Cangurati!!!

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Cangurati!!!

17 Febbraio 2016

La politica è impietosa. In poco tempo Monica Cirinnà da eroina dei diritti gay, che guidava con sicurezza (e una certa spocchia) la legge sulle unioni civili verso l’approvazione, si è trasformata in una perdente che ha condotto la stessa legge sull’orlo del baratro.

 

Il capogruppo Pd al Senato, Zanda, che con arroganza ha imposto la calendarizzazione del provvedimento direttamente in aula,  prendendo a schiaffi i centristi che sostengono il governo e favorendo la spaccatura nel Nuovo Centrodestra, oggi umilmente chiede una  pausa di riflessione, come nelle coppie che scoppiano. Alla ministra Boschi, che tante volte ha messo i piedi nel piatto, occupandosi di una legge di iniziativa parlamentare a cui il governo doveva rimanere estraneo, le colleghe di partito, vedendola per l’ennesima volta a una riunione del gruppo dei senatori Pd, sibilano finalmente: “E tu che ci stai a fare?”. Quagliariello, a fine seduta, ha fatto il suo ingresso in transatlantico mimando il passo saltellante del canguro: chissà se i senatori Pd lo hanno accolto con sufficiente sense of humour.

 

Intanto Renzi prudentemente ha preso il largo, è in Sudamerica, e non mette la faccia sulla cocente sconfitta che il Pd ha subìto in aula. Il M5S, infatti, si è dimostrato più attento alle regole democratiche dei parlamentari Pd di lungo corso, e certamente più attento del presidente Grasso, che da tempo ha abdicato al ruolo di arbitro super partes e garante della correttezza procedurale. Intanto la piddina Del Moro, dopo che Airola  si è rifiutato di votare l’invotabile canguro, urla in aula che i diritti sono più importanti delle regole, e Scalfarotto invita i grillini a non “nascondersi dietro il formalismo delle regole”, rivelando che la matrice culturale del Pd, renziano o no, resta sostanzialmente quella sovietica, per cui il fine giustifica i mezzi, e le regole democratiche sono roba inutile.

 

Gli sviluppi della situazione sono imprevedibili. Il Pd dovrà tornare mogio mogio tra le braccia di Alfano, che non aspetta altro: Schifani ha già dichiarato che Ncd è disposto a votare la legge con qualche aggiustamento (leggi: correzione o stralcio della stepchild adoption). I centristi possono tirare un sospiro di sollievo: per stavolta niente maggioranze variabili, i grillini si sono rifiutati di fare la quarta gamba del governo Renzi, e i verdiniani, disposti a tutto, non sono però sufficienti (benché ieri i loro voti siano stati comunque determinanti  nell’appoggiare la sospensione della seduta). Le poltrone alfaniane sono dunque salde e ben meritate.

 

Il Pd cercherà disperatamente di scaricare le colpe sui 5 stelle, ma è chiaro al mondo che la responsabilità è tutta sua, anche sul piano tattico: ha voluto a tutti i costi forzare la situazione, imponendo un emendamento (il famoso canguro di Marcucci) che sarebbe stato tecnicamente inammissibile e che era un ennesimo, e intollerabile, sopruso nei confronti dell’opposizione. I grillini avevano promesso i loro voti, non la propria dignità. Airola ha invitato il Pd ad andare avanti, visto che la Lega aveva ritirato i 4500 emendamenti ostruzionistici, limitandosi a tenere quelli di merito.

 

Si tratta ancora di qualche centinaio di emendamenti, ma ricordiamo che sulla riforma istituzionale ne sono stati votati circa 900, molti di più, e in un solo giorno. Il M5S ha ragione, il provvedimento potrebbe tranquillamente andare avanti. Se il Pd non vuole farlo, è perché teme la propria minoranza interna, con cui Zanda, Cirinnà, Boschi e Scalfarotto non hanno trovato (né voluto) un accordo. Tutta la questione è stata rinviata al 24, e questo tempo sarà utilizzato per cambiare strategia e trovare nuovi alleati.

 

Intanto, tanto di cappello alla Cirinnà, che ammette la propria sconfitta: “Ho sbagliato e pagherò… mi prendo la mia responsabilità, concluderò con questo scivolone la mia carriera politica”.