Che cosa accade se gli arabi vogliono collaborare col Mossad
06 Ottobre 2011
Come noto Israele non ha fatto propriamente salti di gioia per le rivoluzioni che hanno mutato l’assetto di Paesi come la Tunisia e, soprattutto, l’Egitto. Un effetto imprevisto sta però mutando, almeno in parte, le valutazioni degli analisti di Gerusalemme e Tel Aviv: nelle ultime settimane vanno infatti crescendo in modo esponenziale le richieste di collaborazione col Mossad da parte di giovani arabi. Un fenomeno causato dalla maggior facilità di accedere a internet ed ai social network per popolazioni sottoposte con l’Ancien régime a pesanti restrizioni e, in generale, a un ampliamento dello spazio vitale individuale in tutte le sue manifestazioni.
I l ministero degli esteri dello Stato Ebraico, con un’operazione propagandistica non priva di acume, si è premurato di diffondere in forma anonima alcuni messaggi di persone che chiedono asilo ed esprimono il desiderio di arruolarsi nelle varie forze di sicurezza. Se Leon Panetta, lunedì 3 ottobre, parlando delle conseguenze della Primavera araba ha detto di non avere dubbi sul fatto che Israele manterrà la sua superiorità militare, aggiungendo poi quest’affermazione precisa: ”Ma la domanda che dobbiamo porci è se sia sufficiente mantenere un vantaggio militare, mentre ci si sta isolando in ambito diplomatico”, il governo Netanyahu mostra quindi di avere a disposizione qualche interessante arma per rispondere alle preoccupazioni delle cassandre interne e dell’alleato americano.
Frattanto, si moltiplicano, e probabilmente non è un caso, gli arresti di sospette spie israeliane in tutta l’area mediorientale, con picchi in quel Libano dove procedono senza sosta mosse e contromosse iraniane e siriane dentro e fuori i ranghi di Hezbollah. Negli ambienti della Difesa di Israele, a conferma della recente asserzione dell’inquilino del Pentagono sulla potenza bellica consolidata, proseguono ad ogni buon conto i ragionamenti sulle strategia da adottare nei confronti dei vicini di casa più insidiosi. E nessuno cela la soddisfazione per la decisione di Obama di mettere a disposizione, a suon di dollari, una cinquantina di bombe bunker-busting, capaci di colpire obbiettivi in rilevante profondità.