Cambio della guardia nella sicurezza francese

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Cambio della guardia nella sicurezza francese

24 Febbraio 2011

Nicolas Sarkozy ha il pallino della sicurezza nazionale, e nemmeno i suoi più accaniti avversari politici, piccole schermaglie dialettiche a parte, considerano questa passione come un difetto. Oltre al Pentagono francese, per il quale è stato assegnato un appalto da oltre seicento milioni di euro allo scopo di costruire un modernissimo quartier generale della Difesa alle porte di Parigi, sono in vista novità per il coordinamento nazionale d’intelligence.

Bernard Bayolet, che ha guidato la struttura per due anni e mezzo, è stato scelto per un incarico delicato come quello di ambasciatore in Afghanistan e ha recentemente presentato il bilancio del suo lavoro all’Eliseo, vantando soprattutto i risultati raggiunti nella collaborazione tra i diversi rami dei servizi segreti. E’ interessante notare che per l’ex capo della DCRI i ritardi, o le vere e proprie mancanze, verificatisi circa la previsione dei sommovimenti che stanno sconvolgendo il Nord Africa sono soprattutto da imputare alla diplomazia, a cui spetta il compito dell’analisi politica.
Il posto di Bayolet dovrebbe essere presto occupato da Ange Mancini, un prefetto sessantaseienne d’origine italiana soprannominato "il negoziatore" per le sue note capacità di mediazione e pazienza nel trattare con ogni interlocutore.
Mancini, fino ad oggi al lavoro in Martinica, ha passato l’intera carriera in polizia, dove ha creato all’inizio degli anni ottanta l’unità speciale chiamata "Raid"; abituato alle missioni pericolose, questo agente con la faccia da attore di film, manco a dirlo, spionistici o thriller, ha affrontato nel 1985 la presa di alcuni ostaggi nel palazzo di giustizia di Nantes e nel 1987 ha partecipato all’arresto dei vertici del gruppo terroristico Action directe.
Nel suo nuovo e importante ruolo alla corte d’un Sarkozy bisognoso di risultati positivi ad ampio raggio per guadagnarsi la riconferma e scacciare i fantasmi di una rivincita socialista, Mancini non avrà di che annoiarsi.

Come l’Italia, la Francia, già da queste ore, deve muoversi per capire, e sperabilmente orientare, le rivoluzioni di piazza che sconvolgendo gli assetti di Tunisia, Egitto e quanti Paesi seguiranno, impongono di mutare interlocutori e relazioni diplomatiche, militari, economiche con accorta tempestività.