C’è qualcuno che a sinistra ha il coraggio di fare mea culpa?
08 Agosto 2008
Antonio Gava era uomo dolce, si dice oggi, ed è vero. Ma era anche un simbolo: per decenni è stato indicato dalla sinistra italiana, come incarnazione somatica del rapporto equivoco tra il Palazzo e il malaffare, la camorra, il “lato oscuro della forza”. Gava era insieme il doroteo al quadrato e “l’antistato al quadrato”. Se si prendessero i fogli di carta in cui, a partire da Fortebraccio sull’Unità, l’Italia della sinistra ha fatto di lui l’icona del “governo del malaffare”, si riempirebbe non uno, ma dieci bastimenti.
Ma non è di lui che vogliamo parlare oggi. Lo vogliamo solo salutare come un politico di razza e un uomo dolce. Perché lo era.
Vogliamo parlare di altro: della demenza senile della sinistra, del suo elettroencefalogramma piatto.
Il processo Andreotti e quello a Gava (più silente, più defilato, ma non meno squassante) hanno eliminato dalla scena nel 1992 -complice un distratto e snob Martinazzoli- la Democrazia Cristiana. Bene, cosa fatta capo ha.
Ma dopo di lui, dopo la Corrente del Golfo (Gava, Pomicino e Scotti), dopo il genocidio dei dorotei, cosa è successo?
E’ successo che tutta la classe dirigente della sinistra che ha preso il loro posto, ha avuto un rapporto con la Camorra e il malaffare ancora più equivoco, ambiguo, disastroso, colpevole, vischioso.
Lo scandalo dei rifiuti è lì a farne da testimone planetario, perché a tutti è chiaro che Bassolino & C. lo hanno costruito passo passo, proprio perché incapaci di spezzare quelle ambiguità dei rapporti col “lato oscuro” della società campana, che con tanta ferocia avevano criticato in Gava, sino ad ucciderlo politicamente.
Lo scandalo di una società campana che si ritrova oggi dopo 14 anni di governi locali di sinistra, immobile, paludosa, senza progetto, senza servizi, senza vocazione, è lì a dimostrare che là dove la Dc -malamente- aveva avuto delle idee sulla Campania, gli eredi del Pci di idee, semplicemente, non ne hanno mai avuto, se non il culto per la “frase” vuota.
Lo stesso meccanismo principe usato da Berlusconi per dominare e risolvere l’emergenza rifiuti dimostra come la sinistra ha fatto molto peggio di Gava, perché ha lasciato la gestione del dossier rifiuti alla Camorra. Dopo avere immobilizzato con la nuova super Procura gli interventi demenziali dei magistrati locali (variante impazzita tutta italiana, anch’essa figlia della cultura “legalitaria” degli “anti Gava”), Berlusconi ha semplicemente interrotto -dichiarando “strategici” i siti e facendoli presidiare dall’esercito- il rapporto tra amministrazioni locali e Camorra, togliendo alle prime ogni potere formale di intervento e lasciando loro solo la pura rappresentanza politica nei vari tavoli di concertazione.
Di questo, solo di questo dovrebbe discutere oggi la sinistra. Dovrebbe inchinarsi a Gava, chiedergli scusa, e iniziare a discutere di come e perché, dopo averlo eliminato dalla scena, la sua gestione del potere locale è stata più condizionata dalla Camorra e dalla malavita di quanto non lo fosse stata nel cinquantennio precedente. Dovrebbe smettere di pensare che il “principio di legalità” consiste nell’abdicare il potere alla magistratura (errore principe del bassolinismo) e va invece posto al centro di un rapporto tutto da costruire tra mondo istituzionale e una società civile che è largamente corrotta, malavitosa, zavorrata.
Ma chiedere alla sinistra di ragionare, magari anche solo su sé stessa, è oggi sicuramente troppo.