Che succede tra Georgia e Russia dopo la fine dell’era Saakashvili
06 Ottobre 2016
In Georgia sono trascorsi quattro anni dalla fine del mandato presidenziale di Mikheil Saakashvili e dalla sua successiva fuga dal paese. Finiva un’epoca tumultuosa e belligerante, che aveva proiettato il paese sulle prime pagine dei giornali internazionali. Proprio quattro anni fa, a ottobre, il partito politico del tycoon georgiano Bidzina Ivanishvili, “Georgian Dream”, vinceva le elezioni contro ogni pronostico, sconfiggendo il Movimento Nazionale di Saakashvili che aveva guidato indisturbato la Georgia dal 2003 al 2012.
Nel 2012, con la nuova costituzione e con il ruolo del premier potenziato e quello del presidente ridotto ad arbitro, in Georgia entrava quindi in gioco una nuova forza politica, con l’obiettivo di ricostruire la credibilità dello Stato agli occhi dei cittadini delusi e sfiduciati, tenendo nello stesso tempo testa all’aggressività di Mosca e provando a riequilibrare i rapporti con Europa e Stati Uniti. I rapporti con l’Occidente rischiavano infatti un deterioramento
significativo; l’opinione pubblica georgiana, stanca della insicurezza e della corruzione, guardava con sempre più scetticismo alle democrazie occidentali.
Il prossimo 8 ottobre, la Georgia andrà a votare per le elezioni parlamentari, ma lo scenario politico e sociale del Paese nel frattempo è cambiato rispetto a quattro anni fa. Anche se le numerose promesse fatte dal partito “Georgian Dream” devono ancora rispondere alla prova dei fatti, si può dire però che negli ultimi anni l’interesse nazionale georgiano si stato rispettato. Oggi la Georgia non rappresenta più un rischio per la stabilità del Caucaso ed anche il ruolo e i rapporti con la Federazione Russa sembrano modificarsi.
Dopo la fine del governo anti–russo di Saakashvili, Mosca infatti ha dovuto in un certo senso prendere atto delle aspirazioni euro-atlantiche del Paese. Si può dire insomma che attualmente la politica georgiana sia molto più vicina a una visione dettata dal realismo politico, di quanto non fosse nel recente passato. Un Paese indebolito nelle sue relazioni internazionali, non può ottenere veri risultati politici sul fronte interno: da qui il tentativo di riequilibrare le cose. Anche l’opinione pubblica georgiana appare più matura e meno illusa di prima.
La politica estera del governo del premier Giorgi Kvirikashvili, sotto l’occhio vigile di Bizhina Ivanishvili, appare, insomma, costruttiva. La Russia ha allentato la pressione politica e militare sulla Georgia; se è vero che la situazione in Ossezia del Sud e Abkhazia potrebbe generare nuove tensioni, in Georgia c’è stato un significativo lavoro e uno sforzo politico-diplomatico per arrivare a una relativa distensione con il Cremlino. Il recente accordo di Associazione all’UE e la firma di Free Trade Agreement tra l’Ue e Tbilisi sono altri esempi che vanno nella direzione di una maggiore stabilità del Paese in politica interna.
Tornando alle elezioni dell’8 ottobre, secondo le ultime stime indipendenti, il partito di Bidzina Ivanishvili avrebbe la maggioranza totalizzando oltre 30% di preferenze, seguito dall’alleanza Patriottica intorno al 17% (alleanza molto vicina al partito “Georgian Dream”) e infine, all’11%, il Movimento Nazionale di Saakashvili. Che il movimento nazionale sia in crisi lo dimostrano alcune intercettazioni telefoniche diffuse dai servizi di Tbilisi, tra Saakashvili e suoi coordinatori di partito. L’ombra di Saakashvili continua a influenzare la Georgia, ma questo Paese non ha più bisogno di provocazioni politiche e cerca una stabilità che farà bene alla intera regione del Caucaso.