Coi tagli alla spesa il Mibac si ‘riprende’ Arcus e Csc
09 Luglio 2012
di Carlo Zasio
La spending review investe anche il Ministero per i beni e le attività culturali, già ridotto quest’anno a un bilancio di poco più di 1 miliardo e 370 milioni di euro (erano poco più di 2 miliardi alla fine del Berlusconi bis nel 2006, quando i dipendenti del Mibac erano 24 mila contro gli attuali 18 mila).
Il Collegio Romano subirà un’ulteriore riduzione di 47,8 milioni di euro nel bilancio 2013 e di 51,4 in quello del 2014, mentre il taglio per le spese di acquisti e servizi sarà di 2,8 milioni nel 2013 e di 10 milioni nel 2014. Ma il decreto per la revisione della spesa pubblica a servizi invariati, prevede anche altre due misure, una delle quali chiaramente esplicitata e l’altra un po’ meno.
La prima è la soppressione di Arcus, società partecipata insieme al Ministero dell’Economia e gestita in condivisione con quello delle Infrastrutture e voluta nel 2004 dall’allora ministro Urbani per destinare a progetti di valorizzazione e tutela del patrimonio culturale il 3 per cento delle risorse provenienti dal piano delle Grandi Opere.
Una intelligente compensazione all’impatto che le nuove infrastrutture avrebbero avuto sui territori sui quali avrebbero dovuto insistere, ma che non ha mai veramente funzionato. Arcus è rimasta a lungo senza un suo regolamento, la selezione dei progetti passava sì al vaglio di una rigorosa procedura, ma poi diveniva definitiva con un decreto interministeriale Mibac-Infrastrutture dove spesso la politica prevaleva con scelte opinabili, la gestione è stata travagliata da un lungo commissariamento e, infine, la cronaca degli ultimi anni ne ha intaccato l’immagine con alcuni episodi invero privi di conseguenze giudiziarie ma di grande risalto sulle pagine di attualità, in particolare il restauro del palazzo di Propaganda Fide in Roma. Ora le sue funzioni verranno svolte dal Mibac, a cui andranno anche le risorse previste: circa 30 milioni di euro.
L’altra misura è la trasformazione del Centro Sperimentale di Cinematografia in Istituto Centrale del Ministero, con la conseguente chiusura – fatto non rilevato dagli addetti ai lavori – di tutte le sedi distaccate proliferate negli ultimi otto anni con la gestione Alberoni. Il corso di documentario storico artistico di Palermo è praticamente fermo, mentre la Regione Lombardia si sta progressivamente disimpegnando dal corso di cinematografia d’impresa di Milano. La Fondazione, che comprende anche la Cineteca Nazionale, è ormai interamente sostenuta dal Mibac che stanzia ogni anno 11,8 milioni di euro, dei quali ben 10 se ne vanno in costi fissi, spese del personale, fitti e consulenze non sempre indispensabili. Ora diverrà un istituto autonomo che investirà esclusivamente sulla storica scuola di Roma, mentre la Cineteca Nazionale verrà gestita da Cinecittà Luce. Per la direzione, scaduto ampiamente il mandato di Alberoni, si sta pensando a una figura proveniente dal mondo del cinema, appassionata e desiderosa di allevare le nuove leve della nostra cinematografia restituendo lustro a un’istituzione prestigiosa come il CSC, ultimamente appannata da una gestione a cavallo tra il familiare e il familistico.