Caso Eni-Turchia, lo strano silenzio dei giornaloni (per non condizionare il voto?)

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Caso Eni-Turchia, lo strano silenzio dei giornaloni (per non condizionare il voto?)

26 Febbraio 2018

Ma i turchi se la prendono solo con l’Eni, è perché sono intimiditi dal prestigio internazionale di Gentiloni? “La nave Saipem 12000 noleggiata dall’Eni, bloccata da due settimane al largo della costa sudorientale di Cipro dalla marina militare turca che le ha impedito di raggiungere l’area designata per le sue perforazioni su licenza di Nicosia, si trova ora al largo del porto cipriota di Limassol per rifornimento e poi partirà per altre attività di trivellazione. Lo ha detto a una tv locale il ministro dell’Energia cipriota, Giorgos Lakkotrypis”. Così un lancio Ansa del 24 febbraio. La stampa italiana che ci racconta anche quante pulci ci sono nelle tasche  di Donald Trump, non ci ha spiegato tanto bene che cosa è successo nel mare di Cipro. Per esempio sarebbe interessante sapere se è vero che a Esso e Total è stato permesso dai turchi di eseguire quell’intervento che è stato impedito all’Eni: ciò consoliderebbe l’idea che mi sono fatto di un’Italia che è tornata a essere un’espressione geografica sotto la regia del magnifico quartetto Monti-Lettino-Renzi –Gentiloni. Fornendo ulteriori argomenti alla mia nota, qui sotto pubblicata, sulla posta del voto del 4 marzo. 

La posta del voto del 4 marzo: un’Europa carolingia o un’Europa atlantica (e magari anche un po’ uralica?) “Sergio Fabbrini continua a ripetere che queste elezioni sono come quelle del 1948, elezioni che decidono da che parte del mondo si sta” così scrive Michele Salvati sul Corriere della Sera del 24 febbraio. Salvati col tempo è diventato sempre più ragionevole, e quindi stempera il fanatismo pro Unione europea di un pur intelligente commentatore ma obnubilato dalla passione come Fabbrini. Però al fondo ne recepisce parte del messaggio. Mi pare che entrambi, Sergio e Michele, sbaglino a impostare il problema. La questione non è più Europa o meno Europa. Ma quale Europa: più legata agli Stati Uniti, che non si accoda a Teheran su Gerusalemme capitale di Israele, che dialoga seriamente con la Gran Bretagna e anche con la Polonia, che fa da ponte (Robert Mueller permettendo) tra Stati Uniti e Russia anche sull’Ucraina? O un’Europa in balia di un’Unione rappresentata da un personaggio come Jean-Claude Juncker, dove un po’ velleitario e molto mercante Emmanuel Macron si appresta a sostituire una iperlogorata Grande Bottegaia berlinese? Anche per salvare (cambiandola profondamente) l’Unione, è necessario tornare a quella dei padri fondatori cioè a un’istituzione con un’anima profondamente atlantica.

Essere dei “regolarmente retribuiti” o dei cittadini? Agli elettori l’ardua sentenza. “L’ex premier «non ha mai preso parte a nessun tipo di attività segreta e tanto meno a gruppi segreti di lobby, né ha mai ricevuto compensi per questo tipo di attività». È la nota diffusa dall’ufficio stampa di Prodi. «In merito a quanto pubblicato su Politico. com – viene precisato – si ribadisce che il presidente Prodi si è a lungo impegnato affinché potesse concretizzarsi un riavvicinamento dell’Ucraina all’Europa. Impegno che si è espresso in incontri preparatori e in numerose conferenze pubbliche, regolarmente retribuite, e approfonditamente preparate che si sono svolte in diverse capitali europee. È stato un impegno serio e corrispondente al ruolo politico di già presidente della Commissione Europea”. Così Alberto Flores d’Arcais riporta sulla Repubblica del 25 febbraio un comunicato di risposta di Romano Prodi alle notizie circolate su soldi che gli sarebbero arrivati via Paul Manafort in cambio di appoggi al primo ministro ucraino Viktor Yankulovic. Insomma nessuna “attività segreta”, solo “numerose conferenze pubbliche, regolarmente retribuite, e approfonditamente preparate” “svolte in diverse capitali europee”. Prodi dice ancora che tutta questa sua attività è “facilmente rintracciabile”. E sarebbe utile che venisse ben ben scrutata “questa attività” per capire se è vero che diversi cinesi, russi, americani, qatarioti, nonché lunghe file di francesi abbiano “regolarmente retribuito” il professor ex presidente della Commissione europea per “conferenze pubbliche” “approfonditamente preparate”.

