Caro ministro Tremonti, sbagli a invocare più regole
02 Febbraio 2009
Da Davos, Giulio Tremonti dice che per superare la crisi ci vogliono più regole, che la finanza internazionale va riportata dall’anarchia all’ordine. Questa tesi è sostenuta tipicamente da quanti credono che vi sia un capitalismo europeo "buono" (il modello renano di cui si parlava una volta) e un capitalismo americano "cattivo". L’economia sociale di mercato contro l’economia di mercato e basta.
Ma è una tesi effettivamente fondata? La risposta migliore l’ha data lo stesso Giulio Tremonti, nella sua lezione magistrale alla Cattolica del 19 novembre scorso.
Rispondendo a distanza a quanti sostenevano che l’ "evoluzione degenerativa del capitalismo" fosse "dovuta alla deregulation", Tremonti notava che "in parte è stato così e in effetti nel ’95, ’97, ’99 e nel 2000, in America vengono formalizzati quattro provvedimenti legislativi assolutamente orientati nel senso della deregulation finanziaria. Ma non è così vero in assoluto. L’Europa è un’area fortemente regolamentata, eppure è un’area su cui c’è l’impatto della crisi".
Se i regolatori hanno avuto un impatto sulla crisi, è stato semmai in senso negativo. Sono loro che hanno fissato limiti folli alla leva finanziaria causando di fatto il fallimento di tutti i grandi istituti di credito. Sono loro che hanno protetto e creato istituti di credito "too big to fail", creando azzardo morale. Sono loro che hanno sguinzagliato i propri seguci all’inseguimento dei Madoff di questo mondo, senza riuscire neppure a capire che avevano sotto gli occhi uno schema Ponzi.
E noi dovremmo affidarci di più, a professionisti con questo track record? Tremonti dice giustamente, dei manager che hanno trascinato i loro istituti in questo disastro: a casa o in galera. Perché dovremmo "graziare" gli scrittori di regole?