Ceroni, il Carneade che ha fatto diventare liberale persino Violante

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Ceroni, il Carneade che ha fatto diventare liberale persino Violante

21 Aprile 2011

Dopo Roberto Lassini ecco Remigio Ceroni. La strategia di character assasination del Pensiero Unico Democratico prosegue. Ma ormai la strategia di attacco a Berlusconi è talmente usurata che se un domani qualcuno lo accusasse di essere lui il vero Mostro di Firenze, ciò non scalfirebbe affatto il suo consenso. Ecco allora la nuova tattica. Nella speranza di conquistare nuovi adepti e di evitare il rischio mortale della noia e della ripetizione, gli attacchi devono rivolgersi a dei Carneade che con improvvide dichiarazioni, manifesti o iniziative rendano evidente la intrinseca pericolosità del Cavaliere e rendano esplicite le più segrete sfumature della strategia berlusconiana di sovvertimento della nostra democrazia.

Ecco quindi la proposta di legge costituzionale di Remigio Ceroni che baldanzosamente si propone di riscrivere nientedimeno che l’articolo 1 della nostra Carta  il quale attualmente recita: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione”.

Sia detto per inciso, l’articolo 1 non ci piace affatto e non ci piace non certo per il secondo comma, il quale è il caposaldo di ogni costituzione liberale, ma non ci pace per il primo comma (L’Italia è una Repubblica fondata sula lavoro). La formulazione del primo comma, infatti, oltre ad essere di significato oscuro (mai viste repubbliche fondate sull’ozio o sul riposo) fu il frutto di un faticoso compromesso in Assemblea Costituente con il blocco social-comunista, il quale nella speranza di avviare anche l’italia sulla radiosa strada del Sol dell’Avvenire, proponeva di inserire in apertura della Costituzione la solenne affermazione “L’Italia è una Repubblica dei lavoratori” assai più pregnante e che richiamava le formule delle costituzioni socialista. La Democrazia Cristiana e le altre forze liberali fecero muro e ne scaturì una formula elegante ma priva di qualunque contenuto. Ma se davvero vogliamo mettere mano all’articolo 1 della Costituzione … beh dovremmo partire proprio dal primo comma retaggio di un passato ormai sepolto.

Ma, tornando a Remigio Ceroni, qual è il motivo dello scandalo? Cosa contiene la proposta di così pericoloso da indurre alcuni esimi costituzionalisti a denunciare i rischi striscianti di golpe? Ceroni, sindaco di Rapagnano con un passato democristiano, con una laurea in sociologia e di professione insegnate di meccanica in un istituto tecnico, ha proposto di riscrivere il secondo comma dell’articolo 1 per santificare il principio di “Centralità parlamentare”. In effetti la proposta di Ceroni è da un lato inutile e dall’altro sbagliata. E’ inutile se l’obiettivo era quello di arginare alcuni sconfinamenti che ormai da diversi anni si registrano tra i poteri dello Stato. Sconfinamenti che in particolare segnalano un inedito attivismo di alcuni poteri neutri e di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte costituzionale, CSM, magistratura) in danno delle prerogative del circuito Parlamento Governo, il quale è l’unico fra i poteri a godere di legittimazione e responsabilità democratica. Rinvii presidenziali di leggi approvate dal Parlamento operati sulla base di valutazioni essenzialmente di merito e non di legittimità (es. disegno di legge collegato sul lavoro). Sentenze di illegittimità costituzionale della Corte adottate senza un solido ancoraggio giuridico (es, sentenza sul lodo Alfano), interventi a gamba tesa del CSM sui procedimenti legislativi in corso (es. parere non richiesto sul ddl sul processo breve). Sentenze creative della magistratura (es, sentenza sul caso Englaro) o inchieste di alcune procure chiaramente motivate da intenzioni di lotta politica (e in questo caso è inutile fare esempi perché rischieremmo di fare torto agli esclusi). Ma se questo è il problema è evidente che la riformulazione dell’articolo 1 è del tutto inutile. Per intervenire occorre sobbarcarsi l’onere di studiare bene ciascuna situazione e di proporre con legge ordinaria o costituzionale riforme correttive (ad es. prevedendo che il CSM fornisca pareri al Ministro della Giustizia su iniziative legislative solo se richiesto).

Se invece l’obiettivo della proposta Ceroni era fissare un generale principio di centralità parlamentare cui dovrebbe ispirarsi tutto l’ordinamento, allora la proposta è del tutto sbagliata. Le democrazie liberali più evolute, anche quelle di tipo parlamentare (es. Regno Unito) non sono affatto caratterizzate dalla centralità del Parlamento. Certo il Parlamento è il luogo nel quale, grazie alle elezioni democratiche, risiede la sovranità popolare. Ma il Parlamento è centrale solo nel senso che è nell’ambito del circuito politico-istituzionale l’organo detentore del potere di decisione di ultima istanza. Al contrario nella storia d’Italia per lunghi decenni è stata declinata un’idea della centralità del Parlamento affatto diversa. L’idea che il Parlamento fosse il luogo dove dovevano essere assunte e, quindi, negoziate, fra tutti i partiti tutte le decisioni di governo. La centralità parlamentare per anni altro non è stata se non la formula aulica con la quale la dottrina costituzionalistica di sinistra ha contrabbandato il modello consociativo. Un modello in base al quale, in alcuni periodi, oltre il 70% delle leggi veniva approvato in Commissione, con il concorso del Pci. Un modello nel quale i governi erano debolissimi, duravano una media di 11 mesi ed erano il frutto di estenuanti trattative di partito. Un modello nel quale si teorizzava che il Presidente del Consiglio non poteva essere al contempo anche il segretario della Democrazia Cristiana, perché viceversa avrebbe avuto troppo potere. Ma se tutto ciò è vero, allora di tutto l’Italia ha bisogno fuor che di tornare alla “Centralità del Parlamento”.

Ma l’improvvida e temeraria uscita di Ceroni, oltre a consentire ad alcuni costituzionalisti dalla penna fine una facile esibizione di dottrina, ha avuto anche un merito. Ci ha consentito di vedere autorevoli leader della sinistra che per anni avevano predicato e praticato un modello di centralità parlamentare, scoprire i valori del costituzionalismo liberale, della separazione del potere, della garanzia dei diritti dell’individuo. Da ultimo abbiamo potuto ascoltare Luciano Violante lanciare verso il PdL come grave anatema: “sognano una Costituzione sovietica”. E, da un certo punto di vista, è stata un gran bella soddisfazione!