Canova in esposizione nella “villa più bella del mondo”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Canova in esposizione nella “villa più bella del mondo”

02 Dicembre 2007

“ Una mostra meravigliosa che non si sarebbe dovuta realizzare“, è questo il doveroso commento di chi, in primo luogo preoccupato della conservazione delle opere d’arte, è assolutamente convinto che siano gli appassionati che debbano spostarsi, per ammirarle, e non già le opere stesse, per essere ammirate. Se il principio vale in linea generale, figuriamoci se non dovrebbe trovare applicazione per capolavori scultorei di palese, straordinaria fragilità e delicatezza strutturale. Bisognerebbe, quindi, tuonare indignati contro il Direttore del Museo dell’Ermitage o della National Gallery irlandese, il Conservatore del Castello Esterhazy o della Fondazione Magnani Rocca, il responsabile del J. Paul Getty Museum di Los Angeles e i tanti altri “incauti“ prestatori degli oltre cinquanta capolavori presenti nella mostra dedicata a Canova in esposizione in questi giorni a Roma, molti dei quali sculture di grandi dimensioni. Si dovrebbe tuonare, ma la verità è che, man mano che che ci si addentra nel percorso proposto, l’indignazione viene meno e si è costretti a riconoscere, ancora una volta, la straordinaria capacità di convincimento (sarebbe forse meglio dire di coartazione ) di Anna Coliva, che con la ferrea determinazione e tenacia che, all’occorrenza, sa sfoderare, è riuscita ad allestire, nella “sua” Galleria Borghese, una mostra “ impossibile“. Un evento che, per difficoltà di realizzazione e qualità dei tesori ospitati, direttamente si ricollega alla trionfale esposizione che, negli anni novanta, segnò la riapertura della Galleria, dedicata a Bernini e alla nascita del barocco in casa Borghese.

In effetti, ancora una volta, una ricorrenza, in questo caso il duecentocinquantesimo anniversario della nascita dell’artista, unito al bicentenario della Paolina Borghese Bonaparte, offre l’occasione per aprire la collezione permanente all’accoglienza di opere ospiti, che ne completano fisiologicamente l’ordinario percorso, dando continuità ideale (anche nella ferrea pragmaticità di realizzazione) alla politica acquisitiva, nella circostanza, ahimè, solo temporanea, del Cardinale Scipione.

 La rassegna – curata, oltre che da Anna Coliva, da Alessandro Mazzocca, con il supporto organizzativo, come sempre efficacissimo, di Mondomostre, ed elegante catalogo Electa, arricchito, dagli interventi dei curatori e da penetranti saggi, non solo d’occasione, quali i lavori di Marina Minozzi, Stefano Grandesso o Francesco Leone – offre due piani di lettura. Da un lato, mira ad illustrare le complesse relazioni tra Canova, il Principe Camillo Borghese e la famiglia Bonaparte, con gli importanti esiti artistici che ne seguirono, dall’altro, ripercorre la carriera straordinaria di un genio non solo grande nella realizzazione di capolavori.

Quanto a capolavori, in mostra vi è solo l’imbarazzo della scelta: muovendo dalla tematica centrale della raffigurazione di Venere ( tale è anche il celebrato ritratto di Paolina ) la “villa più bella del mondo “, come lo stesso Canova chiamava la Galleria Borghese, ospita grandi sculture marmoree ma anche disegni – in taluni casi non solo freddi appunti di lavoro, ma meravigliose idee trasposte di getto su carta -, tempere, monocromi, dipinti e freschissimi e commoventi bozzetti in creta e terracotta.

L’elenco delle opere principali è quasi impossibile: dalle Tre Grazie dell’Ermitage di San Pietroburgo, alla Naiade del Metropolitan di New York, dalla Ninfa Dormiente del Victoria & Albert Museum di Londra, alla Venere della Leeds City Art Gallery, dalla Venere Italica della Galleria Palatina di Firenze, al Ritratto della Principessa Leopoldina Esterhazy Liechtenstein del Castello Esterhazy di Eisenstadt in Austria, per tacere della serie numerosa degli Amorini.

Pur non essendo tra le opere più note, un cenno particolare merita la fascinosissima Testa di Elena, che unisce alla perfezione di realizzazione una straordinaria patina mielata. Proprio questa patina induce ad esprimere rammarico per le lavature subite nel passato da talune opere, per eccesso di interventismo: valga per tutte l’esempio delle Tre Grazie dell’Ermitage, capolavoro assoluto, nel quale, tuttavia, la (troppa) pulizia subita lascia intravvedere le imperfezioni della materia, quelle venature che gli antichi chiamavano il “pelo del marmo“ e che, crediamo, l’autore avrà in origine “coperto“ con un’ inceratura più morbida, mielata, maggiormente gradevole alla vista rispetto all’attuale algido leucore.

La rassegna “ Canova e la Venere Vincitrice “ è aperta a Roma, alla Galleria Borghese, sino al 3 febbraio 2008.