Cameron può solo sperare che la “Big Society” batta un colpo
10 Agosto 2011
Dopo tre giorni consecutivi di guerriglia urbana a Londra e in altre grandi città inglesi, il primo ministro David Cameron ha interrotto le ferie in Toscana ed tornato a Londra per risolvere la situazione, convocando una riunione di emergenza a Downing Street dove si è deciso di dispiegare circa 15.000 agenti per le strade e proteggere i cittadini londinesi. Oltre 500 gli arresti effettuati dalla polizia, un centinaio quelli confermati. Per domani è stata convocata una riunione straordinaria del parlamento inglese, la prima dopo l’11 Settembre. Ieri, in un ospedale della capiale è morta la prima vittima dei riot, un automobilista ferito mentre alla guida dai violenti.
Londra, la città più importante in Europa, soprattutto dal punto di vista finanziario, è sotto assedio. Non bastava il pesante colpo d’ascia inferto dalla crisi economica mondiale a far inginocchiare la City, ora la capitale deve fare i conti con la guerriglia urbana, armata di spranghe e bastoni, che si riversa per le strade scontrandosi con le forze dell’ordine. Sembrerebbe uno scenario da Piazza Tarhir solo che a Londra non si sta combattendo per abbattere un dittatore o in nome dei diritti umani, piuttosto per ribellarsi e sovvertire le istituzioni, anarchicamente, attraverso saccheggi ed espropri: si dispiega un odio represso che adesso esplode contro la liberale e democratica Inghilterra.
La scintilla della rivolta è scoccata con la morte del giovane 29enne di colore Mark Duggan, fermato giovedì 4 agosto per un controllo della polizia. La sicurezza inglese ha da tempo avviato un’operazione di monitoraggio nei confronti della criminalità giovanile ed anche Duggan non era incensurato. Nella versione di Scotland Yard, il giovane avrebbe aperto il fuoco contro i poliziotti, ma nelle ultime ore si è diffusa la notizia che il colpo che lo avrebbe ucciso sarebbe di quelli in dotazione alla polizia.
Le proteste per la morte di Duggan sono sfociate nei riot di questi giorni. Gli scontri si sono allargati dalla periferia nord di Londra, la zona della metropolitana di Tottenham court road, ad altri quartieri, tra cui la famosa Notting Hill, Lewisham, Peckham, e Croydon, con incendi di edifici, di autobus a due piani, di automobili e di bidoni dell’immondizia. Grandi città come Birmingham sono attraversate dalla violenza. A scendere per le strade sono ragazzi giovanissimi, età media 23 anni, appartenenti alle gang (quasi duecento quelle censite nella capitale) che si spartiscono il controllo delle zone di spaccio e la vendita delle sostanze stupefacenti.
Sono immigrati di seconda generazione che vivono nelle periferie della metropoli, dove s’incrociano comunità arabe, africane, asiatiche, sudamericane e dove spesso, come accade nei quartieri periferici delle altre città europee, cresce l’odio profondo verso il sistema statale, verso la sua giurisdizione e le sue leggi, ed anche verso lo stile di vita occidentale. Gli inglesi in ogni caso non si piegano alle proteste, in quello che la BBC ha definito “The Big Clean Up”, una pulizia generalizzata e spontanea dei danni provocati dai vandali. Ma non sembra che questo moto di civismo sia il frutto della Big Society evocata dal premier Cameron, che è stato pesantemente criticato dalla popolazione sui social network.