Chi dice “continuiamo con Gentiloni” si dimentica che il Pd non ha più la maggioranza
13 Marzo 2018
La geniale idea di Scalfari di affidare per un anno l’Italia a Gentiloni, ha bisogno di almeno di un paio di divisioni motorizzate dei carabinieri. “A Gentiloni l’incarico di continuare con il governo esistente che diventerebbe di ‘ordinaria amministrazione’ e che ci si riveda tra un anno con nuove elezioni”. Così Eugenio Scalfari scrive sulla Repubblica dell’11 marzo. Per cercare di impasticciare sul governo italiano si cercano riferimenti in Spagna, Belgio, Germania, Olanda. Si tratta di Stati rimasti senza un esecutivo per tanti mesi. Sfugge però al Fondatore del quotidiano di Largo Fochetti (e a chi la pensa come lui) che in tutti questi Paesi, l’ordinaria amministrazione è stata affidata al partito che aveva raggiunto la maggioranza relativa dei rappresentanti (e in Spagna ciò è successo dopo avere sciolto il primo Parlamento che non aveva uno schieramento in grado di esprimere la fiducia al governo). Per consentire a un partito che esce disarticolato dalle elezioni, di gestire l’ordinaria amministrazione servirebbero almeno alcune divisioni motorizzate di carabinieri decise – come diceva qualcuno un tempo- a salvare le sorti della nazione.
E dopo la Caporetto del Pd, il rimedio sarebbe cercare il maestro happydaysta del generale Cadorna-Matteo Renzi. “Pochi giorni dopo la sconfitta più netta della storia del Pd, e a una manciata di ore dalla Direzione che ratificherà lunedì le dimissioni di Renzi, il vicesegretario Maurizio Martina si rivolge all’ex leader dem Walter Veltroni” scrive Francesca Schianchi sulla Stampa del 9 marzo. Interessante questa scelta di Martina (che per conto suo, da come ha selezionato Giorgio Gori per candidato alla presidenza della Lombardia, dimostra di avere una particolare attitudine per il pensiero strategico): il suo obiettivo sarebbe trasformare una disfatta difficile da rimediare in una catastrofe senza più alcuna possibilità di ripresa.
La categoria dell’odio in Fonzie e in Machiavelli. “Quando finirà la campagna di odio tanti riconosceranno i risultati” dice Matteo Renzi ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 12 marzo. Su questa cosa dell’odio c’è un antico segretario fiorentino che ha scritto cose interessanti chiedendosi se “s’elli è meglio essere amato che temuto” e a “chi si vorrebbe essere l’uno e l’altro” “respondesi” che “elli è difficile accozzarli insieme”. Mi pare che queste poche citazioni servano a capire che al di là di tutto un ceto politico che è cresciuto leggendo il Principe sia un po’ meglio di quello che è passato dai boy scout alla Ruota della fortuna, a Fonzie alla cricca toscana a chilometro zero.
Basta con chi grida avanti verso la modernità, torniamo indietro verso il Medio Evo. “Ho disattivato le notizie digitali, mi sono scollegato da Twitter e dagli altri social network e ho sottoscritto l’abbonamento a tre quotidiani cartacei” così Repubblica dell’11 marzo riporta un articolo di Farhad Majoo uscito originariamente sul New York Times. Non ho capito come si possa prendere sul serio questa snobistica presa di posizione di un simpatico giornalista americano che imputa all’informazione digitale l’invasione delle notizie durante tutta la giornata. Naturalmente l’esibizione di uno stato d’animo solidamente reazionario è sempre esteticamente interessante: basta con le auto torniamo alle carrozze; che schifo le lavatrici come erano belle quelle donne che lavavano al fiume; che orrore i condizionatori, quanto fa bene alla pelle il sudore e così via. Però la tesi di Majoo sta in piedi solo se il giornalista non ha mai -prima dell’apparizione di twitter, facebook e così via- ascoltato un tele o un radiogiornale, magari ancora analogico.