Caro Berlusconi, lasci perdere la spazzatura e vada avanti con le riforme

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Caro Berlusconi, lasci perdere la spazzatura e vada avanti con le riforme

22 Giugno 2009

Ma voi quando andate a casa di qualcuno, vi portate, nascosto chissà dove, un registratore? Ebbene, è di questo che si sta parlando da giorni sul più autorevole quotidiano italiano, peraltro avvezzo, sin dal 1994, ad inviare avvisi di garanzia a mezzo stampa, avvisi per presunti reati, poi rivelatasi puntualmente bufale. I direttori cambiano (o meglio ruotano), il pattume resta.

Per la verità questa volta l’avviso di garanzia è arrivato in diretta televisiva, mentre due ex militanti della FGCI, compagni rivoluzionari (l’una giornalista snob, l’altro premier trombato e quasi presidente della repubblica ritrombato), tranquillamente disquisivano di scosse, governi in pericolo e miti dell’eterna gioventù. Il ghigno, sotto il baffo ingrigito, è quello dei tempi migliori, simile a quello del suo compagno di partito, detto Beria, nel 1994. 

Un film già visto, insomma, con procure che sigillano gli archivi quando le notizie di reato sono già sulla stampa, e magistrati indipendenti che vanno in vacanza nel bel mezzo della bufera.

Dovremmo tutti ricordarcele quelle pagine buie, le più buie della nostra Repubblica, con tintinnii di manette, morti in carcere, magistrati in politica, dopo una scampagnata al Mugello, e tante assoluzioni perché il fatto non sussiste.

Dovrebbero ricordarselo anche coloro che negli anni di Tangentopoli, dalla destra dell’emiciclo, amavano sventolare cappi per manifestare il loro sostegno ai Torquemada che volevano “rivoltare l’Italia come un calzino”, coloro che per la maggioranza del Parlamento dovevano ancora “marcire nelle fogne” e di lì a poco sarebbero stati sdoganati da questo novello cesare con il debole per le donne.

Oggi, alcuni di questi, nel loro girovagare by-partisan tra una Fondazione ed un’altra alla ricerca di soluzioni condivise e con la scusa di “costruire nuovi modelli di leadership”, chiedono al loro sdoganatore di “chiedere scusa” agli Italiani, perché qualcuno di non proprio specchiata reputazione, si è presentato a casa sua (forse) con un registratore, perché quindici anni di accuse ed inchieste poi rivelatesi infondate, milioni di pagine di indagini inutili, non sono un complotto, ma la dimostrazione di una “democrazia impotente” o peggio, solo, “la paura diffusa” degli amici del Premier, che impressionano per i loro “rumorosi silenzi”.

Il “complotto fa ridere” dicono, con chiara coscienza di fuoco amico, inconsapevoli fiancheggiatori di chi ha deciso che la libera scelta degli elettori non ha più valore, proprio contro i principi di quella Costituzione, che sventolano noiosamente ad ogni convegno.

Ebbene a questi Italiani va chiesto scusa, è vero, ma non perché una signorina di bell’aspetto ha deciso di far carriera a modo suo (dopo aver tentato, invano, con il solito calendario), ma perché la loro scelta sovrana non viene rispettata ormai da troppe volte, perché qualcuno ha deciso che la battaglia politica non si fa sulle idee e i programmi ma, dal buco della serratura, con l’occhio perverso e putrido dell’invidia sociale e della menzogna costruita ad arte.

Se proprio il Premier deve chiedere scusa agli Italiani, lo deve fare, non perché ospita a casa sua chi vuole, come vuole e quando vuole, ma perché, affaccendato a districarsi tra la spazzatura quotidianamente propinataci dai giornali, ritarda quella stagione delle riforme di cui il nostro Paese ha bisogno. Quelle riforme che proprio a coloro che pontificano di scosse e ancor più ai loro finanziatori fanno paura, abituati come sono a vivere delle rendite che quest’Italia immobile assicura.