C’è a chi piace un’Unione europea divisa tra sorveglianti e sorvegliati
10 Maggio 2018
C’è a chi piace un’Unione europea divisa tra sorveglianti e sorvegliati. A me no. “Da oggi l’Italia è una sorvegliata speciale”. Così scrive Claudio Tito sulla Repubblica del 10 maggio. Ecco un’ottima motivazione per appoggiare un eventuale governo lego-grillino: se nell’Unione europea esistono nazioni sorvegliate e nazioni sorveglianti, trovare le forme per quanto possano essere un po’ strampalate per affermare la pari dignità tra tutti gli Stati membri, è pura legittima difesa.
Cacciari si lamenta che le corporazioni industriali non abbiano più voce, però quando uno ascolta certe dichiarazioni di Boccia, si convince che se non avesse voce sarebbe tanto di guadagnato. “Basta pensare solo al voto”. Così dice Vincenzo Boccia al Corriere della Sera del 9 maggio. “Non funziona più nulla in questo Paese: pian piano stanno scomparendo i sindacati, i partiti, le associazioni di categoria, le corporazioni industriali non hanno più voce” Così dice Massimo Cacciari a Francesco Bechis su Formiche dell’8 maggio. Il filosofo veneziano a un settantenne come me ricorda Raimondo Vianello che imitava un Gino Bartali che sapeva solo dire: “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”. Però l’ex sindaco di Venezia ha molto spesso ragione: peraltro in certi casi se alcune corporazioni industriali non avessero più voce, sarebbe tanto di guadagnato.
L’Europa mogherineggia abbastanza compatta (con qualche timida iniziativa macroniana), mentre l’Iran ha utilizzato la tregua da “trattato sulla bomba nucleare” per destabilizzare tutto il Medio Oriente. “Finché l’Iran continuerà ad attuare i suoi impegni sul nucleare, come ha fatto finora e come è stato confermato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica in dieci relazioni consecutive, l’Ue continuerà a impegnarsi per la continua, piena ed efficace attuazione dell’accordo“. Così un lancio dell’Ansa del 9 maggio riporta le parole dell’Alto rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini. Per fortuna che c’è Emmanuel Macron che almeno cerca (così riporta il sito di Le Point del9 maggio citando l’Afp) “d’engager une discussion large avec l’ensemble des parties concernées, prenant pour base l’accord nucléaire de 2015, pour parvenir à un cadre mutuellement bénéfique sur les sujets liés au développement du programme nucléaire de l’Iran après 2025, les activités balistiques et les principales crises au Moyen-Orient” di avviare un confronto che preveda una migliore regolazione degli accordi anche per il dopo 2025, discutendo subito dei missili balistici di cui Tehran si sta bellamente dotando. Fa impressione constatare come l’Europa sia così impegnata a mogherineggiare assistendo inerte al dispiegamento di milizie iraniane in Libano, in Siria, in Irak, nello Yemen fino al sostegno in Polisario dei nemici di Rabat. Così scrive Bret Stephens sul New York Rimes del 9 maggio: “The easing of sanctions also gave Tehran additional financial means with which to fund its depredations in Syria and its militant proxies in Yemen, Lebanon and elsewhere” l’aver addolcito le sanzioni è servito essenzialmente per dare a Tehran nuovi mezzi per finanziare operazioni militari in tutto il Medio Oriente. E poi sarebbe Matteo Salvini quello che ha poca attenzione alle esigenze di sicurezza occidentali.
De Bortoli si propone di mettere ordine anche nella soffitta del sistema politico regolando in qualche modo la vita dei partiti, ma se non si parte dalle fondamenta cioè dal rapporto tra istituzioni della sovranità popolare ed espressione elettorale di questo, ogni sforzo sarà inutile. “Il processo attraverso la quale si formano le decisioni cruciali per un Paese sfugge a qualsiasi regola procedurale costituita”. Ferruccio de Bortoli scrive un interessante editoriale sul Corriere della Sera del 7 maggio sulla mancata regolazione dei partiti politici (esigenza pur prevista dall’articolo 49 della Costituzione) e per corroborare la sua tesi cita l’affermazione su riportata di Alfonso Celotto costituzionalista docente all’università di Roma 3. E’ evidente come si debba arrivare anche a riformare le soffitte del sistema politico italiano cioè che si debba trovare forme per “regolare” i partiti, però come insegna un buon architetto ogni ristrutturazione deve partire dalle fondamenta: l’attuale profonda crisi dei partiti non nasce in prima istanza dalla loro mancata regolazione ma dal fatto che dal 2010 al 2018 si è minato, grazie a una gestione commissariale essenzialmente dall’alto dell’Italia, il rapporto tra istituzioni ed elettorato che seppur con rozzezza era stato mantenuto nella stagione bipolare della Seconda repubblica, Si è provocato così lo svuotamento di quel poco dei partiti che era rimasto e la formazione della bolla di protesta rabbiosa in cui stiamo vivendo. Per ricostruire un dignitoso sistema politico -stituzionale nazionale sarà anche necessario mettere ordine nelle “soffitte” ma se non si inizia dalle fondamenta (cioè dal rapporto tra istituzioni della sovranità popolare ed espressione elettorale di questo) ogni sforzo sarà vano.