Caro Renzi, andare in Europa a implorare nuovo debito non è un successo

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Caro Renzi, andare in Europa a implorare nuovo debito non è un successo

15 Luglio 2017

“Il governo Monti e il governo Letta avevano un deficit più alto del nostro, lo avevano al 3% e noi lo abbiamo ridotto, non aumentato. Siamo stati più rigorosi”. “La nostra proposta è quella di far salire il deficit al 2,9% del Pil per cinque anni per ridurre le tasse e spingere la crescita”. A leggerle così sembrerebbero dichiarazioni di due persone diverse, figlie di due linee politiche diverse. Niente di più sbagliato. A parlare è sempre lui, Matteo Renzi, che solo tre mesi fa – a marzo – si vantava di aver ridotto il deficit e di aver “tenuto i conti in ordine”, mentre ora propone addirittura di alzarlo al 2,9% per poter ridurre le tasse, cosa che dalle parti di Bruxelles è stata accolta con orrore: Juncker, come ha riferito il suo portavoce, si è limitato a un gelido “non commentiamo le parole di persone al di fuori della cerchia di governo”. Più secco il commissario Moscovici: “L’interesse dell’Italia è continuare a ridurre il deficit per ridurre il debito che pesa sulle generazioni future e impedisce di finanziare i servizi pubblici”.

Ma anche dal governo non si può certo dire che la proposta sia stata accolta con calore: “Mi sembra che siano temi per la prossima legislatura” ha commentato imbarazzato il ministro Padoan. Imbarazzo che nasce dal fatto che il governo proprio in questi giorni sta negoziando la riduzione del deficit in vista della manovra autunnale. L’esatto opposto, dunque. Ma niente, Renzi tira dritto e lancia quello che sarà il “nuovo” cavallo di battaglia della prossima campagna elettorale.

Anche se, per la verità, la proposta renziana, di nuovo ha ben poco. Dopo aver pregato in ginocchio la Commissione europea chiedendo “più flessibilità” – probabilmente in cambio dell’accoglienza “senza se e senza ma” dei migranti -, spingere ora per alzare il deficit, significa praticamente chiedere la stessa cosa: fateci spendere di più, fateci indebitare! Un film già visto e rivisto, dunque. Altrimenti come avrebbe fatto Renzi a trovare i famosi 80 euro e la barca di soldi pubblici investita per finanziare il Jobs Act “per rilanciare” a detta sua rispettivamente “i consumi e il lavoro”?

Peccato però che, con il tempo, queste misure hanno svelato la loro vera natura: mancette elettorali per aumentare il consenso più che i consumi, o – come nel caso del jobs act – risorse bruciate, che hanno avuto un risultato solo episodico. E a dirlo sono i dati: se si pensa che negli anni del governo Renzi, come ricordiamo sempre, il debito pubblico è aumentato di 135 miliardi di euro, nel 2016 abbiamo pagato 17 miliardi di tasse in più che con Monti, 50 miliardi in più che con Berlusconi (fonte Istat), i consumi non sono ripartiti, anzi, sono aumentati i risparmi, segno che la fiducia degli italiani è tutt’altro che in ripresa e il tasso di disoccupazione non è stato abbattuto, come ci era stato detto, non ci vuole tanto a capire che la Renzinomics, la politica economica del governo Renzi, pur essendoci costata cara, non ha funzionato. Solo tanto fumo negli occhi, e per niente arrosto. 

Per cui, nulla di nuovo sotto il sole: la proposta di alzare il deficit non è un inversione di tendenza rispetto al passato. Anzi, presenta sotto le mentite spoglie della “nuova proposta” una politica già praticata: tassa e spendi. Solo che ora Renzi, già in piena campagna elettorale, fa pendere la bilancia mediatica solo sullo “spendi” chiedendo fondi per tagliare le tasse. Ma in realtà alzare il deficit significa, come già detto, aumentare la spesa pubblica; quando si dice che i conti vanno tenuti in ordine e il debito sotto controllo, si dice una cosa giusta, perché gli effetti deleteri di una politica in deficit rischiano di essere uno spread fuori controllo, le speculazioni finanziarie, e la difficoltà dello Stato di piazzare i titoli del Tesoro, considerando gli alti tassi e i maggiori interessi sul debito. Ecco perché i conti vanno tenuti sotto controllo e bisognerebbe evitare azzardi come quelli contenuti nelle ultime manovre. Tutto questo potrebbe infine tradursi in un nuovo e immancabile aumento delle tasse per cercare di riportare in ordine i conti. Quindi, attenzione alla fregatura: quando Renzi punta tutto sullo “spendi”, il “tassa” è sempre dietro l’angolo.