La sensazione (magari esagerata) che danno quello che, secondo alcuni, dovrebbe rilanciare la sinistra italiana e i suoi amichetti ben piazzati innanzi tutto nelle ultime industrie di Stato, è di essere tramiti di sistemi di influenza non italiani (forse più consistenti di qualche fake news) difformi da quelli che operano nelle altre grandi nazioni che fanno parte dell’Unione europea. Lasciamo perdere i britannici e anche i superpatriottici francesi, così avviene anche in Germania – nonostante Gerhard Schroeder sia presidente della Rosneft- in Spagna e oggi in una Polonia in parte un po’ arruffata perché si è dovuta liberare di socialisti ex comunisti che svolgevano un po’ troppe conferenze “regolarmente retribuite”.

Sia chiaro io non dubito dell’onestà di Prodi e del suo diritto di essere giustamente retribuito per “numerose conferenze pubbliche” “approfonditamente preparate”, ritengo però che sarebbe meglio non dare ruoli politici centrali a persone che svolgono questo tipo di attività. Naturalmente la fragilità della nostra sovranità nazionale non dipende solo dalla voglia di essere “regolarmente retribuito” di un professore bolognese. Un ruolo fondamentale lo hanno anche avuto persone di qualità come Carlo Azeglio Ciampi che hanno teorizzato come gli italiani non potessero essere messi in riga senza duri” vincoli esterni”. E una colpa fondamentale la hanno gli ex comunisti che un po’ come i loro compagni polacchi hanno chiuso gli occhi (nonostante qualche tentativo ma nevroticamente fragile di Massimo D’Alema) sulla tendenziale disgregazione di una nostra sovranità, sempre meno comparabile a quella degli altri Stati della Ue. Il tutto per avere una patente di circolazione in una comunità internazionale molto critica verso il loro passato.

Comunque il problema non è né sciacallare su questioni penali né concentrarsi in processi al passato (anche se un’analisi storica è assi utile per capire il futuro) bensì capire quel che serve per il domani. Il bivio è chiaro: se ci si affida ai “regolarmente retribruiti” il destino dell’Italia è tornare a essere una pura espressione geografica  così come se ci si mette nelle mani di un movimento di sbandati incapaci di amministrare persino un comune o di selezionare i propri candidati. L’unico tentativo, se proprio si ha voglia di cercare di essere come chi vive  negli altri Stati membri dell’Unione, è puntare sul pur non molto scintillante centrodestra, con tutti i suoi limiti culturali e i suoi affanni politico-organizzativi. Scelta che potrebbe poi favorire anche la formazione di una sinistra finalmente con basi popolari e nazionali. Non so se sia più realistico pensare a un futuro da “regolarmente retribuiti” o da cittadini: comunque questa è la scelta di fronte a noi.

Danke shen, frau Angela. “A poll released this week found that 16 percent of German voters would choose the AfD in elections, half a percentage point more than would pick the Social Democrats”. Lukas Hermsmeier scrive sul New York Times del 23 febbraio che il più recente sondaggio fatto in Germania, dà Alternative für Deutschland  al 16 per cento, e la Spd prenderebbe mezzo punto di percentuale  in più rispetto a un AfD che peraltro è una realtà più complessa di un quel partito neonazista che viene sbrigativamente definito dalla frettolosa stampa italiana. Nasce, infatti, innanzi tutto grazie alla destra della Cdu e a parte importante delle associazioni degli imprenditori. Poi però ha una deriva con punte xenofobiche alleandosi a un movimento più rozzamente di destra come Pegida. Tutti questi processi hanno una sola causa: l’infernale idea di Angela Merkel di imbalsamare la democrazia tedesca e impedire quel necessario gioco delle alternanze che consente agli elettori di considerarsi cittadini e non sudditi di oligarchie politicistico-elitiste.