Codevilla ci offre una conoscenza non epidermica della Russia di ieri e oggi
17 Giugno 2012
L’Autore, ben noto ai cultori della materia, esamina l’evoluzione dei rapporti tra potere civile e religioso in Russia e fornisce un quadro suggestivo anche di tutta la storia religiosa di quel Paese, tema purtroppo piuttosto trascurato dagli studiosi, se è vero che l’ultimo importante lavoro in proposito è quello del gesuita A.M. Amman apparso nel lontano 1948. L’opera si divide in quattro parti.
Nella prima si analizzano i rapporti tra Stato e Chiesa dal battesimo della Rus’ al XVII secolo e si illustrano alcuni temi fondamentali, come quello del ruolo del monachesimo nella diffusione della cultura cristiana e nella difesa dei suoi valori durante il periodo della dominazione tatarica, o quello della nascita nel XV secolo, ad opera di Ivan III il Grande, dello Stato unitario destinato a cogliere l’eredità di Costantinopoli. Dopo la rivendicazione unilaterale dell’autonomia della Chiesa della Rus’ da quella greca (1448) matura e si sviluppa l’idea di Mosca Terza Roma, che trasforma il popolo russo nel popolo eletto da Dio, Mosca nella città scelta da Dio, e il suo sovrano nel pastore che Dio ha posto a capo della Sua Chiesa, dando così avvio a quella piena identificazione tra Chiesa e Nazione che si rafforzerà nei secoli successivi.
Con il crescere della potenza della Moscovia e con il crollo dell’impero bizantino Mosca avanza la pretesa di porsi come baluardo dell’Ortodossia: si pongono così le basi per la costituzione del Patriarcato di Mosca. In questa parte del volume si affronta anche diffusamente il complesso problema dell’Unione di Brest e della nascita della Chiesa cattolica di rito orientale o uniate. Si tratta di un tema delicatissimo analizzato con pacatezza e non, come troppo spesso è avvenuto, in modo approssimativo e unilaterale, sovrastimando i fattori politici e sottovalutando quelli strettamente religiosi e sociali. Assai interessanti sono anche le pagine, quanto mai attuali, dedicate al grande metropolita ortodosso di Kiev Petro Mohyla ed alla sua proposta di Unione con Roma, respinta da quest’ultima. Parimenti suggestiva è la spiegazione delle origini del grande scisma dei Vecchi credenti, che l’Autore chiama Chiesa nazionale, in contrapposizione a quella di Stato che con Pietro il Grande muterà, oltre al suo ruolo, anche la propria denominazione, venendo chiamata Ente della professione ortodossa.
La seconda parte del volume analizza il periodo sinodale che prende avvio con l’abolizione del Patriarcato, decretata da Pietro nel 1721 e cessa nel 1917: al patriarca si sostituisce il Santo Sinodo Governante, retto da un Ober-Prokuror definito da Pietro «occhio dello zar e curatore degli affari dello Stato».
Nel tratteggiare la figura di Pietro, che risulta quanto mai lontana dall’immagine stereotipa generalmente proposte dalla storiografia occidentale, l’Autore mette in luce come con lui viene accantonata l’idea della sinfonia tra sacerdotium ed imperium e superata la concezione cristiana della vita e dello Stato, il cui fine supremo non è più quello del Regno dei cieli, ma il mero benessere terreno. Da allora la cultura russa si dibatte tra l’impulso ad imitare i modelli europei (occidentalisti) e il culto delle peculiarità del mondo russo ortodosso (slavofili).
Di particolare interesse è il paziente esame svolto dal Codevilla sulla legislazione imperiale in materia di culti, tema quanto mai complesso, analizzato direttamente sulle fonti normative imperiali, che sino ad ora erano rimaste pressoché del tutto inesplorate dagli studiosi occidentali.
La terza parte del libro è dedicata al periodo bolscevico, tema che l’Autore ha studiato per una vita e padroneggia con assoluta sicurezza. Gli avvenimenti che si sono susseguiti a partire dal colpo di Stato dell’Ottobre 1917 sono ricostruiti con precisione e documentati su fonti originali, senza concessioni alla passione ideologica.
