Cominciamo col dire che il nucleare fa bene all’ambiente e riduce le emissioni

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Cominciamo col dire che il nucleare fa bene all’ambiente e riduce le emissioni

27 Settembre 2010

“Una sorta di gioco dell’oca, in cui arrivati ad una casella si scopre che bisogna tornare indietro”. Così il direttore generale per lo Sviluppo sostenibile, l’energia e il clima del Ministero dell’ambiente, Corrado Clini, ha descritto l’architettura normativo-istituzionale che inquadra il rilancio del nucleare in Italia. Il convegno a Palazzo Marini dedicato al tema “Produzione di energia elettrica da centrali nucleari: gli aspetti ambientali e l’esperienza francese” e promosso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente è stata un’occasione utile ad approfondire la questione nucleare come questione ineludibile per affrontare con realismo il tema della riduzione delle emissioni di CO2, ma anche per stilare un’analisi lucida della normativa approvata lo scorso febbraio per consentire l’avvio di nuovi progetti nel settore nucleare.

La validità dell’opzione nucleare per una politica ambientale che guardi con concretezza e pragmatismo agli obiettivi di abbattimento delle emissioni è stata posta ben in chiaro. Roberto Menia ha ricordato che “se la Francia, la Gran Bretagna, la Germania, la Spagna, la Svezia, non avessero il nucleare le emissioni di CO2 nel settore energetico sarebbero superiori del 35% circa rispetto ai livelli attuali”. Lo stesso sottosegretario all’ambiente ha ricordato che “le emissioni prodotte dall’intero ciclo nucleare, decommissioning e gestione delle scorie comprese, sono un decimo di quelle generate da una normale centrale elettrica a carbone”. Una tecnologia su cui puntare per il futuro. Non a caso la green economy di Obama comprende la prospettiva di un forte ulteriore sviluppo del settore nucleare.

Se in Europa le istituzioni comunitarie si mostrano timide nell’affermare l’importanza ai fini ambientali del nucleare, va poi tenuto presente che Francia e Germania vi fanno affidamento per i decenni a venire. Infine, nel corso del convegno, è stato ricordato come l’Italia sia l’unico paese del G8 a non essere dotato della tecnologia dell’atomo. Proprio i benefici in termini ambientali conseguibili in un paese come il nostro, dove oltre ¾  dell’energia è generata da centrali termoelettriche, e gli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni spingono ad una riflessione sulla complessità delle norme emanate in materia e sulle relative difficoltà attuative.

L’analisi di Corrado Clini è chiara e precisa. La legge energia del 2009 e il decreto nucleare del 2010 prevedono l’adozione di 34 provvedimenti; ogni provvedimento deve rimpallare tra più autorità per avere l’ok definitivo. Cinque ministeri, le regioni, la conferenza stato-regioni e la conferenza unificata sono coinvolte in una fitta rete di passaggi che spostano più in là nel tempo il traguardo ultimo, ossia il rilascio del titolo autorizzativo per la realizzazione del primo impianto nucleare.

Già i primi commenti al decreto legislativo 31/10 avevano rilevato le difficoltà attuative e la farraginosità delle procedure previste. Le perplessità allora manifestate hanno trovato poi conferma nei ritardi nell’adozione della strategia nucleare e dei numerosi provvedimenti contemplati dalla legge. Per Jacopo Gilberto e Federico Rendina il successo del progetto italiano di ritorno al nucleare dipenderà molto dalla variabile tempo e il vero nemico è l’incertezza.

L’obiettivo di posare la prima pietra, o quanto meno di veder rilasciata la prima autorizzazione, entro la fine della legislatura, nel 2013, sembra ormai sfumata, dati i quattro anni di tempo previsti per la predisposizione di tutti i provvedimenti richiamati dalle norme di legge. Perché allora non rimetter mano al meccanismo infernale che vede le medesime autorità esprimersi più volte sulle stesse scelte, come accade ad esempio per la strategia nucleare e i parametri per l’individuazione dei siti idonei?

Al momento della stesura del decreto, la preoccupazione prevalente negli ambienti governativi era quella di non calpestare le competenze delle regioni e delle istituzioni preposte alla tutela dell’ambiente. L’architettura normativa ha superato l’esame della corte costituzionale, ma dalla convinzione che con macchinosi espedienti burocratici si possa rendere omaggio alle prerogative vantate dai diversi centri di potere è nata una politica nucleare destinata all’impasse.