Che cosa ha fatto davvero Obama per meritare di essere rieletto?

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Che cosa ha fatto davvero Obama per meritare di essere rieletto?

09 Settembre 2012

Credo sia opportuno elogiare il grande senso di equilibrio con cui “L’Occidentale” sta seguendo le varie fasi della campagna elettorale negli Stati Uniti. Non lo scriverei se anche se la maggior parte dei giornali, e dei mass media italiani in genere, si comportasse nello stesso modo. Invece non è così. A partire da “Repubblica” – ma molti altri casi si possono citare – si assiste a un tambureggiare continuo di notizie che vorrebbero convincere lettori e spettatori circa le doti eccellenti del Presidente in carica Barack Obama. Un grande Presidente, ci vien detto, nella cui rielezione bisogna sperare per il bene del mondo, degli USA e, non ultima, dell’Italia.

Nel caso di “Repubblica” l’atteggiamento era del tutto prevedibile e risulta quindi scontato. Anche se desta un certo fastidio la pretesa del quotidiano romano, e soprattutto del suo fondatore Eugenio Scalfari, di essere tanto importanti da poter addirittura influenzare l’esito delle elezioni suddette. Manie di grandezza del tutto ingiustificate, ovviamente, visto che “Repubblica” quasi sempre non c’azzecca nel nostro Paese, figuriamoci quindi negli USA.

Tuttavia anche su social network e blog vari non si scherza affatto. Sono pieni di immagini di Obama che sorride fiducioso, di Michelle che ammalia il pubblico con il suo fascino, di Clinton che scambia con il Presidente in scadenza un inchino reciproco (nonostante i ben noti dissapori di un passato che non è poi così lontano). E fioccano le richieste di mettere il “like” accanto a ogni immagine.

Confesso di non capire affatto tutto questo fervore. E premetto pure che non voglio fare un discorso filo-repubblicano e anti-democratico poiché la cosa non m’interessa e non è questo il mio intento. Mi pongo, piuttosto, e pongo agli altri, un quesito cruciale. “Che cosa” ha mai fatto di così straordinario Barack Obama, negli ultimi quattro anni, per indurre tanti italiani a considerarlo una sorta di supereroe dei fumetti, la cui eventuale sconfitta elettorale causerebbe al nostro Paese danni catastrofici?

La mia risposta è semplice: “nulla”. Di lui impressiona in primo luogo la notevolissima capacità oratoria, della quale diede una magistrale dimostrazione in Europa – a Berlino – ai tempi del celebre slogan “Yes we can”. Sembrava a quei tempi il novello John F. Kennedy, venuto ad annunciare che la tradizione del pensiero progressista americano s’era di nuovo messa in marcia, per rinnovare nel mondo l’immagine degli USA come gigante buono in grado di combattere nel nome di nobili ideali tutti i “cattivi” – e sono tanti – che affollano il quadro mondiale.

Affascina poi la bella moglie, capace di essere di volta in volta madre perfetta, propagandista del marito e, da ultimo, figura carismatica che domina la scena della convention democratica con un discorso solo in apparenza modesto, ma in realtà di grande sostanza perché destinato a catturare il consenso di alcune ben precise componenti dell’elettorato.

Che altro? Per quanto mi sforzi, non mi vengono in mente ulteriori elementi di rilievo. La politica estera, che negli USA è molto più importante di quanto sia in Italia considerato il ruolo di unica potenza globale, è interamente nelle mani del Segretario di Stato Hillary Clinton. La quale si è presa una bella rivincita, poiché fu proprio lei l’antagonista democratica di Obama prima delle ultime elezioni. Si comporta in modo pressoché indipendente e, duole dirlo, i risultati sono tutt’altro che eclatanti. Non si ricorda un periodo in cui la politica estera americana sia stata così confusa e contraddittoria. A partire dall’esaltazione delle cosiddette “primavere arabe”, che sembrano sempre più inverni, per finire con lo scollamento manifesto tra Stati Uniti e Israele. Un dato di fatto sul quale insiste giustamente Fiamma Nirenstein nelle sue analisi.

Dell’economia meglio non parlare. Irritano molto le continue esortazioni di Obama all’Europa affinché si comporti in modo virtuoso. Come se gli USA l’avessero fatto. In realtà la crisi ha chiarissime origini americane, e proprio dagli Stati Uniti si è propagata sul piano mondiale con la velocità di un virus micidiale. Gli scandali che hanno scosso Wall Street non trovano paragoni altrove, forse con l’eccezione – sia pure su scala minore – della City londinese.

E allora, ripeto, perché noi italiani dovremmo entusiasmarci così tanto? Vedendo e risentendo Bill Clinton non esito a dire che è stato un Presidente di gran lunga migliore di quello attuale. Il suo problema risiedeva nei comportamenti privati circa i quali – si sa – gli americani sono assai meno tolleranti di noi. Ma in quanto a doti di leadership e abilità politica non c’è confronto.

Pensando a Obama mi viene piuttosto in mente la figura di Jimmy Carter, 39° Presidente USA nel quadriennio 1977-1981. La sua uscita dalla scena fu salutata da tutti con un sospiro di sollievo, nonostante fosse un uomo onesto e animato dalle migliori intenzioni. I vignettisti americani lo ritraevano con le fattezze di una grande chiostra di denti senza nulla intorno.

A me sembra che, se Barack Obama riuscirà a essere rieletto, lo dovrà soltanto ai guai del suo avversario repubblicano. Romney è molto ricco, ma questa in America non è mai stata considerata una colpa (a differenza di quanto avviene in Italia). Si tratta di vedere se i comportamenti fiscali disinvolti che gli vengono attribuiti sono davvero così gravi, e abbiano travalicato i limiti della legge. E’ noto che negli USA è pressoché impossibile scherzare con il fisco, soprattutto quando si intende concorrere a cariche pubbliche. Non a caso Obama – o, meglio, il suo staff – sta puntando tutte le carte proprio su tale elemento, sperando che le accuse risultino alla fine fondate. Un gioco un po’ pericoloso. Se dovesse saltar fuori che il candidato repubblicano non ha violato le leggi fiscali americane al Presidente uscente non resterebbe molto altro da giocare.

Detto questo, può darsi che chi scrive non sia abbastanza intelligente da capire che Barack Obama è un uomo dotato di grandi idee, visione strategica ed effettiva capacità di leadership. In tal caso attendo che qualche “illuminato” – categoria di cui l’Italia abbonda – mi chiarisca in modo efficace e persuasivo le ragioni che dovrebbero condurre ad accogliere con il dovuto entusiasmo la sua eventuale rielezione.