Vengono così esaminati il periodo del Patriarca Tichon e l’opera svolta dalla polizia politica per distruggere la Chiesa dall’interno (movimento degli innovatori), i grandi processi contro il clero, la lotta contro il mondo contadino e la Chiesa, e i difficili anni successivi, in particolare quelli del metropolita (e poi patriarca) Sergij cha ha dato avvio ad un modus vivendi con lo Stato, che, come ben documentato, si sarebbe trasformato in un modus moriendi se non fosse intervenuta la guerra e la necessità di Stalin di ottenere l’aiuto della Chiesa e dei fedeli, ai quali venne concesso uno spazio di libertà come ricompensa del loro contributo a respingere l’attacco nazista.
L’analisi non si limita alle fonti scritte, ma si estende alle disposizioni non pubblicate, emanate dalle istanze partitiche, sino ad ora ignote al lettore occidentale, come l’ordinanza segreta del Politburo del Comitato Centrale del Partito comunista del 30 luglio 1937, sottoscritta da Stalin, che dispone l’eliminazione fisica “entro quattro mesi” degli «ex kulaki, dei criminali e degli altri elementi antisovietici» tra i quali figurano «gli attivisti delle sette e i clericali» (p. 401): questo ukaz porterà alla fucilazione di gran parte dell’episcopato della Chiesa Ortodossa Russa nei mesi dell’inverno del 1937-1938.
Molto accurato è l’ampio capitolo dedicato alla soppressione della Chiesa greco cattolica in Ucraina, Belorussia, Romania, Transcarpazia e Slovacchia e negli altri Paesi del blocco sovietico nell’immediato periodo postbellico (pp. 434-508), che porta a tragico compimento la politica anticattolica inaugurata da Caterina II (p. 147 e ss.) e proseguita nell’Ottocento da Nicola I e Alessandro II. (p. 177 e ss).
L’ultima parte del lavoro esamina i temi più attuali, come quello delle relazioni interreligiose e soprattutto quello dei rapporti dell’Ortodossia con il Cattolicesimo, spiegando con chiarezza i problemi che nascono dal mancato rispetto del territorio canonico della Chiesa Ortodossa Russa, a causa dell’azione proselitistica che secondo Mosca sarebbe svolta dalla Chiesa cattolica e da altre confessioni non tradizionali. Questa supposta aggressività di Roma non trova peraltro conforto nei dati statistici riportati nel volume che testimoniano che il numero delle comunità cattoliche registrate è stabile e comunque di molto inferiore a quello registrato nell’Impero zarista.
Il volume, aggiornato agli avvenimenti più recenti, esamina con cura la vigente normativa sulla libertà religiosa e illustra il nuovo quadro delle relazioni tra Stato e Chiesa sotto Putin e Medvedev: alla Chiesa ortodossa viene sempre più riconosciuta una posizione di favore e di privilegio, che finisce con il dar vita, a dispetto delle disposizioni contenute nella Costituzione Russa del 1993, ad un sistema confessionista e giurisdizionalista. Si ripropone infatti l’antica identificazione tra Chiesa e Nazione e si riafferma il principio bizantino della sinfonia tra Imperium e Sacerdotium, apertamente sostenuto e ribadito da Putin e dal patriarca Kirill. L’immagine della recente unzione dello zar Putin che bacia l’icona mentre riceve la benedizione del patriarca esprima assai bene questo legame di unione tra lo Stato e la Chiesa.
Non vi è dubbio che questo pregevole studio, condotto con un taglio di tipo storico-giuridico e basato su un imponente apparato critico, sia necessario non solo agli studiosi del mondo russo e sovietico e della storia delle relazioni tra Stato e Chiesa, ma consigliabile anche a tutti coloro che vogliono avere una conoscenza non epidermica del mondo russo di ieri e di oggi.
Giovanni Codevilla, Chiesa e Impero in Russia. Dalla Rus’ di Kiev alla Federazione Russa, prefazione di Sante Graciotti, Jaca Book, Milano 2011, pp. XXXV + 683, € 29