Ci sono almeno 10 buoni motivi per continuare ancora a essere cattolici
31 Luglio 2011
di Luca Negri
Qualche anno fa Aldo Nove, scrittore politicamente collocabile a sinistra, pubblicò “Maria”, una bella raccolta di poesie dedicata alla Madonna. Molti suoi colleghi ed estimatori non la presero benissimo; pareva intelligenza col nemico, imbarazzante eco di Radio Maria, l’emittente più sfottuta dell’etere italico. E quando un altro autore assai stimato negli ambienti radical, Tiziano Scarpa, decise di scrivere un articolo in difesa del crocifisso nelle aule scolastiche, se lo vide bocciare da “il manifesto” e fu costretto a trovare ospitalità sulle pagine di “Libero”[Come mi sono reso conto successivamente, l’articolo di Scarpa era tutt’altra cosa, e il manifesto non c’entra. Vedi i commenti]. Insomma, a sinistra pare che gli argomenti a favore del cattolicesimo, anche solo inteso come tradizione culturale, siano solamente robaccia per scrittori e giornalisti vicini al centrodestra, come Antonio Socci, Camillo Langone e Rino Cammilleri.
Ora che due fra i più brillanti romanzieri italiani, certo non sospettabili di leghismo e berlusconismo, Valter Binaghi e Giulio Mozzi hanno scritto in coppia 10 buoni motivi per essere cattolici (Laurana editore), la situazione parrà ancora più grave. Ovvio che “la Repubblica” non abbia recensito il libretto; preferisce dare spazio ad Odifreddi che considera i cristiani dei poveri cretini e a Vito Mancuso che poco umilmente intende addirittura “rifondare la fede”. Certo, Michela Murgia ne ha scritto sull’inserto culturale de “Il Fatto”, ma per l’autrice di “Ave Mary” la parola “apologetica” è spaventevole, una sorta d’insulto, troppo evocatrice del pastore tedesco che siede attualmente sul trono di Pietro.
A scanso di equivoci è bene chiarire che Mozzi e Binaghi non hanno voluto scrivere un saggio di apologia del cattolicesimo, semplicemente rammentare i fondamenti di una religione “oggi in Italia quasi sconosciuta”, chiarire ai male informati che “il cristiano cattolico non è una persona che ha dei problemi con i preservativi, ma una persona che aspetta con viva speranza la fine del mondo”. La cosa è forse ancora meno rassicurante per i loro lettori progressisti in perenne lotta contro le “ingerenze” del Vaticano e le superstizioni medioevali. Se ne facciano una ragione; i veri ribelli sono proprio i cattolici che esprimono “la più radicale diversità sperimentabile”.
Dunque vi sono dieci buoni motivi per essere cattolici, espressi da Mozzi in tono più sapienziale e poetico e più filosoficamente da Binaghi. Ne citeremo solo alcuni, quelli che ci hanno più colpito, lasciando al lettore il gusto della scoperta degli altri.
Prima di tutto “è bello immaginare che questo mondo sia stato creato, e creato da qualcuno che posso immaginare come una persona”. Il creatore non è dunque l’ozioso dio illuminista che se ne frega dei destini umani, né l’energia sconosciuta della vulgata new age. Dio è una persona che “si contrae per fare spazio al mondo”, che non considera le creature come dei sudditi ma bensì come dei figli. Ha così inizio una “storia d’amore fra il creatore e il popolo che egli si è scelto” e come in tutte le storie d’amore i personaggi ne sono cambiati. Il Dio dell’Antico Testamento punisce le iniquità degli uomini con diluvi, pestilenze e carestie; preso atto della scarsa efficacia di queste soluzioni, opta poi per un’inversione radicale: non sarà lui a fare del male agli uomini ma permetterà che gli uomini lo facciano a lui, lo inchiodino alla croce, lo condannino a morte.
Piacerà poco alla retorica buonista e ai teologici ottimisti ma “dobbiamo identificare il nemico”, nemico della storia e dell’uomo. Il Diavolo, l’angelo caduto che si manifesta nell’”odio gratuito” dei lager, nel potere dello spirito che non sopporta la fragilità della carne e la vuole distruggere, nell’“impersonalità dell’agire tecnico”. Poiché l’anticristo è anche un abile sofista, parla di pace universale (come quello profetizzato da Solov’ev e da Robert Hugh Benson) ed “indosserà mutande arcobaleno”.
Ma “il creatore prese tutti in contropiede e si fece creatura di carne”, “voleva cominciare con l’essere ovulo fecondato, poi massarella di cellule totipotenti, poi via via differenziarsi, diventare spina dorsale, cuore, fegato, polmoni, braccia e gambe, testa e cervello”. Fu così che la materia divenne “veicolo di grazia”. Ed ecco spiegato perché anche “la Chiesa è obbligatoriamente materiale”, un’istituzione storica da non pretendere assolutamente pura per non peccare di superbia: è fatta da uomini, fallaci come tutti gli altri.
Ce n’è anche per le femministe: il creatore ha scelto di passare attraverso una ragazzina di nome Maria ed ha così elevato “la condizione femminile a una dignità che il mondo non aveva mai conosciuto”. Chi può negarlo?
Forse i motivi elencati sarebbero sottoscrivibili anche da un protestante, o almeno così sostiene la Murgia. Ebbene, soprattutto Binaghi non la pensa come Lutero: “nessun uomo è così puro di cuore da poter interrogare la Rivelazione”. Il Papa serve, la gerarchia è necessaria, il magistero ecclesiale rimane prezioso, nonostante gli attacchi subiti dall’“ideologia democratica, che è qualcosa di diverso dalla democrazia”.