Certificati verdi, la manovra tiene col fiato sospeso il settore delle rinnovabili

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Certificati verdi, la manovra tiene col fiato sospeso il settore delle rinnovabili

05 Luglio 2010

Nessun passo indietro dalla maggioranza. L’abolizione dell’obbligo di ritiro dei certificati verdi da parte del Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) disposto dall’articolo 45 della manovra finanziaria rimane. Sembra questa la linea tracciata con la presentazione dell’emendamento del relatore, Antonio Azzolini, che la commissione bilancio del Senato voterà tra oggi e domani.

Un duro colpo per il settore delle rinnovabili, che l’anno scorso ha riscosso 630 milioni di euro dalla cessione al GSE dei certificati verdi eccedenti la domanda. Fino ad ora, la crescita del comparto ha potuto contare sulla certezza di poter cedere qualsiasi quantitativo di certificati verdi ai produttori e importatori di energia da fonti tradizionali, tenuti al loro acquisto in proporzione all’energia immessa sul sistema elettrico o, per la parte eccedente la domanda, al GSE. Il futuro offre ora meno certezze.

Per questo, la manovra ha allarmato e mobilitato il settore, che chiede l’immediato ripristino dell’obbligo di ritiro o, in alternativa, un rinvio dell’abolizione a dicembre. Entro la fine dell’anno, infatti, il Governo dovrà metter mano alla normativa di settore ed in quella sede si potranno discutere le soluzioni possibili e trovare un compromesso che soddisfi tutte le parti coinvolte. Gli operatori delle rinnovabili temono che l’effetto della norma abrogatrice non si limiti ai mancati introiti derivanti dalla cessione dei certificati verdi eccedenti, ma intacchi anche il valore dei certificati verdi richiesti dai grandi produttori per adempiere agli obblighi di quota verde.

Il ragionamento fila: è plausibile, infatti, che dinanzi ad una domanda rigida, il lato dell’offerta si avventuri in una corsa al ribasso con la vendita a prezzi infimi dei titoli che altrimenti, di lì a pochi mesi, non varrebbero nulla. I produttori da fonte rinnovabile si troverebbero in mano poco più che carta straccia, anziché i costosi titoli ora loro riconosciuti.

Ma vediamo chi ci guadagna dall’operazione. I costi sostenuti dalla società pubblica per il ritiro dei certificati verdi hanno sinora trovato copertura nella componente A3 della tariffa elettriche che la generalità dei consumatori paga. Con l’abolizione dell’obbligo di ritiro dei certificati verdi da parte del GSE restituirebbero quindi 630 milioni di euro agli utenti. In media equivale a oltre 10 euro all’anno per abitante, abitate che oggi nella più parte dei casi, non sa di contribuire con i propri soldi allo sviluppo delle rinnovabili.

L’emendamento del relatore Azzolini, tuttavia, devia i benefici della norma dai consumatori al mondo della ricerca. La proposta, infatti, interviene per destinare due terzi delle minori spese del GSE alle attività di ricerca, lasciando solo un terzo dei risparmi conseguiti agli utenti del servizio elettrico.

Non è ancora chiaro l’orientamento del Governo, se è vero che Stefania Prestigiacomo si aspettava la presentazione in commissione di una ben diversa proposta e spera ancora che venga ripristinato l’obbligo di ritiro che mette al riparo il comparto delle rinnovabili. A suo avviso, un taglio così deciso agli incentivi al comparto mal si combina con gli obiettivi nazionali e comunitari in materia e crea imbarazzo tra i titolari dei dicasteri dello sviluppo economico, della ricerca e dell’ambiente. Di buon senso le parole del sottosegretario Stefano Saglia: “Usare le risorse che derivano dai CV e dalle fonti rinnovabili per fare altro non mi sembra giusto. Se non vogliamo più darle alle rinnovabili abbassiamo la bolletta ai cittadini”. Senza il consenso dai ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente difficile andare lontani e forzare una proposta. Insomma, per quel che si può intuire, il porto d’attracco non dà ancora segni di sé.

Di sicuro l’abolizione dell’obbligo di ritiro, se confermata, avrà conseguenze drammatiche su chi ha fatto affidamento sui sistemi incentivanti vigenti. L’abolizione dell’obbligo di ritiro metterebbe probabilmente in ginocchio una parte del settore delle rinnovabili che passerebbe da una comoda posizione di rentier alla bancarotta.

D’altra parte, è oggi una priorità raggiungere, magari in modo meno traumatico, un nuovo equilibrio che superi gli effetti distorsivi del meccanismo incentivante sino ad ora operante; ma ciò deve avvenire in primo luogo a vantaggio della trasparenza e del minor aggravio possibile sulle spalle dei consumatori, che oggi pagano troppo, spesso senza nemmeno saperlo.

Focus

D.lgs. 79/99 (decreto Bersani): i produttori di energia da fonti tradizionali sono obbligati a produrre una quota di energia verde o, in alternativa, acquistare da altri produttori certificati verdi (titoli che attestano il ricorso a risorse rinnovabili) per un quantitativo corrispondente. La quota di energia verde obbligatoria è crescente nel tempo.

L. 244/07 (Finanziaria 2008): si impone al GSE, società pubblica che gestisce i meccanismi di incentivazione delle rinnovabili, l’obbligo di ritiro dei certificati verdi invenduti ad un prezzo determinato sulla base delle quotazioni registrate negli anni precedenti. I costi sostenuti per il loro acquisto sono coperti dalla componente A3 della tariffa dell’energia elettrica pagata dai consumatori.

d.l. 78/10 (Manovra finanziaria 2010): viene eliminato l’obbligo di ritiro da parte del Gestore dei Servizi Elettrici.