Cav., è ora di mostrare le carte e svelare che Fini sta solo bluffando

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Cav., è ora di mostrare le carte e svelare che Fini sta solo bluffando

18 Novembre 2010

Non sappiamo se nell’elenco dei valori della destra solennemente enunciati dal Presidente Fini dalla tribuna politicamente corretta del duo Fazio-Saviano possano trovare cittadianza anche i valori del Poker. Ma sarà così. Del resto il poker è gioco di carte tradizionalmente poco popolare nella cultura di sinistra più avvezza al tresette o alla briscola, o per i ceti più colti, allo scopone. Certo che la gestione finiana della crisi politica aperta formalmente a settembre, ma in gestazione da molto più tempo, sembra ispirarsi ad una disinvolta quanto coraggiosa strategia di poker, con l’obiettivo, tipico di ogni buon pokerista, di vincere il piatto senza avere punti in mano.

Nella prima fase della partita obiettivo di Fini è stato quello di mettere in crisi il Governo ostacolandone l’azione e senza assumersi la responsabilità di sfiduciarlo, in modo da non caricarsi il costo politico della rottura e da rendere agevole la formazione di un nuovo governo che scompaginasse gli equilibri interni al centro destra.

Verificata l’impraticabilità della strategia, Fini ha deciso di uscire allo scoperto a settembre formando gruppi parlamentari autonomi ed avviando la fondazione di un nuovo partito politico. Ma in questa fase la linea ufficiale, solennemente sancita con il voto del 29 settembre, è stata di autonomia e differenziazione dal PdL ma di lealtà nell’ambito della coalizione a sostegno del Governo.

Ottenuto il riconoscimento politico di rappresentare la “terza gamba” della maggioranza, Fini ha rilanciato è rivendicato la discontinuità del Governo (ovvero un Berlusconi bis con compagine programma e coalizione nuovi) come condizione per rilanciarne l’azione.

Ma si trattava di una posizione dallo spiccato sapore forlaniano, evidentemente strumentale ad un nuovo passaggio: la richiesta di un governo presieduto da chiunque ma non da Silvio Berlusconi. Per raggiungere questo obiettivo Fini sarebbe disponibile ad un governo presieduto da un altro esponente del PdL (Tremonti, Letta) o a un governo di responsabilità nazionale (tutti insieme appassionatamente) o financo ad un governo di salute pubblica (tutti gli avversari del Cavaliere). Tutto pur di levarsi di torno Berlusconi.

Ma evidentemente il Presidente della Camera ha calcolato male i tempi. Un’operazione del genere avrebbe avuto una minima possibilità di successo solo se realizzata prima o al massimo all’inizio dell’iter di approvazione parlamentare della legge di stabilità E’ chiaro che una crisi di governo aperta a legge di stabilità ancora aperta avrebbe giustificato, sulla base del richiamo a principi di responsabilità nazionale, la formazione di un nuovo governo che garantisse l’approvazione del bilancio dello Stato, scongiurando il rischio di esercizio provvisorio ed i conseguenti pericoli di speculazione finanziaria contro l’Italia. La praticabilità di una prospettiva ribaltonista è infatti condizionata da vincoli sia numerici (al Senato al momento la maggioranza tiene bene) che politici (occorre un motivo ragionevole per renderla digeribile all’opinione pubblica in generale, ed al proprio elettorato potenziale in particolare).

Ma il lodo quirinalizio raggiunto due giorni fa nella partita fra mozione di sfiducia (alla Camera) e questione di fiducia (al Senato) ha evidentemente chiuso tale strada. Ormai è acclarato che la crisi sarà affrontata e (in un modo o in altro) risolta a bilancio e legge di stabilità approvati. E questo evidentemente riduce di molto gli spazi di movimento di Fini. Anche nell’ipotesi (al momento del tutto improbabile) che Berlusconi perda la maggioranza anche in Senato le possibilità di evitare le elezioni anticipate (un pericolo mortale per Fini) sono assai modeste. Su quale base si potrebbe giustificare la formazione di un governo che veda accanto Bersani, Di Pietro, Rutelli, Casini, Lombardo e Fini?

A questo punto delle due l’una. O dal mazzo delle carte esce l’asso, ovvero un evento drammatico che riapra la prospettiva di un governo degli antiberlusconiani (ad esempio una bella crisi finanziaria irlandese o portoghese o una tempesta valutaria sull’euro) oppure un incidente parlamentare che porti alle dimissioni del governo prima del voto finale sul bilancio (ad esempio la sfiducia al Ministro Bondi).

Ma se così non fosse Fini sarà costretto a fare marcia indietro e puntare sul logoramento lento di Berlusconi (semmai grazie ad una sentenza favorevole della Corte Costituzionale sulla legge sul legittimo impedimento). E del resto ci sono alcuni importanti segnali in questa prospettiva. Ad esempio, pur avendo richiesto a gran voce le dimissioni di Berlusconi ad oggi non risulta ancora essere stata presentata dai deputati di Futuro e libertà una mozione di sfiducia. Si tratta solo di mera dimenticanza o di un sovraccarico di lavoro parlamentare?

Ma anche più inquietanti sono alcune voci che circolano a Montecitorio. Voci secondo le quali, il 14 dicembre la mozione di sfiducia al governo sarà respinta dalla Camera non grazie al successo dell’azione di reclutamento di nuovi deputati nella maggioranza ma dalla strategica assenza dal voto di alcuni deputati dell’opposizione. In questo modo, il governo rimarrebbe in carica ma sarebbe mortalmente azzoppato. In questo modo la legislatura durerebbe alcuni mesi in più giusto quelli necessari per scavallare l’estate e spostare l’appuntamento elettorale al 2012. Giusto il tempo di organizzare meglio le truppe e prepararsi allo scontro finale.

Forse Berlusconi, padre di tutti i vizi e con una vita privata sregolata, ha dimestichezza con il poker e non necessità quindi di alcun consiglio. Ma ci permettiamo comunque di offrirgliene uno. A poker se hai il punto in mano e pensi che l’avversario stia bluffando hai una solo strada: vai all in e punta tutto.