentare la tragica morte ad Herat del sergente Massimiliano Ramadù e del caporale Luigi Pascazio, Calderoli ha ricordato che la Lega “spesso ha espresso perplessità sull’esportazione della democrazia”. Ma le nostre truppe non sono in Afganistan per “esportare” alcunché! 24 soldati italiani sono morti in Afganistan per combattere il terrorismo islamico: questa è la loro missione, questo è il preciso mandato dell’Onu che l’Italia e gli alleati della Nato stanno attuando in quel paese.
Quella stessa lotta al terrorismo islamico che tanto scalda Calderoli quando si tratta di Padania. Un errore madornale, uno svarione imperdonabile che cela una posizione demagogica, una mancanza di senso del ruolo internazionale dell’Italia nella lotta al terrorismo per banali, inscusabili, ragioni di consenso.
Il “popolo padano” non capisce le ragioni di questo impegno, di questi altissimi sacrifici di vite? Può essere, Calderoli allora si butti a corpo morto e con lui tutta la Lega a spiegarglielo, magari durante una delle tante campagne contro la costruzione selvaggia di moschee che tanto li impegnano.
Ma Calderoli va oltre e afferma "bisogna verificare se i sacrifici servono". Di nuovo “l’Italietta”, il paese che non ha orgoglio, senso del suo ruolo, delle sfide che deve vincere e che sta a controllare col bilancino se “vale la pena” combattere. Una “Italietta” che non casualmente accomuna il sentire di Calderoli con quello di Rosy Bindi che infatti invoca una “riflessione politica con un serio confronto in Parlamento sulle ragioni e modalità della nostra presenza in Afghanistan”. Meglio gli intollerabili Ferrero e Diliberto che almeno hanno il coraggio delle loro – pessime – idee, che parlano di “sporca guerra” e chiedono l’immediato ritiro del nostro contingente da Herat e Kabul. Almeno dicono quel che pensano, non lanciano il sasso e ritirano la mano, non alludono, non confondono “esportazione della democrazia” con indispensabile lotta al terrorismo.
La Lega, con Roberto Maroni, sta dando un esempio eccellente al paese di senso dello Stato, di calma, fredda, capacità di impegnare al massimo le forze dell’ordine nel contrasto alla criminalità. Una serie di successi ineguagliata da nessun altro ministro degli Interni, che ha un suo segreto: Maroni dà ordini e disposizioni precise e viene obbedito per la semplice ragione che nelle mente del capo della polizia così come in quella dell’ultimo poliziotto impegnati nella pericolosissima ricerca dei latitanti, arresto dei delinquenti e sequestro dei loro beni, è ben chiaro che il ministro, che Maroni, è e sarà sempre al loro fianco, che si assume e si assumerà le proprie responsabilità politiche e personali.
Questo deve saper fare un ministro, anche se si occupa di semplificazione legislativa e si balocca con istrionici falò. Ma Calderoli non lo sa o non lo vuole – questo sospettiamo – fare. Preferisce lisciare il pelo al peggiore opportunismo italiano. E questo è gravissimo, sotto tutti i profili.