Cari abruzzesi, nel segreto dell’urna Beppe Grillo non vi vede

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Cari abruzzesi, nel segreto dell’urna Beppe Grillo non vi vede

02 Marzo 2013

Come in ogni campagna elettorale ci sono alcuni momenti che si fissano e restano indelebili. I più simpatici? Tra i tanti ne fisserei tre. Il primo, senz’altro, la cena offertami dai pescatori che da circa un anno non possono uscire in mare per il mancato dragaggio del porto. Ho preso a cuore la loro situazione. Sono affascinato dalla capacità diplomatica di alcuni dei loro capi che, fin qui, sono riusciti a gestire una situazione esplosiva. Seguo il problema minuto per minuto. Una cena da sogno a base di pesce, direbbe Popper, è la conseguenza inintenzionale di un lungo lavoro politico. Ma la serata resterà impressa più per gli uomini e i loro racconti che per i pesci!

Poi, lo scherzo che subisco all’Aquila dalla mia addetta stampa, Claudia Passa. Nell’intervento che svolgo in una sala affollatissima ricordo un episodio della mia lunga permanenza nel capoluogo abruzzese (ci sono stato dieci anni, docente di storia contemporanea all’università): quando la città venne invasa da cani provenienti dalla montagna e si aprì un dibattito politico su come trattare il problema. Il tema, come spesso accade, vide confrontarsi “empirici” e “teologi”. I primi ritenevano necessario trovare una soluzione che potesse rendere vivibile la città per gli uomini, anche nelle ore notturne; i secondi ritenevano che il nuovo equilibrio determinato dall’arrivo dei cani non dovesse essere toccato. Io, ovviamente, militavo tra gli empirici.

Finito il dibattito, mi taroccano una falsa Ansa che recitava: “Quagliariello contro i cani”. Dopo pochi minuti un’altra: “Gli animalisti contro Quagliariello”. E ancora: “Gasparri difende Quagliariello: è stato frainteso, adotterà un cane come il Cav. e Monti”. Coinvolgono nello scherzo anche lo stesso Maurizio che mi chiama falsamente allarmato: “Internet è piena di proteste contro di te. Ho dovuto tenere buona la Brambilla!”. M’infurio. Non avevo detto nulla contro quei poveri animali. Mi ero limitato a sostenere che i loro diritti dovessero integrarsi e non sopravanzare quelli degli umani. Chiedo che venga inviato un mio comunicato nel quale spiego il mio pensiero e protesto per le strumentalizzazioni. Qualche minuto e arriva la falsa Ansa che ne dà notizia. Mi capita, subito dopo, di avere un incontro con il Vescovo. Gli racconto l’accaduto e gli faccio una tirata sulla crisi dell’antropocentrismo. Mi guarda perplesso. Non ho avuto il coraggio di richiamarlo per dirgli che il mio sermone era il frutto di uno scherzo ben riuscito.

Infine, non dimenticherò mai l’intervento a Brittoli: paesino incastonato nel Gran sasso alla confluenza delle provincie dell’Aquila, di Pescara e Teramo. Mi dicono che mai un senatore della Repubblica (tanto meno del Regno) aveva visitato il paese. Non so se è vero ma per loro è un evento. La sala è piena. In prima fila addirittura due sacerdoti. Mi si apre il cuore: per la prima volta sento qualcuno ringraziare per quanto il governo Berlusconi ha fatto nel periodo del terremoto. Tutta l’ostilità suscitata da un’emergenza gestita in modo eccezionale mi è sempre sembrata un’ingiustizia! Durante il mio intervento Sandro, il caposcorta, si avvicina e mi dice che mi sta cercando “il capo” (così chiamiamo, in gergo, Berlusconi). Nella sala circola un brusio. Gli dico di comunicare che lo avrei chiamato appena terminato di parlare. Non possono crederci. Quel gesto di considerazione li conquista definitivamente!

Il momento più difficile? Quando Antonio Razzi, i cui interventi hanno invaso internet per lo slang caratteristico, mi comunica che “In onda”, la trasmissione di Telese e Porro, ha predisposto un collegamento con lui dal mio comitato elettorale, che sarebbe durato un’ora. Subodoro la trappola e il conseguente massacro. E la convinzione si rafforza quando so che per l’occasione sono giunti a Pescara addirittura Parenzo e Vergassola (che si dimostreranno pungenti come di consueto ma molto corretti).

Mi assale il timore che, al di là delle intenzioni, la puntata con Razzi stia per trasformarlo definitivamente in oggetto di razzismo. Non capisco perché un operaio emigrato in Svizzera debba essere insultato per il suo cattivo italiano. Decido di prendere il toro per le corna. Chiamo Porro (mio vecchio studente alla Luiss) e, sfruttando la sua benevolenza, gli impongo la mia presenza in trasmissione. Convinco poi i ragazzi del comitato a metterci la faccia e a fare da cornice. E così la sera trasformiamo l’agguato in un atto di accusa. Contro la sinistra salottiera che, dimentica delle sue radici, va a caccia dell’errore linguistico! La serata finisce simpaticamente, con Vergassola che ci delizia col suo umorismo tanto immediato quanto penetrante.

I momenti più strani? Forse due. Il primo quando mi ritrovo in cattedra di fronte ai professori del Mecenate, la scuola paritaria gestita con piglio autoritario da Federica Chiavaroli. Federica li sospetta in odore di grillismo e mi chiede di spiegare le buone ragioni del centrodestra. Dopo tanto tempo mi ritrovo docente tra i docenti e mi sorprendo constatando con quanta naturalezza mi riesco a calare nel ruolo: insegnare è un po’ come andare in bicicletta. Quando lo si apprende non si dimentica! La serata, però, si risolve per un colpo di genio politico. Perché, di fronte alle persistenti difficoltà, riferendomi al carattere volitivo di Federica, così concludo la lezione: “ricordatevi poi che nel segreto dell’urna la Chiavaroli vi vede, Grillo no!”. Applausi scroscianti.

Un altro episodio particolare si svolge l’ultimo giorno, quando il silenzio elettorale è già calato. Faccio vela verso l’Alto Sangrio, dove mi precede un amico ex senatore barese frequentatore abituale dei luoghi. Mi trovo in mezzo alla neve, a cercare di convincere ristoratori e maestri di sci. La proprietaria di un ristorante mi dice di essere figlia del segretario di Giuseppe Spataro, mitico parlamentare popolare. Mi ricordo di aver visto in un’altra vita, quando facevo lo storico, le lettere del padre, e gliele racconto. Il mondo è piccolo, il cerchio si chiude. Ho fatto proprio tutto il possibile. Torno a Roma. La coscienza è tranquilla. (fine)