Centrodestra unito con qualsiasi legge elettorale: ecco lo scacco matto a Renzi (e al M5S)
22 Settembre 2017
di Carlo Mascio
Se non ce ne siamo accorti, la (lunga) campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018 è iniziata. Toni accesi, manovre sottobanco, grandi kermesse. Sembra non mancare nulla. Sembra appunto. Perché sulle strategie di tutte (o quasi) le forze politiche pesa una grande incognita: con quali regole si va al voto? Insomma, con quale legge elettorale? Ieri mattina l’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick su Rainews24 ha lasciato pochi dubbi in merito: “Tutti i partiti vogliono adattare la legge elettorale alle loro prospettive. Ma la verità è che non la si vuole cambiare perché fa comodo avere una legge elettorale caotica che non funziona perché ciascuno può tirare acqua al suo mulino”. Tradotto: o si fa una legge elettorale che garantisce la governabilità oppure regnerà il caos, ma quest’ultima ipotesi consente ad alcuni di avere, dopo le elezioni, il margine per disattendere le promesse agli elettori e fare le alleanze che più convengono.
In realtà, chi non vuole cambiare la legge elettorale sono i Cinque Stelle (il cui obiettivo è solo arrivare primi) ma soprattutto il Pd renziano. Lo ha ribadito tra le righe anche un fedele scudiero di Renzi, Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, sempre su Rainews24: “Accordo con tutti o si va a votare con questa legge”. Come dire: noi non ci muoviamo, così alla fine non se ne farà nulla. In effetti, come abbiamo detto altre volte, Renzi sa bene che le chances di vittoria per il Pd alle prossime elezioni sono sempre meno. Quindi il suo obiettivo, ora come ora, non è tanto vincere, bensì far eleggere un gruppo compatto di renziani di sicura fede in Parlamento, per blindare il suo potere interno al partito e per provare, qualora ci fossero le condizioni, a tornare al governo grazie ad alleanze raccogliticce, costruite ad hoc, o alle solite larghe intese. Per cui, il “caos istituzionale” evocato da Flick, probabilmente non dispiacerebbe affatto al segretario Dem.
Altrimenti, se avesse veramente a cuore il bene del Paese, farebbe di tutto per far approvare una nuova legge elettorale che prevede, per esempio, la possibilità di formare coalizioni. Ipotesi che, ad oggi, pare l’unica in grado di aprire scenari di maggiore governabilità, senza operare forzature (tra l’altro incostituzionali) sulla rappresentanza. Ma niente, a Renzi questo proprio non interessa. Eppure, non era proprio Renzi ad aver impostato tutta la campagna sulla sua legge elettorale sullo slogan “una legge per sapere la sera stessa chi ha vinto”? Come mai questo ennesimo voltafaccia renziano? La risposta l’ha fornita (qualora ce ne fosse ancora bisogno) Michele Emiliano a Matera, alla festa di Idea: “Renzi mi ha detto che non vuole le coalizioni perché sennò vince il centrodestra”. Chiarissimo. Quindi, pur di non fare coalizioni con altri pezzi della sinistra, meglio il caos: almeno non si fa vincere l’eventuale coalizione di centrodestra. E del paese, chi se ne importa.
In effetti, chi può mettere in scacco Renzi è solo il centrodestra. Non solo con una vittoria alle elezioni, ma anche prima, per l’approvazione della legge elettorale. Come? “Centrodestra unito con qualsiasi legge elettorale: coalizione o listone unico”. È il mantra che il senatore e leader di Idea Gaetano Quagliariello va ripetendo da tempo. Solo se il centrodestra deciderà di correre unito a prescindere dalla legge elettorale, allora forse il segretario Dem si rassegnerà a rimettere mano alla legge. Anche perché gli ultimi sondaggi danno un listone unico del centrodestra al 36%. Quindi con ottime possibilità di arrivare a quel 40% che garantirebbe la governabilità.
Insomma, le forze di centrodestra hanno un vero matchpoint tra le mani: o si mettono da parte le schermaglie sulla leadership, soprattutto tra Berlusconi e Salvini (dato che non c’è una legge elettorale che richiede l’indicazione del premier), e si decide di andare uniti in ogni caso (coalizione o listone unico che sia), oppure si fa il gioco di Renzi. Che significa andare incontro ad un disastro. E il Paese non ha certo bisogno di questo.