
Catasto, rischi e potenzialità dietro la norma contestata (di C.Togna)

06 Marzo 2022
Le scorse giornate, al di là della tragedia della guerra Ucraina, sono state caratterizzate dalle fibrillazioni politiche dovute allabocciatura proposta dal centrodestra dell’articolo 6 della bozza di DDL di delega di riforma del sistema fiscale (cosiddetta “revisione del Catasto Fabbricati”) dando luogo a due interpretazioni divergenti nella forma sebbene unite nella sostanza. Divergenti nella forma in quanto la quasi totalità delle forze del centrodestra in commissione hanno votato per l’eliminazione del predetto articolo 6 dalla bozza di DDL di delega di riforma del sistema fiscale mentre Noi con l’Italia ha votato a favore del mantenimento dell’articolo 6 (fortemente voluto dal Governo) appoggiata nelle motivazioni da esponenti governativi di Forza Italia e altre singole voci di partiti del centrodestra. Nella sostanza entrambe le posizioni concordano nella volontà di non consentire la strumentalizzazione di tale riforma ai fini di un inasprimento delle imposte sulla casa e in particolare dell’introduzione di un’imposta patrimoniale (retropensierostrutturale alla sinistra).
Tale fibrillazione è dovuta ai due diversi piani sui quali la norma si muove: quello di una narrazione politicamente orientata finalizzata all’enfatizzazione, più emotiva che tecnica, di provvedimenti al precipuo scopo di mettere in difficoltà (o di far cadere) il Governo e quello dell’analisi tecnica che ne individui, al fine di sterilizzarle, le possibilità di una strumentalizzazione in chiave di inasprimento della pressione fiscale o peggio di una patrimoniale. La narrazione politicamente orientata fa leva su una serie di elementi strutturati dal passaggio da un Catasto “reddituale” ad un Catasto reddituale-valoriale che generano, in forza dell’atavica – e spesso meritata – diffidenza nei confronti della apparente neutralità delle norme fiscali (cosiddetta invarianza di gettito) un pensiero reagente in forma preventiva in spregio ad una più fredda analisi.
Per onestà intellettuale debbo confessare che tale reazione difensiva preventiva di fronte ad una norma fiscale che può incidere pesantemente sull’assetto finanziario più strutturato della popolazione italiana è stata anche la mia. L’esame tecnico dell’articolo 6 del decreto legislativo, anche alla luce delle dichiarazioni fattane da quella parte di centrodestra che non ne ha votato l’eliminazione, impone delle considerazioni più “mirate”.
Il predetto articolo 6 si denomina “Principi e criteri direttivi per la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del Catasto Fabbricati”. Nell’articolo 1 si prevedono modalità applicative per il corretto classamento e la corretta mappatura dei fabbricati esistenti (cosiddetto censimento degli immobili fantasma) con la previsione della condivisione e l’incrocio dei dati tra le competenti amministrazioni dello Stato. E su questo non mi sembra vi possano essere obiezioni.
Nel punto 2 sono presenti gli elementi più delicati in quanto rappresentano il passaggio dal catasto reddituale al catasto patrimoniale a decorrere dal primo gennaio 2026 con dei principi e criteri direttivi. Il criterio più importante è quello costituito dal dettato normativo che vieta, all’attualità, l’utilizzo a fini tributari dei dati derivanti dal catasto patrimoniale. Gli altri criteri ruotano intorno all’attribuzione ad ogni unità immobiliare, oltre la rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente,anche il relativo valore patrimoniale ed una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato.
In realtà tale formulazione rende evidente all’interno di un unico sintagma normativo quello che è già in essere. Infatti da oltre 10 anni risulta compiuta la digitalizzazione di tutti gli atti di trasferimento di immobili (sia di compravendite che successioni): non solo, ma esistono osservatori specializzati (strutturali all’Agenzia delle Entrate) che compiono un monitoraggio quotidiano del valore di mercato degli immobili. Un esempio è l’OMI le cui risultanze vengono ritenute probanti anche in caso di contenzioso da o contro l’Agenzia delle Entrate.
Quindi, in buona sostanza, tutta l’Amministrazione Finanziaria conosce in tempo reale entrambi i dati:
1) il valore reddituale dell’immobile (e cioè quanto può rendere se affittato) su cui viene parametrata la rendita catastale “reddituale” (fornito dagli uffici catastali);
2) il valore commerciale dell’immobile desunto dalle Conservatorie dei Registri Immobiliari (Agenzia fiscale del territorio – Servizio di Pubblicità Immobiliare).
Con l’articolo 6 si rende “strutturale” il raccordo tra l’Agenzia del Territorio ed Agenzia delle Entrate. Niente di più. Non vi è nell’articolo 6, in effetti, alcun elemento da cui far discernere, automaticamente, la tassazione della prima casa. Anche se è di fattuale evidenza che il valore patrimoniale di mercato medio degli appartamenti, anche di prima casa, potrebbe indurre in tentazione un futuro legislatore a limitare l’esenzione IMU a quella parte di abitazioni non superiore ad un certo valore di mercato; ma francamente tale ipotesi nell’impianto normativo non c’è.
Va inoltre dato atto che dalle esegesi della norma (punto b dell’articolo 2) il valore patrimoniale e la rendita attualizzata in base ai valori normali e soppressi dal mercato appare perimetrata dall’endiadi “ove possibile”. Il che lascia lo spazio ermeneutico, di intervento politico e di tecnica legislativa per tener conto della eventuale incidenza di mutui fondiari e di altre passività gravanti sull’immobile.
Una interpretazione non solo letterale ma anche di sistema del punto b dell’articolo 2 da un lato porterebbe ad escludere che possa essere considerato ai fini della capacità contributiva (fondativa dell’obbligo tributario) il valore puramente commerciale del bene e dall’altra a ritenere che la cosiddetta rendita catastale attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali e presi dal mercato divenga un elemento di una più complessa fattispecie dell’obbligo tributario dovendosi doverosamente integrare con le passività inerenti in forma strutturale al cespite.
Tale interpretazione non solo letterale ma di sistema parrebbe confermata dal punto c del secondo comma dell’articolo 6 che prevede meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento. Tale punto sembra rendere ancora più evidente che la futura rendita catastale tenderà ad inserirsi in una sorta di “statuto personale del contribuente” in cui verranno considerate, in ossequio al principio costituzionale della capacità contributiva, anche le eventuali passività inerenti e strutturali al cespite,
Sarà compito delle forze politiche di centrodestra vigilare affinchéun provvedimento che può indubbiamente portare ad una razionalizzazione di equità della tassazione immobiliare possa essere brutalmente trasformato in mera imposta patrimoniale.