Ci vorrebbe uno come Zavattini per raccontare la farsa dell’Archivio Vasari
23 Gennaio 2011
di Carlo Zasio
La soluzione al caso dell’archivio Vasari alla fine arriva dalla Germania: un’approfondita inchiesta della Frankfurter Allgemeine Zeitung dello scorso 11 gennaio getta nuova luce su una vicenda assai ingarbugliata, partita nel settembre del 2009 con la morte di Giovanni Festari, proprietario delle carte, e la sua firma in limine in calce a un contratto di vendita alla società moscovita Ross engeneering per 150 milioni di euro del patrimonio artistico che la sua famiglia ereditò dal nobile casato dei Rasponi-Spinelli.
Forte fu il movimento d’opinione per indurre il Ministero dei beni culturali a esercitare il diritto di prelazione, acquisendo per quella cifra un bene il cui valore però era stato stimato non superiore ai 2,6 milioni di euro, anche in forza del vincolo pertinenziale che ne impedisce la conservazione al di fuori della loro attuale collocazione in Casa Vasari ad Arezzo. Le indagini del comando tutela patrimonio culturale dei carabinieri, il sequestro delle carte, la loro messa all’asta da parte di Equitalia per un debito pregresso con il fisco dei Festari, la sospensione dell’asta, il loro successivo dissequestro con l’obbligo di riformulare il contratto di vendita hanno scandito per oltre un anno le cronache della vicenda, che ora sembra avere raggiunto il suo termine.
Il presunto acquirente, Vassiliy Stepanov, 44 anni, ex ufficiale delle forze di sicurezza russe ora nel consiglio di amministrazione della Ross, ha manifestato al quotidiano tedesco le proprie perplessità rispetto all’affare, dichiarando di non aver mai percepito “un fermo proposito” da parte della famiglia Festari “di effettuare la transazione”. Piuttosto sembravano più interessati “a costringere il Governo ad acquistare l’archivio per una somma spropositamente alta”. Nonostante egli abbia agito in buona fede, “spiacevolmente alcuni dei miei partner in questo affare non hanno giocato pulito” – dice Stepanov alla FAZ. “Chi mi ha proposto l’affare mi aveva assicurato che era legittimo e legale”.
Parole tombali su un acquisto che aveva gettato nel panico il panorama culturale italiano e internazionale. Anche perché, come dice ancora Stepanov alla FAZ, egli non ha alcun esemplare del contratto nei propri uffici moscoviti e dichiara di non aver alcun contatto con i Festari da oltre sei mesi, nonostante essi sostengano di averlo sentito lo scorso 25 dicembre, circostanza che egli smentisce seccamente alla FAZ dicendo di essersi “ritirato” dalla compravendita.
Ora la famiglia intende richiedere una smentita a Stepanov, e – come riporta un loro comunicato – “nel caso in cui tali dichiarazioni non venissero smentite, non aspetterebbero un minuto di più a segnalare la questione alla magistratura al fine di tutelare la propria posizione sull’intera vicenda”. Mentre il legale della famiglia, vista la ritirata del russo, annuncia l’interesse di un acquirente americano, il tutto assume il tono della farsa, quasi l’involontaria sceneggiatura di un film di Totò. Aspettiamo un novello Zavattini per ridere della storia sul grande schermo.