Ci mancavano solo i tre genitori

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Ci mancavano solo i tre genitori

29 Settembre 2016

“Il primo bambino nato da tre genitori”, hanno proclamato i grandi giornali italiani raccontando di Abrahim, nato in Messico grazie a una tecnica di fecondazione in vitro che lo ha dotato di un DNA triplo, proveniente cioè da due donne e un uomo.

La somma di sciocchezze, silenzi e falsità che hanno accompagnato la vicenda è impressionante. Di questi tempi è facile sentir dare la colpa ai giornalisti, che spesso qualche responsabilità ce l’hanno. Ma che dire dei cosiddetti scienziati? E’ grave che nessun esperto, nessun ricercatore faccia sentire la sua voce autorevole per correggere approssimazioni  e menzogne, o  almeno per fare qualche domanda.

Noi, che scienziati non siamo, e che non abbiamo a disposizioni testate importanti, ci sentiamo in dovere di dare almeno una informazione ai nostri lettori, e di fare almeno una domanda.

L’informazione: Abrahim non è certo il primo bimbo frutto di questa tecnica, ci sono più di venti bambini nati negli Usa fra il 1998 e il 2002 con il dna di due donne, manipolando gli ovociti. Solo che la FDA (Food and Drug Administration, l’ente che autorizza i farmaci negli Usa) proibì a quel punto la tecnica su tutto il territorio statunitense, perché fra i nati, ma anche nelle analisi sugli aborti spontanei, si erano riscontrate anomalie e malformazioni in quantità superiori alla media (sindrome di Turner, per esempio).

In Italia qualche tempo fa sul Corriere – lo stesso Corriere che proclama che il bimbo nato in Messico è “il primo” – è uscita un’intervista ad una giovane di nome Alana, concepita proprio con questo metodo. L’articolo era rassicurante, eppure dopo il divieto della Fda sono rarissime le notizie sui “figli di tre genitori”, ormai cresciuti. Non è un po’ strano? Se la tecnica si fosse dimostrata efficace, smentendo le preoccupazioni e i divieti dell’ente di vigilanza americano, perché non divulgarne i risultati?

Avremmo dovuto assistere piuttosto a una grande campagna di informazione, in questi anni: cosa di meglio di venti ragazzini sani che diventano testimonial naturali della riuscita dell’esperimento? Perché di esperimento si tratta, spericolato e spregiudicato, visto che gli effetti si verificano direttamente sulla salute del bimbo.

La tecnica consiste in una manipolazione genetica destinata a eliminare una piccola parte del Dna nei gameti femminili, contenuta in corpuscoli detti mitocondri, quando vi sono presenti anomalie responsabili di gravi patologie; il Dna malato si sostituisce con quello sano di una “donatrice”: è una particolare forma di eterologa, quindi, con due madri genetiche parziali. Aggiungendo il Dna maschile, l’embrione finale avrà il patrimonio genetico di tre persone.

Esiste anche una procedura analoga per ottenere lo stesso risultato, con cui si manipolano, invece degli ovociti, direttamente gli embrioni ai primissimi stadi di sviluppo. Ma nessuna delle due tecniche ha dimostrato di funzionare, e i risultati non sono segreti: si possono tranquillamente leggere sulla rivista scientifica Nature. Gli embrioni così prodotti presentano ancora una quantità tale di anomalie che l’autorità inglese, l‘HFEA, non ha ancora concesso l’autorizzazione per tali procedure, nonostante la Gran Bretagna sia l’unico paese al mondo in cui la legge le consenta esplicitamente, grazie a un voto apposito del parlamento.

Nessuna inquietudine, nessuna protesta pubblica dagli addetti ai lavori, nemmeno quando si legge che il dottor Zhang, che lavora alla New York University, ha voluto fare tutto in Messico perché lì “non ci sono regole”, cioè il metodo non è vietato.

La comunità scientifica non si indigna? Nessuna domanda su questo campione di correttezza che va in un paese dove “non ci sono regole” per fare sperimentazioni sulla pelle di un bambino, e lo dice candidamente al mondo? Eppure quando si violano principi di umanità universalmente accettati (per esempio il  divieto del lavoro infantile) e si scopre che un’azienda sfrutta i minori in un paese “dove non ci sono regole”, o quando un’imprenditore non paga le tasse in patria, e porta i soldi in un paradiso fiscale, la condanna morale scatta immediata. In questo caso, invece, silenzio.

La domanda allora la facciamo noi: si può  tacere di fronte a un comportamento simile? Si può accettare che un medico cerchi un paese senza regole e garanzie per far nascere un bambino con un metodo vietato altrove, per poi aspettare che cresca e vedere, come cantava il grande Jannacci, “di nascosto l’effetto che fa”?