Cina: nessuna libertà per la Chiesa cattolica

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Cina: nessuna libertà per la Chiesa cattolica

03 Dicembre 2007

Il 3 dicembre Canton potrebbe tornare ad avere un
Vescovo. Sempre che l’Associazione Patriottica – la Chiesa cinese controllata
dallo Stato – non rimandi nuovamente la cerimonia di ordinazione. In una
diocesi a 260 chilometri a nord di Pechino, intanto, un parroco è stato
condannato senza appello a tre anni di detenzione per aver festeggiato con i
suoi fedeli l’inaugurazione di una chiesa. Nel Paese che aspetta laborioso le
Olimpiadi la strada verso la libertà religiosa non è nemmeno cominciata. 

Mons. Giuseppe Gan Junqiu attende da quasi un anno di essere
ordinato Vescovo di  Guangzhou (Canton).
Nonostante il presule, infatti, abbia sorprendentemente ricevuto l’approvazione
“bipartisan” di Pechino e della Santa Sede, il Consiglio dei Vescovi,
controllato dall’AP, tarda a fornire il suo consenso formale. Questo potrebbe
dipendere dalla volontà del Consiglio di convocare per la cerimonia vescovi
nominati senza l’accordo con il Vaticano. Intanto Mons. Gan ha dichiarato in
un’intervista rilasciata al quotidiano inglese di Hong Kong South China Morning Post – che ha
annunciato la data dell’ordinazione – di dover ancora discutere dell’argomento «con
altre importanti organizzazioni». I media italiani annunciarono con giubilo la
concordanza di Chiesa cinese e Chiesa di Roma sul nome di mons. Gan, a cui la
Santa Sede ha ribadito la sua approvazione lo scorso settembre. Tirato un
sospiro di sollievo per i segnali di una riapertura, che appare sempre più vicina,
delle relazioni diplomatiche tra Repubblica Popolare e Vaticano, l’attenzione è
tornata sulle Olimpiadi.

In vista dei Giochi olimpici la Cina si rifa il look.
Costruiti nuovi stadi – rigorosamente nel centro delle città per poter essere meglio
controllati – e nuovi hotel in avveniristici grattacieli. Le pagine dei
giornali nostrani si riempiono delle immagini dei cinesi che, una volta a
settimana, “imparano a fare la coda”. Ma nelle prime settimane di novembre,
seppur per troppo poco, a rimbalzare sui media mondiali è la notizia che la Bibbia
è stata inserita nell’elenco di oggetti pericolosi vietati nel Villaggio
Olimpico. Esattamente come le telecamere. Le motivazioni riguardano ragioni di
sicurezza. Vista l’ondata di reazioni provenienti da Occidente, dopo pochi giorni
il Bocog – il comitato organizzatore dei Giochi – corregge la lista e precisa: ad
essere vietato è il materiale promozionale usato per attività religiose o
politiche. Vietati quindi i simboli religiosi, se non per stretto uso
personale. Agli atleti è concessa una sola Bibbia a testa, ma il governo si è
raccomandato che i Testi Sacri vengano messi a disposizione, negli Hotel, di
tutti i turisti. Dei soli stranieri, quindi.

All’inizio dell’autunno il governo cinese ha garantito che verranno
rispettate le libertà religiose ai Giochi, esattamente come accade in ogni sede
olimpica. I sacerdoti si preparano a celebrare Messe in lingua straniera ed è
stata promessa la costruzione di una nuova chiesa, pronta all’apertura delle
Olimpiadi. Ma già dai primi mesi estivi erano aumentati i controlli sulle
riunioni religiose convocate in abitazioni private, sulle letture comunitarie della
Bibbia e sui battesimi. Le associazioni che supportano le Chiese perseguitate
denunciano che la polizia ha avvisato i proprietari di immobili  che devono rifiutarsi di affittare le loro
case a persone impegnate in attività religiose illegali. Attività che
comprendono anche le feste parrocchiali non legate all’AP, come quella convocata
da padre Wang Zhou per la consacrazione della nuova chiesa a Guyan. Il Governo
ha giustificato la moltitudine di arresti come una campagna contro il crimine,
il cui scopo è «colpire duro contro le attività religiose illegali e quelle
legate al culto del male, eliminare elementi che minino la stabilità del
governo delle città». Nella Repubblica Popolare sono oltre 100 mila i cristiani
cinesi che praticano la loro fede al di fuori della Chiesa approvata dallo
Stato. A partire dall’8 agosto, alle 8 di sera ora di Pechino, i partecipanti
alla campagna “One Minute/One Year/One Country” pregano ogni giorno. E
continueranno a farlo fino all’8 agosto 2008, data dell’inizio delle Olimpiadi,
per chiedere la liberazione dei leader cristiani imprigionati e la libertà
religiosa in Cina.